Di Radamel Falcao ricordo un gol su tutti: indossava la maglia dell’Atletico Madrid e con un tiro a giro col mancino da dentro l’area di rigore realizzava 19′ il raddoppio sul Chelsea nella finale di Supercoppa Europea del 2012, una partita poi stravinta per 1-4 dai Colchoneros. Fu una prestazione straripante da parte del Tigre quella, una delle sue prime manifestazioni di superiorità davanti al grande pubblico. Tre gol realizzati in una frazione di gara, tutti diversi, tutti col piede sinistro, non il suo preferito.
Essere Falcao
Purosangue colombiano, Millonario e Dragão per i suoi trascorsi in Argentina e Portogallo, essere Falcao non è mai stato scontato. Segnare con quella facilità gol impossibili, imporsi in maniera gravosa sulle difese avversarie fino a schiacciarle, questo era il compito di Falcao al River Plate, al Porto e a Madrid. Lo è stato anche al Monaco, al Manchester United e proprio al Chelsea, anche quando gli infortuni hanno iniziato a diventare un nemico più difficile da sopraffare rispetto a qualunque difensore. E oggi, Falcao è ancora una sentenza: da Istanbul a Madrid, parte seconda. È il 4 settembre 2021 ed El Tigre sta firmando con la terza squadra di Madrid a 35 anni suonati. Sta per intraprendere un’altra missione, portare in salvo l’imbarcazione franjiroja, dopo aver conquistato la Turchia, esserci arrivato da mostro sacro – abbiamo ancora negli occhi le celebrazioni dei tifosi del Galatasaray al suo arrivo in aeroporto nel 2019 – averla lasciata quasi di nascosto.
C’è una caratteristica che tutte le tigri hanno, e riguarda il manto striato. Le accomuna tutte, eppure nessuno è uguale. Ogni pattern è differente, come per le persone, tutte uguali, tutte diverse. C’è un punto specifico della striatura delle tigri che ha un significato emblematico: la fronte del felino, infatti, è marchiata da un motivo che ricorda molto un carattere cinese dal significato di “re”. E la tigre, nella cultura cinese, è infatti simbolo di coraggio e determinazione. Sono le stesse caratteristiche che contraddistinguono un bomber di razza giunto ormai al tramonto della sua carriera, che al posto di ritirarsi, in senso letterale e figurato, in Cina, Arabia Saudita o Stati Uniti, dove per lui erano pronte miniere d’oro, decide di ritornare in uno dei principali campionati europei per continuare a mettere alla prova sé stesso.
Un punto di riferimento
La decisione di firmare per il Rayo Vallecano è stata influenzata innegabilmente da altri fattori: la moglie di Falcao non appena ha saputo di un potenziale ritorno a Madrid si è subito mobilitata per renderlo possibile. Lo stesso ha fatto Mario Suarez, al Vallecano da gennaio scorso. Con Falcao, l’ex centrocampista della Fiorentina ha condiviso lo spogliatoio ai tempi dell’Atletico, e con lui è stato tra i pretoriani più fidati del primo Atleti del Cholo Simeone: indubbiamente, il legame tra i due è fortissimo. Così Suarez ha agito da intermediario e ha proposto alla sua stessa dirigenza l’acquisto di Falcao, che in pochi giorni è diventato il nuovo attaccante del neopromosso club spagnolo. Da parte sua, il classe 1986 originario di Santa Marta cercava una realtà allenante per tenersi sulla corda in attesa di Qatar 2022, per questo di fronte a un’opportunità simile non ha esitato un attimo ad accettare. In questo momento, Falcao ha già realizzato 5 gol in 8 presenze nella Liga, come se nulla fosse cambiato dall’ultima volta in cui segnò nel campionato spagnolo, nel 2013.
In molti hanno subito paragonato questa mossa di mercato a quella che portò la leggenda Hugo Sanchez a Vallecas nel 1993. Il parallelismo è coerente: entrambi in carriera hanno segnato tanto, entrambi hanno vestito la casacca dell’Atletico Madrid. Tutti e due, per il proprio popolo, sono stati dei totem. Hugo Sanchez per il Messico è stato un’apparizione divina: una figura talmente importante da allenare anche la nazionale tra il 2006 e il 2008. Allo stesso modo, Radamel Falcao per la Colombia ha rappresentato la pietra angolare su cui ristrutturare la nazionale e da cui ripartire dopo Valderrama e Asprilla, che per qualche anno avevano lasciato i Cafeteros orfani di uno o più giocatori su cui contare a occhi chiusi. Con Falcao, poi, sono arrivati tutti gli altri: Cuadrado, Muriel, James Rodriguez, Duvan Zapata, Ospina e non solo.
Gli anni passano, il fisico invecchia, ma lo spirito di Falcao è lo stesso del primo giorno. E chi se lo scorda il primo giorno: era il 28 agosto 1999, si giocava a Tunja una partita di seconda divisione colombiana, Lanceros-Deportivo Pereira. È il match di debutto di Radamel Falcao Garcia Zarate, che è ancora un ragazzino, anzi, il più giovane ragazzino di tutti: ha 13 anni e 112 giorni, ed è ovviamente un debutto da record, il suo. Che numero vestiva quel giorno? Chiaramente il 9. Sono passati oltre 8000 giorni da allora, e con loro, 535 presenze e 273 goal sono stati realizzati da Falcao, praticamente sempre con la 9 sulla schiena. Ma non quest’anno, perché Falcao, per difendere i colori del Rayo, ha scelto il numero 3. Una follia tipicamente sudamericana? Nient’affatto. È un omaggio al padre, scomparso nel 2019. Radamel Garcia King fu il primo ad avvicinare Falcao al calcio, e lo fece con la premura di un padre, con l’attenzione di un calciatore. Lui era infatti un difensore, e indossava proprio il numero 3, lo stesso che ora viene onorato dal figlio, che, come ogni padre (ed ex giocatore) desidera, è riuscito a diventare tutto quello che il genitore non era riuscito a essere: un fuoriclasse affermato e celebrato in tutto il mondo.
L’uomo e il calciatore
Questo tributo di Falcao ci fa riflettere sui valori umani del bomber colombiano. Spesso, quando si discute di un calciatore così importante non si trova il tempo di parlare della persona, poiché ci si smarrisce fra la miriade di statistiche che lo riguardano. Pochi infatti sanno che Falcao è estremamente credente. È un cattolico praticante al punto che, ai tempi del River Plate, i suoi compagni avevano “paura” che lui li trascinasse a messa ogni domenica mattina. Per Falcao la messa non è mai stata un peso, anzi: era un momento di riconciliazione con Dio, per esprimere tutta la sua gratitudine e ringraziare per essere chi era, chi è. Molti hanno confermato che Falcao legge spesso la Bibbia, e sua moglie ha rivelato di essersi innamorata di lui per la sua incrollabile fede in Dio. In aggiunta a tutto questo, meritano una menzione le attività di filantropia compiute dall’attaccante, che numerose volte ha effettuato donazioni a organizzazioni di carità e dato sostegno a diverse persone, come quando nel 2015 ha aiutato un giovane ragazzo colombiano di 17 anni a trovare un donatore per un trapianto di cuore.
Nobile dentro e fuori dal campo, la carriera di Radamel Falcao probabilmente si chiuderà tra poche stagioni, forse dopo il Mondiale in Qatar, che resta il suo più grande obiettivo per l’immediato futuro, dopo non aver giocato l’ultima Copa America, in cui la Colombia è arrivata terza. Di lui resterà un ricordo nitido, perché è stato un attaccante tra i migliori al mondo nonostante la cattiva sorte spesso abbia cercato di intralciarlo. E sarà inevitabile, dopo il suo ritiro, realizzare che pure El Tigre è simbolo di coraggio e determinazione.