La nostalgia è la mancanza di un qualcosa che non si possiede più, come un amore che ha smesso di abbracciarci o di un’infanzia svanita via col tempo. Colori, sensazioni, momenti: tutto quello che appartiene al passato è sempre più bello, lo sa bene Woody Allen che racconta nel suo film Midnight in Paris la storia di Gil Pender, personaggio entusiasta dell’epoche passate e prigioniero della nostalgia. Il personaggio alleniano è una rappresentazione della realtà umana, affascinata e continuamente attratta dalla nostalgia e del calore del passato; come i tifosi del calcio odierno, che tra lembi di verità e estremismi dilaganti rimpiangono un campionato che non c’è più, o un Baggio che non gioca più.
Veritiero o meno, c’è da prenderne atto: il romanticismo fra tifoso e calciatore è quasi scomparso del tutto. In un calcio ostaggio dei procuratori e schiavo del denaro, è in effetti diventato difficile sognare i propri calciatori come bandiere fedeli del proprio club. Tuttavia, tra chi insegue il soldo e chi non mantiene le proprie promesse, si nascondono e resistono dei ribelli.
Essere dei ribelli significa per principio essere dei sognatori, inseguitori dell’utopia incuranti della cruda realtà, e in questo specifico caso un fanciullino che non ha mai smesso di inseguire il sogno di giocare per la propria squadra del cuore. È questa la poesia dentro la vita di Sandro Tonali, che ha atteso il Milan una gioventù intera e ne ha sofferto il rifiuto cinico prima e la pesantezza dello stemma dopo.
Con questo leitmotiv di per sé anacronistico, è anche l’estetica ad accompagnare Tonali nel suo percorso da figlio di un’altra epoca. Con i suoi capelli lunghi a nascondere viso e sentimenti, il centrocampista italiano appare a noi come un incrocio fra il serioso Adam Driver e un ruggente membro dei Ramones. Un volto chiuso composto da lineamenti duri, da zigomi da far invidia, da leggeri baffi onnipresenti e il suo nome, Sandro, un concetto idealistico più che un semplice appellativo. Il ragazzo di Lodi è una boccata d’aria fresca per chi è innamorato del passato e ne rimpiange protagonisti e sapori.
Accendere un sogno e bruciarlo dentro di sé
Il passato che splende rispetto alla realtà odierna, un passato che rimpiange specialmente il tifoso milanista, orfano di quella squadra dominante in Europa e nel mondo. L’ultimo grande Milan è quello di inizio anni duemila, e con i suoi ultimi respiri epici fece innamorare di sé il piccolo Sandrino.
Un Milan decadente contrapposto all’ascesa di una stella: il Sandro ragazzino in quei tempi già correva e stupiva tantissimo nella Lombardia Uno e aveva catturato subito diverse attenzioni su di sé. Testa alta, tecnica ammirevole e uso di entrambi i piedi con naturalezza – così lo racconta il suo allenatore dei pulcini – oltre a essere un leader silenzioso e che “quando segnava non esultava nemmeno“.
Si mostra come uno dei migliori talenti della scuola calcio, che vuoi per destino, era affiliata proprio con i rossoneri. Tra un allenamento e l’altro, il Milan propone un provino ai ragazzi della Lombardia Uno per le proprie giovanili, e Tonali ha fra le mani la possibilità concreta di realizzare il proprio sogno. Tuttavia, nonostante il grande impegno profuso, il piccolo centrocampista viene scartato poiché giudicato «gracilino» dagli osservatori milanisti.
A volte non è sufficiente il sudore e l’amore per realizzare i propri desideri, lo sa bene il piccolo Sandrino graffiato dal suo stesso amore, sogno e ambizione. Ciò nonostante, non esisteranno né rancore né tentennamenti nei confronti del proprio sentimento verso il Milan, che rimane puro e immacolato. Il cammino di Tonali prosegue da Piacenza fino a Brescia, sua prima grande tappa della carriera.
Il Brescia, Pirlo e i primi passi fra i grandi
Con la maglia delle rondinelle addosso e il mantenimento del taglio di capelli anni ’70, l’aura attorno a Tonali è romanzesca, il paragone con Andrea Pirlo viene quasi naturale. Ma è soltanto uno scherzo dettato dalla coincidenza, le differenze fra i due sono facilmente visibili e percepibili: il Maestro è una gioia da vedere in senso puramente estetico, di pura eleganza visiva; i tocchi di Pirlo sono metafisici nonché geometria perfetta, sufficienti per affrontare con apparente staticità la partita.
Tonali invece è tutto l’opposto del calcio di Pirlo, e lui stesso allontana prontamente i paragoni gravosi con l’ex numero ventuno milanista e si ritiene più vicino alla grinta e alla tenacia di Gennaro Gattuso, suo idolo calcistico.
Il centrocampista lodigiano è in effetti il prototipo del centrocampista moderno, ben lontano dalla tipologia del Pirlo calciatore. Non spicca per conduzione del pallone, ma i suoi tocchi garbati rivolti alla sfera lo rendono pericoloso dai calci piazzati. In più, il centrocampista classe duemila fa della dominanza fisica una caratteristica fondamentale, allestita per un recupero dei palloni prepotente e feroce.
Insomma, dove vi è Andrea Pirlo c’è il pallone, mentre dove c’è il pallone vi è Sandro Tonali. Magnetismo inebriante da una parte, riconquiste operaie e scaldacuore dall’altra.
Dicevamo allora di una bellezza raffinata ed esteticamente goduriosa nel calcio di Pirlo. Con Tonali, invece, si vive l’appagamento della voluttà calcistica e la realizzazione del desiderio del tifoso, il rivedersi nei suoi beniamini in campo e soffrire assieme a loro nell’anima e nel corpo. Lo sforzo, la caparbietà e il coinvolgimento emotivo di Tonali sono tutto ciò che il tifoso brama di vedere. In questo senso, Tonali si dimostra molto vicino a Daniele De Rossi, per senso d’appartenenza alla maglia e al suo modo di emozionare i tifosi.
Scalate le giovanili del Brescia, riesce a ritagliarsi sempre più spazio in prima squadra. Dopo un classico vai e vieni celliniano di allenatori nella prima stagione con i più grandi, è con Eugenio Corini che si trova costanza e risultato. È uno dei protagonisti assoluti del Brescia campione della Serie B 2018/19 e riesce a impressionare la UEFA – che lo menziona nei cinquanta giovani da seguire per la stagione successiva – e Roberto Mancini, che lo convoca in nazionale maggiore seppur non abbia mai messo piede in Serie A.
Vertice basso del 4-3-1-2, Tonali ha il modo di esporre in piena libertà carattere e le proprie abilità d’interdizione, abbinate al coraggio di un veterano. Il tocco garbato inganna il mondo, che vi rivede Pirlo e traiettorie dai palloni da lui calciati, e forse anche lui stesso si diverte a prendere in giro a riguardo, perché nel momento più alto d’esposizione mediatica dovuta alla convocazione in nazionale, si regala una botta tremenda di punizione per festeggiare. Sandro Tonali è pronto al grande salto in Serie A.
Avvenuta promozione, i primi passi del centrocampista ai massimi livelli sono rumorosi e le attenzioni dei grandi club sono immediate. Nonostante la sua prima stagione in Serie A sia frenata dalla pandemia, il ragazzo di Lodi ha modo di dimostrarsi a proprio agio anche ai massimi livelli, e il suo primo goal in campionato è naturalmente una rete su calcio di punizione, tanto bella quanto fortunata.
Seguiranno sette assist in trentacinque partite, che non eviteranno tuttavia la retrocessione in Serie B del Brescia. Ha comunque modo di confermarsi come uno dei migliori delle rondinelle e uno dei talenti più interessanti del campionato, pronto a raccoglierlo la stagione successiva.
Uno dei primissimi estimatori del talentino del Brescia è Antonio Conte, che vede un centrocampista perfetto per le sue idee, sia per il ruolo da vertice basso o da plasmare in una mezz’ala da completarsi con il lavoro di Nicolò Barella. Il tecnico leccese convince l’Inter a imbastire una trattativa ancora prima del mercato estivo, che viene commentata a più riprese dal presidentissimo del Brescia Massimo Cellino. Una trattativa che diviene però telenovela, lunga una primavera e trascinata fino all’estate seguente, fino al colpo di scena da film.
C’è infatti un’altra squadra interessata ad acquistare il gioiellino del Brescia. Piombata improvvisamente ma fortemente decisa a chiudere in breve tempo, quel club volenteroso era proprio lo stesso che lo aveva scartato senza troppi patemi quasi un decennio prima, il Milan.
E dunque, nonostante un accordo praticamente stipulato fra l’Inter e il centrocampista, l’approdo di Sandro Tonali ai nerazzurri è più che mai vicino all’eresia. Come rivela Cellino a trattativa conclusa con Paolo Maldini.
Quando Tonali ha saputo del Milan non ha capito più niente.
Un trasferimento dalla storia rara, dalla scelta coraggiosa e segnata dal profondo amore di Sandro per i colori milanisti. Non era facile rifiutare un’Inter in rampa di lancio – che poi avrebbe vinto lo scudetto – e la gestione di un allenatore di primissimo livello come Antonio Conte, eppure Tonali lo ha fatto. E lo ha fatto perché lo doveva a quel Sandrino che sognava quella maglia fin da fanciullo, a quel Sandrino che scrisse una lettera per Santa Lucia chiedendole se sarebbe mai diventato un calciatore, a quel Sandrino che si è visto rifiutato dal suo grande amore bramato. Lo ha fatto perché l’amore è ciò che rende l’uomo irrazionale ma dannatamente felice, libero dalla prigionia della logica e addobbato dei fiori dell’impossibile.
Milan, fra romanzo e disillusione
Sandro fa felice Sandrino e diventa un calciatore del Milan, prendendo la numero otto sulle spalle – chiesta in punta di piedi a Gattuso con un colpo di telefono -, pronto a correre per San Siro come era abituato nel campo della sua Lombardia Uno. Tutto sembra apparecchiato per scrivere uno dei racconti più felici di sempre, ma il primo anno con la maglia del Milan è tutt’altro che romanzesco.
Il terrore è padrone del volto di Tonali, costantemente ritratto in un’espressione affannata e sofferente. I tocchi sono quanto più imprecisi, lontani dalla naturalezza con cui aveva abituato a Brescia, e i movimenti sono insufficienti per il perfetto funzionamento della macchina tattica di Stefano Pioli.
C’è anche un adattamento tattico non indifferente da compiere: da vertice basso di un centrocampo a tre, Tonali ora deve rivedere il proprio territorio nel suo nuovo ruolo da mediano a due. Non basta l’inserimento graduale e per la maggior parte a gara in corso di Pioli, Tonali è irriconoscibile.
Raccolte trentasette presenze e un cartellino rosso, la prima stagione di Sandro Tonali al Milan è il manifesto della disillusione dalle favole. Non ha modo di rumoreggiare San Siro – chiuso al pubblico causa restrizioni pandemiche – ma il disappunto dei tifosi è comunque palpabile, e si vocifera, alcuni lo auspicano anche, di un Milan che rispedisce a Brescia il giovane talento.
Uno scenario però mai contemplato dalla dirigenza rossonera, che si fa forte della situazione sportiva del Brescia e ottiene uno sconto sul cartellino del calciatore, con la riduzione degli iniziali 35 milioni da versare nelle casse del club biancazzurro a 17 milioni, comprendenti il cartellino di Giacomo Olzer.
Motivati dalla fiducia nei mezzi del ragazzo, c’è anche il cammino intrapreso dalla dirigenza del Milan – in controtendenza rispetto al passato recente – nelle motivazioni che portano al riscatto di Sandro Tonali. D’altronde l’operazione Manuel Locatelli insegna, talento del vivaio ceduto facilmente al Sassuolo e ora caposaldo della Juventus; ma anche André Silva e Lucas Paquetá, giovani promesse mai esplose al Milan e ora rispettive stelle del Lipsia e del Lione.
Un problema, a dire il vero, presente in tutte le grandi dirigenze della Serie A, frettolose e sommarie nei confronti dei talenti più giovani, quasi sempre bocciati prematuramente a favore del cosiddetto “usato sicuro”, garante di miglior rendita nel breve periodo. Strategia che si rivela miope e limitante, nonché causa del dislivello clamoroso con le altre big europee, attente a valorizzare i talenti delle proprie giovanili e fiutare il colpo al momento opportuno.
Il Milan sembra essersi reso consapevole di questa situazione, e dall’insediamento del fondo d’investimento Elliott l’attenzione nel raggiungimento di un club economicamente sostenibile è divenuta priorità massima. Le ultime operazioni sul mercato dimostrano come l’obiettivo sia valorizzare il giocatore e mantenere un’ossatura della squadra giovane, con l’accompagnamento di uomini carismatici e di esperienza, come Zlatan Ibrahimović, Simon Kjær e Olivier Giroud. Un equilibrio perfetto fra la strategia del player trading e del risultato sportivo immediato, capace di riportare il Milan ad ambire per i piani alti della classifica e di riassaggiare la Champions League.
Concordate dunque le nuove condizioni per il riscatto dal Brescia, Tonali è cosciente di aver tradito le aspettative. Non nasconde la propria delusione, e per ripartire al meglio decide di rinunciare a una parte dello stipendio pur di firmare con i rossoneri. Un gesto inusuale, arrivato in un momento particolare per il Milan e i suoi tifosi: nell’estate in cui Gianluigi Donnarumma e Hakan Çalhanoğlu lasciano il club a parametro zero per accasarsi in lidi più remunerativi, è il cuore di Sandro ad accarezzare il cuore del tifoso milanista, disilluso e tradito dalle promesse di amore eterno e fedeltà.
Potremmo definirlo un continuo “volli, e volli sempre, e fortissimamente volli” di matrice alfieriana la guida e il senso di Tonali nella sua carriera calcistica. Il «gracilino» subito da ragazzino, il rifiuto tempestivo al lunghissimo flirt dell’Inter dopo la prima chiamata del Milan, l’emozione padrona delle sue gambe a San Siro con la maglia rossonera. Non vi è stato attimo privo di volontà e amore nel viaggio di Sandrino, faro di speranza per chi crede ancora nelle favole e nel romanticismo.
Sono dolci i frutti delle radici amare seminate per San Siro nell’anno precedente. Le gambe si sono irrobustite, capaci di sostenere il peso della maglietta rossonera e bisognose dei calzettoni abbassati per contenere i polpacci larghi come spalle. Il fascino richiamato dall’estetica nostalgica è tramutato in una totale cattiveria agonistica, feroce ma corretta.
È un Sandro Tonali che fa emozionare i propri tifosi anziché sé stesso: al ritorno del San Siro gremito è proprio il numero otto ad aprire le danze per la vittoria per 4-1 sul Cagliari. Un’ennesima, splendida punizione in tutto e per tutto identica alla prima trasformata da Pirlo con la maglia del Milan, con il paragone destinato a perseguitarlo per sempre.
Seguono le prestazioni al Gewiss Stadium di Bergamo – con tanto di goal – e di Anfield, teatri di morte e rinascita del Milan recente. Le opere di Sandro Tonali ora sono assordanti e solenni, suonano come un pezzo dei Joy Division. Il figlio dei Ramones che canta Ian Curtis è imprescindibile per Pioli e i suoi compagni, esige il pallone e non concede agli avversari di avvicinarsi dalle parti di Mike Maignan; regge da solo, contro la Roma di Mourinho, il centrocampo orfano di Ismaël Bennacer e Franck Kessié. In un inizio di stagione tempestato da infortuni e incertezze, Tonali è stata la colonna portante del centrocampo milanista.
Con il fantasma di Andrea Pirlo a rincorrerlo e il riflesso di Demetrio Albertini da gli occhi più datati, Sandro Tonali si rivela invece illuminato di luce propria. È una gemma ritrovata che ha sofferto il suo stesso sogno e ha rischiato di smarrirsi a causa della fretta e della corsa al risultato immediato. Una storia anacronistica, nuova nel suo richiamo al passato e alla nostalgia di cui si fa carico.
Sia colpa di Sandro Tonali se il tifoso crede ancora nel per sempre nel calcio, sia merito dei ribelli come Sandro Tonali, fedele innamorato e non amante fuggiasco, se per un attimo il tempo si dimenticherà di scandire senso e forma delle epoche. Possa il cuore anteporsi alla fredda logica, con la colpa delle favole il motivo dell’amore verso questo sport.