Giacomo Raspadori ha tutto per essere definito un bravo ragazzo. Il look sobrio, il taglio di capelli militaresco, le dichiarazioni stereotipate in cui parla solo di lavorare per migliorare, gli addetti ai lavori che lo chiamano Giacomino, i mister che ne esaltano la professionalità e l’umiltà. De Zerbi in questa purezza fanciullesca ci aveva visto addirittura un limite: “Gli ho detto che deve venire con me a rubare qualche portafogli” aveva dichiarato a mezzo stampa, sottolineando con una metafora singolare quanto fosse necessario per la sua crescita incattivirsi in campo. Raspadori ha a sua volta confermato di aver colto subito l’antifona, annoverando anche questo tra i tanti insegnamenti ricevuti e appresi dal mister che lo ha fatto esordire tra i professionisti.
L’esordio in Serie A con la maglia del Sassuolo arriva durante l’ultima giornata della Serie A 18/19. Tra i più addentrati nel calcio giovanile il nome di Raspadori è da tempo chiacchierato. Gioca da prima punta, è basso e esile, ma ha un grande fiuto del gol con cui, almeno a livello giovanile, compensa la mancanza di chili e centimetri. A vederlo durante le prime apparizioni sembra troppo leggero per poter ambire ad un posto in pianta stabile nella rosa del Sassuolo, ma già dalla stagione successiva ai progressi tecnico-tattici affianca un naturale sviluppo muscolare che ne faciliterà l’imposizione ad alti livelli.
Con De Zerbi Raspadori occuperà sin da subito lo slot di vice Caputo, canalizzando i suoi progressi sul modello dell’attaccante pugliese. In una recente intervista l’amministratore delegato del Sassuolo Giovanni Carnevali ha dichiarato che due anni fa dovevano decidere chi tenere come secondo attaccante in rosa tra lui e Scamacca, e per caratteristiche scelsero il prodotto della Primavera. Con il tecnico bresciano Raspadori apprenderà i principi del gioco di posizione: replicando le movenze di Caputo impara a smarcarsi tre le linee avversaria, affina il suo gioco di sponde e lascia intravedere un’indole associativa fino a quel momento oscurata dalle doti realizzative.
Uscire dall’ombra
Il Raspadori che si presenta ai nastri di partenza della stagione 20/21 ha una nuova consapevolezza. L’apprendistato alle spalle di Caputo è completato, e adesso insidia la leadership dell’ex Empoli al centro dell’attacco. Il parricidio si consuma a metà stagione, come logica conseguenza della crescita dell’allievo e del decadimento fisico del maestro. Raspadori accumula minutaggio ed esperienza, segna qualche gol e firma con stile una grande vittoria a San Siro contro il Milan di Pioli.
Entrato nella ripresa giustizia i rossoneri con due gol da attaccante scafato: il primo da predatore dell’area di rigore allungando il piede sinistro su un pallone vagante, il secondo con un bruciante controllo orientato con cui pietrifica Tomori, seguito da un destro chirurgico che lascia di sasso Donnarumma. Destro e sinistro: l’ambidestrismo è una dote quasi indispensabile per gli attaccanti, un’arma che garantisce un boost di imprevedibilità nell’ultimo terzo di campo e Raspadori può fregiarsene. Dopo la notte di San Siro Raspadori spicca il volo: contro la Roma, a 21 anni da poco compiuti, indossa per la prima volta in carriera la fascia di capitano del Sassuolo. Una decisione strana per un calciatore con meno di 50 presenze tra i professionisti, ma esemplificativa di quello che è il microcosmo Sassuolo.
A Reggio Emilia realizzare i propri sogni è più semplice. Mentre le altre società hanno una gestione parsimoniosa dei giovani, evitando il più possibile di esporli ad eccessive responsabilità, il Sassuolo fonda la sua filosofia sull’accelerare il processo di maturazione calcistica e umana dei ragazzi. Raspadori non si fa cogliere impreparato. Contro la Roma segna seguendo il consiglio che De Zerbi non manca di dargli dopo quasi ogni partita: “Per essere un grande attaccante devi capire prima degli altri dove andrà a finire il pallone”.
De Zerbi plasma Raspadori, lo coccola e lo stimola, arricchisce il suo bagaglio tecnico-tattico tanto da farlo entrare nel giro della Nazionale con cui in estate, seppur da comprimario, vincerà il primo trofeo della sua carriera. La precoce centralità nel progetto tecnico di Mancini non è casuale, ma conseguenza di uno sviluppo tecnico in linea con l’idea che il tecnico jesino ha di centravanti ideale per la sua Nazionale. La necessità di avere un uomo in grado di abbassarsi tra le linee e dialogare con i centrocampisti, di svuotare l’area, di gestire palloni in spazi congestionati senza imbarazzo: tutte mansioni che Raspadori esegue con naturalezza. Nel corso dell’Europeo la necessità di utilizzare Raspadori non si è mai verificata, ma la mancata qualificazione ai prossimi Mondiali sarà propedeutica ad un suo ingresso in pianta stabile nell’undici azzurro.
Novità e consacrazione
La parabola ascendente imboccata a tutta velocità negli anni con De Zerbi subisce un leggero rallentamento quando con l’arrivo di Alessio Dionisi, Gianluca Scamacca, di rientro dai vari prestiti, dopo qualche mese di ambientamento fa suo il posto al centro dell’attacco. La convivenza tra il nativo di Fidene e Raspadori non è naturale come le caratteristiche dei due suggerirebbero, e quest’ultimo fatica a ritagliarsi il giusto spazio dovendo agire più lontano dall’area di rigore avversaria.
Giocando defilato sul centro-sinistra perde i suoi punti di riferimento: non ha il dribbling fulminate di Boga, né la visione di gioco illuminata di Berardi. Per rendere al meglio Raspadori ha bisogno di tanti compagni nelle vicinanze con cui scambiare il pallone e disordinare le linee avversarie. L’ingresso in pianta stabile di Traorè sulla sinistra permette a Dionisi di avvicinare Raspadori a Scamacca, tramutandolo in un trequartista sui generis. Gioca sul centro-sinistra, nel fazzoletto di terra solitamente occupato dai trequartisti, ma per interpretazione del ruolo è più corretto definirlo seconda punta. Raspadori cuce il gioco, si incunea negli spazi creati dai movimenti di Scamacca, dialoga con naturalezza con i compagni che lo circondano e acquisisce confidenza in un ruolo in cui mostra tutte le sue abilità tecniche.
Lo sviluppo muscolare sugli arti inferiori ne facilita il gioco spalle alla porta. Già oggi non esistono attaccanti italiani bravi quanto Raspadori ad usare il proprio corpo come scudo per proteggere il pallone. Il baricentro basso e i quadricipiti ipersviluppati oltre a permettergli di assorbire qualsiasi contatto, rendono possibili cambi di direzione immarcabili per avversari più grossi e meno mobili di lui. Raspadori è abile negli spazi stretti, non ti lascia a bocca aperta per la delicatezza con cui tocca il pallone, ma ti stupisce per la sicurezza con cui ripulisce e smista quantità industriali di palloni. Rispetto alla passata stagione effettua 10 passaggi in più ogni 90 minuti e tocca il pallone quasi 10 volte in più nella zona centrale del campo. Un dato in cui continua ad eccellere è quello dei passaggi progressivi ricevuti: come l’anno scorso, secondo i dati di FBref, si conferma nell’élite del calcio europeo in questo fondamentale, a testimonianza della sua capacità di trovare lo spazio giusto per mettersi in luce e ricevere oltre le linee di pressione.
La sua tecnica individuale è essenziale, non abbacinante, né sofisticata, ma efficace. Ogni controllo orientato, ogni sponda per il terzo uomo che si butta nello spazio è il frutto di un lavoro costante fatto per sgrezzare ogni aspetto del suo gioco. I miglioramenti individuali si sono riversati a cascata sull’intera squadra. Dopo Berardi, Raspadori è il giocatore più influente del Sassuolo: secondo il modello di FBref, per Shot Creation (passaggi, palle inattive, dribbling, falli subiti che portano ad una conclusione) è nel 94esimo percentile tra gli attaccanti dei 5 migliori campionati europei, con 4.02 ogni 90 minuti. Con De Zerbi Raspadori è migliorato individualmente, con Dionisi ha reso questi progressi utili per il bene della squadra.
Nonostante l’enorme mole di lavoro che si sobbarca fuori dall’area di rigore, la parte più eccitante del talento di Raspadori resta però la finalizzazione. Sin dalle prime apparizioni in Serie A ha mostrato una dote innata per i movimenti in area di rigore, implementando ad essi una tecnica di tiro sempre più pulita. I 9 gol realizzati quest’anno ci offrono un campionario piuttosto variegato delle sue doti da finalizzatore: contro Spezia ed Empoli infila il portiere con un tracciante secco e preciso di destro; con il Venezia si ricava la finestra giusta per battere Romero dopo aver messo a sedere il difensore con una finta minimale e letale; contro il Verona si mostra freddo e imperturbabile nell’uno contro uno con il portiere centrando l’angolino alla sua sinistra come se fosse la cosa più semplice del mondo. L’efficacia realizzativa di Raspadori è testimoniata anche dai dati: secondo il modello di Understat quest’anno ha realizzato 9 gol da 7,30xG prodotti, confermando l’overperformance della passata stagione. Il numero di tiri ogni 90 minuti è sensibilmente aumentato rispetto al 2020/21 (2,59 contro 1,76), mentre gli xG prodotti ogni 90 minuti (0,30) sono leggermente inferiori ma in linea con quelli prodotti l’anno scorso (0,37).
Guardando alla prossima tappa
Il futuro di Raspadori sarà, probabilmente già dalla prossima stagione, lontano dal Sassuolo. Sulle sue tracce si sta muovendo la Juventus, a caccia di nomi nuovi per occupare il vuoto che il futuro addio di Paulo Dybala creerà. Ragionando per ipotesi, e considerando il 4231 visto contro l’Inter, Raspadori potrebbe integrarsi bene come spalla di Vlahovic, replicando il lavoro che fa quest’anno con Scamacca. Ovviamente Raspadori non è autosufficiente come Dybala, a differenza dell’argentino che può contare su un talento individuale quasi unico nel creare occasioni per sé e per gli altri dal nulla, necessita di una struttura che gli consenta di ricevere tanti palloni tra le linee e di avere tante opzioni di passaggio. La Juventus di quest’anno è una squadra che fatica a sviluppare manovre offensive fluide ed organiche, quindi sarà necessario lavorare sotto questo aspetto per permettere a Raspadori di integrarsi al meglio. A Reggio Emilia può godere dei servigi di Maxime Lopez, uno che secondo il modello di FBref tra i top 5 campionati europei è nel 10% dei centrocampisti che effettuano più passaggi progressivi (6,02). A Torino ritroverebbe Manuel Locatelli, che quest’anno ha sensibilmente abbassato i suoi numeri in questo fondamentale (dagli 8 dell’anno scorso ai 5,24 di questa stagione), ma che resta un creatore di linee verticali di altissimo livello.
Non esistono aspetti del gioco specifici in cui Raspadori sembri così indietro da dover fare miglioramenti sensibili per ambire ad un top club. Per quello che è stato il suo percorso di crescita, l’approdo in un club di livello superiore sembra lo step naturale per un talento sempre più consistente. La sua crescita costante è una boccata d’aria fresca per l’intero movimento italiano, sempre alla disperata ricerca di attaccanti validi e spendibili per la Nazionale. Contro la Turchia, nella prima gara dopo l’eliminazione dai Mondiali, Raspadori ha avanzato la sua candidatura con una doppietta, alimentando dubbi su cosa sarebbe accaduto contro la Macedonia se al centro dell’attacco ci fosse stato lui. Andando oltre questi discorsi, il futuro di Giacomo Raspadori sembra ormai segnato, adesso non ci resta che vedere come il suo talento reagirà alle imminenti sfide che lo attendono.