In Italia la notizia non trova spazio nell’agenda dei media, ma il progetto Red Bull ha finalmente trovato terreno fertile anche in Sud America. La società di energy drink austriaca sta apparecchiando la tavola del grande calcio ai neonati tori del Red Bull Bragantino. In giro per il mondo le aspettative sono già elevatissime, tanto che il Japan Times ha sentenziato:
Il Red Bull Bragantino è pronto a diventare il Lipsia brasiliano.
Nel giorno del 93° anniversario del club, ripercorriamo la sua storia: dalla fondazione del Clube Atlético Bragantino all’accordo siglato con il colosso di Dietrich Mateschitz.
Un po’ di storia
Il Red Bull Bragantino ha sede a Bragança Paulista, un comune dello Stato di San Paolo. Come tutte le squadre targate Red Bull scende in campo con la divisa bianca griffata e, ad un primo sguardo, potrebbe tranquillamente essere confuso con le sue cugine. Questo è il calcio moderno: prima il denaro, poi tutto il resto. Eppure la scelta del Bragantino non è stata una casualità. Thiago Scuro, la testa dell’operazione calcistica di Red Bull, ha ammesso:
Stavamo cercando un club con una bella storia, dei tifosi appassionati e un legame indissolubile con la città. Siamo stati fortunati a trovare tutto questo e molto altro a Bragança.
In effetti a Bragança ce n’è di storia, visto che la squadra è lì da quasi un secolo. Più precisamente, era l’8 gennaio 1928 quando un gruppo di ex membri del Bragança Futebol Clube, tra cui José de Assis Gonçalves Júnior (futuro presidente), decise di dar vita al Clube Atlético Bragantino. Sebbene siano passati tutti questi anni, la squadra non ha ottenuto risultati degni di nota. E che non fosse destinata a grandi palcoscenici si poteva già intuire dalla prima partita, giocata e persa a Campo das Pedras. Solo successivamente il Bragantino stabilisce la propria dimora all’Estadio Nabi Abi Chedid (una volta noto come Estadio Marcelo Stéfani), struttura comunque umile con i suoi 13 mila posti a sedere.
Dopo aver raggiunto il suo picco storico a cavallo tra gli anni ’80 e i ’90 con il secondo posto nella massima divisione brasiliana, il Clube Atlético Bragantino ha affrontato un periodo disastroso ed è sprofondato in Serie C. Il sali e scendi va avanti fino a marzo 2019 quando, appunto, arriva in soccorso la Red Bull. La società, il suo nome, il suo stemma, la sua divisa, i suoi colori: tutto viene messo sull’altare pronto ad essere sacrificato in nome della rinascita. Non sono mancate le proteste da parte della frangia conservatrice della tifoseria, ma l’accordo mostra i suoi frutti in men che non si dica: il 6 novembre dello stesso anno il Red Bull Bragantino supera per 3-1 il Guarani e torna nel Brasileirão a distanza di 22 anni dall’ultima volta. Coincidenze che la promozione sia arrivata in così poco tempo dall’insediamento di Red Bull? Non proprio. La nuova proprietà si è presentata con una campagna acquisti da 19,35 milioni di euro, cifre mai viste a Bragança.
Ma che sia chiaro: questo è solo il primo passo. L’obiettivo stagionale è quello di confermare la categoria. Per raggiungerlo non si è badato a spese, tant’è che solo i campioni continentali in carica del Flamengo hanno sborsato più del Red Bull Bragantino per ingaggiare giocatori per la stagione in corso. Una mossa azzardata per una neopromossa, non secondo Scuro:
Vogliamo alzare l’asticella. Stiamo investendo in giovani che possono darci una mano. Sarà un processo a medio termine: penso che tra tre anni avremo la capacità tecnica di giocare allo stesso livello dei grandi club, non solo per una questione di soldi. Punteremo al titolo e alla qualificazione alla Copa Libertadores.
Il modello Red Bull
I tifosi del Bragantino possono dormire sogni tranquilli, perché quando Red Bull si prefigge un obiettivo solitamente lo raggiunge. La multinazionale è entrata nel mondo dello sport per diffondere ancora di più il suo marchio, iniziando dagli sport estremi per poi passare ai motori e infine al calcio e altri sport tradizionali. Nella migliore delle ipotesi il Bragantino ripercorrerà le orme del Salisburgo e del Lipsia, diventate realtà importanti in ambito nazionale e internazionale. Al momento dell’acquisizione – nel 2005 -, il Red Bull Salisburgo si chiamava Austria Salisburgo e naufragava a metà classifica. In 15 anni di gestione sono arrivati 16 titoli tra campionato e coppa austriaca. Se vogliamo, però, l’ascesa del Lispia è stata ancora più eclatante.
Nel 2009 Red Bull comprò il SSV Markranstädt, una piccola squadra di quinta divisione tedesca, e la ribattezzò RB Lipsia. Al contrario di quello che potrebbe sembrare, RB è l’acronimo della parola inventata RasenBallsport – letteralmente “gioco della palla sul prato” -, perché il regolamento della federcalcio tedesca non permette l’introduzione di un marchio registrato nel denominativo di una squadra. In dieci stagioni l’ha portata in Bundesliga a competere con il Bayern Monaco per il Meisterschale e a giocarsi la semifinale di UEFA Champions League. Non è ancora arrivato un titolo a livello nazionale, ma la strada intrapresa è quella giusta.
Senza perderci in chiacchiere ormai già sentite e risentite su Salisburgo e Lipsia, è interessante passare in rassegna i tentativi di espansione del progetto Red Bull oltre i confini europei. Prima di arrivare al Brasile, infatti, il toro rosso si è stampato su altre maglie.
Nel 2006 Dietrich Mateschitz mette sul piatto 30 milioni di dollari per assicurarsi i New Jersey MetroStars, che diventano così i New York Red Bulls. Perché puntare su una franchigia di MLS? Il campionato è ancora ad un livello piuttosto basso, ma Red Bull vuole fare il colpo grosso, un’operazione di marketing senza precedenti. Ogni sessione di mercato si trasforma nell’occasione di concludere trattative mirate e aprire nuovi mercati: con l’arrivo di Thierry Henry il marchio arriva in Europa, con Rafa Marquez in Messico, con Tim Cahill in Australia e via dicendo. Sul campo sono arrivati solo tre MLS Supporters’ Shield, ma la dirigenza non sembra preoccuparsene poi così tanto.
Nel 2008 il progetto sbarca in Africa, dove viene fondato ex novo il Red Bull Ghana. L’obiettivo era quello di formare giovani giocatori e allenatori, ma nel 2014 è già tempo di alzare bandiera bianca. Quest’ultima triste avventura non è poi così diversa da quella del Red Bull Brasil, primo tentativo di espansione in America Meridionale. La società fondata a San Paolo nel 2007 non decollò mai, ma è risultata utile alla multinazionale a posteriori.
Il Red Bull Bragantino nasce proprio dalla fusione del Clube Atlético Bragantino e del Red Bull Brasil. Ma come vuole agire ora Red Bull? Il modello da seguire è il solito: il club usufruirà di una rete di scouting globale che gli permetterà di inserirsi nel mercato della valorizzazione dei giovani brasiliani. Potrà contare su uno staff di altissimo livello, nonché su strutture sempre più moderne e all’avanguardia e, a dimostrazione di ciò, sono già partiti i lavori per la ristrutturazione dello stadio che arriverà ad avere una capienza di 20 mila spettatori.
Presente e futuro
È giusto pensare al futuro, ma si vive nel presente. Come si presenta oggi il Red Bull Bragantino? Sulla panchina c’è il 39enne Maurício Barbieri, in passato già coinvolto nel progetto Red Bull. Il tecnico è stato scelto perché propone quel calcio offensivo che tanto piace alla dirigenza, schierando la squadra con un collaudato 4-2-3-1. Il Bragantino è la terza squadra del Brasileirão per numero di tiri a partita (15). La mira è ancora da registrare visto che è la per precisione ha una percentuale piuttosto bassa (28,6%), ma si vede già l’impronta del tecnico.
Vogliamo giocare un calcio aggressivo, di intensità e qualità. Raggiungeremo l’eccellenza tecnica e avremo uno stile di gioco riconoscibile. La rosa è molto giovane e abbiamo margini di miglioramento importanti.
In un’idea di calcio come questa, non possono che essere i terminali offensivi a brillare: il classe 2000 Alerrandro, l’ex Red Bull Brasil Ytalo e Claudinho, il vero uomo in più di questa squadra. Sempre decisivo, il 23enne brasiliano era arrivato dal Ponte Preta per poco più di 400 mila euro, ma ora che sta sorprendendo tutti il suo valore di mercato sta lievitando. Fantasista dal destro formidabile, solitamente parte come ala invertita sulla sinistra, ma può occupare tutti i ruoli dalla tre quarti campo in su. È già in doppia cifra e il 10 sulle spalle è quel tocco in più che completa un profilo magico. Il Red Bull Bragantino ha rifiutato un’offerta importante dagli Emirati Arabi per il suo cartellino perché ha il destino segnato: probabilmente è solo una questione di tempo prima di vederlo in Europa, magari proprio a Lipsia.
Non è un segreto, infatti, che malgrado i club di Red Bull siano gestiti in maniera autonoma non mancano contatti e aiuti reciproci. L’esempio lampante è quello di Dominik Szoboszlai, esploso con il Salisburgo e oggetto del desiderio di molte big europee per il mercato invernale 2021. Tra tutte a spuntarla è proprio la squadra di Julian Nagelsmann, che ovviamente ha beneficiato di una corsia preferenziale. Allo stesso modo, sia il Salisburgo che il Lipsia si sono impegnati a sostenere l’astro nascente del Bragantino cedendo in prestito un giovane a testa: gli austriaci Luis Phelipe, i tedeschi Luan Candido. Entrambi brasiliani U19, ma già utilissimi alla causa.
Il roster giovane non sta rallentando più di tanto il Red Bull Bragantino, attualmente al 13° posto in campionato. Nelle dieci giornate che mancano al traguardo la squadra dovrà dare prova della sua maturità, evitare cali fisici o mentali e consolidare la posizione che gli darebbe una salvezza tranquilla. Tuttavia non è proibito aspirare a qualcosina di più, come ad esempio la qualificazione alla fase a gironi della Coppa Sudamericana: l’Atlético Goianiense e l’Athletico Paranaense hanno solo 3 punti di vantaggio. Centrare un risultato del genere al primo anno di Brasileirão vorrebbe dire bruciare tappe sulla tabella di marcia.
Con il Lipsia sono stati di parola, chissà se anche in questo caso Red Bull porterà la squadra dove ha promesso. Se ne riparlerà tra qualche anno, intanto a Bragança si godono il percorso.