Inizia con la sfida dell’Olimpico tra biancocelesti e nerazzurri una nuova rubrica targata RdL. Il racconto di 90 minuti (o più, in certi casi) partendo dall’immagine più emblematica del match: questo è il primo episodio di Scatti, questa è Lazio-Inter.
Le avvisaglie sono di quelle importanti, quasi da posticipo della domenica sera; il fischio d’inizio, invece, arriva alle 15, ma la gara è da inquadrare per svariati motivi d’interesse. In primis, una divisa che arriva nel 2020 direttamente da una finale travolgente del maggio ’98, rimasta nei cuori dei tifosi nerazzurri: la terza maglia stagionale dei meneghini debutta proprio contro la Lazio, come a Parigi nel 3-0 di Coppa UEFA.
E poi? Ah, sì: il nerazzurro è differente (perlomeno in via teorica), ma la sconfitta con l’Atalanta fa ancora male. La Lazio per un riscatto, l’Inter per proseguire il buon momento di forma. È tutto apparecchiato sulla tavola capitolina, ma il pasto della domenica pomeriggio è avvolto da un’aura di…
…confusione. 10 lettere per analizzare uno scatto, simbologia di una gara dalle mille sfaccettature. Insomma, non solo luci ed ombre, ma vere e proprie eclissi a fare da cornice ad un Olimpico di Roma accolto dal calore della propria (poca) gente. Ma, appunto, partiamo da qui.
69′. Arturo Vidal, partito per la seconda gara consecutiva dall’inizio, interviene nella propria metà campo difensiva su Ciro Immobile, protagonista del duello a distanza con Romelu Lukaku per la soddisfazione simbolica di essere eletto bomber cardine tra le due compagini in campo. Spoiler: non andrà bene, per entrambi. Il cileno ferma il numero 17 biancoceleste, che cade a terra, per poi stuzzicarlo nell’immediato.
L’attaccante della Nazionale non ci vede più ed alza il braccio destro, colpendo l’ex Barcellona in pieno volto. Vidal fa il suo, Guida interviene: è rosso, la Lazio è in 10 uomini.
Non mi sembrava da rosso: non credo che Ciro gli abbia dato una botta tanto violenta. Vidal si è buttato bene e ha guadagnato un rosso per la sua squadra.
Milinkovic-Savic sentenzia così a fine partita, quando il direttore di gara ha già fischiato tre volte. Prima di questa sua analisi, però, altre parole da sottolineare:
Un po’ di confusione.
Sì, Sergente. È la parola adatta, ma non solo in quell’occasione. Eppure, i binari della partita sembravano indirizzati verso direzioni congiunte, all’insegna di un equilibrio tecnico-tattico ampiamente pronosticato alla vigilia: il risultato non avrebbe dovuto contemplare il caos, ma il calcio ci ha più volte manifestato il suo essere strano.
Protagonisti sulle fasce
Come anticipato, la gara intraprende il suo percorso naturale con le premesse della vigilia. Le due squadre, oltre al numero di vittorie l’una sull’altra nella passata stagione (1-0 a San Siro e 2-1 all’Olimpico), sono concezioni di un parto gemellare nel sistema di gioco dei rispettivi allenatori: sia Conte che Inzaghi schierano un 3-5-2 che sappia alternare aperture sugli esterni a verticalizzazioni verso le boe, in teoria Lukaku ed Immobile. In teoria.
Se la seconda variante di gioco viene impiegata maggiormente dai nerazzurri, con un atipico Barella sulla trequarti, i primi 15 minuti della Lazio sono tutti per il 29 sulla fascia destra, al secolo Manuel Lazzari da Valdagno, Vicenza. Ivan Perisic, infatti, può vantare un Triplete a curriculum, ma sicuramente non è il più ostico degli avversari in fase difensiva: i biancocelesti lo sanno e cercano l’ex Spal, arrembante sulla sua corsia di competenza.
Il titolo del nostro primo paragrafo, però, contempla una pluralità di elementi: per i padroni di casa, come detto, si tratta di Lazzari, mentre per gli ospiti è compito di un marocchino cresciuto in Spagna ed esploso in Germania. Hakimi ha girato l’Europa ed ora viaggia in un’unica direzione, a versi alterni, sulla fascia mancina. Perisic e Marusic, dunque, trovano un altro fattore in comune oltre al suffisso balcanico: entrambi chiedono pietà per le incursioni degli avversari, dal fronte Lazio per il croato e dal fronte Inter per il montenegrino.
Come accennato, non è solo questione di fasce, però. L’ex Cagliari con il numero 23 è l’elemento camaleontico del match, perlomeno nella prima frazione di gioco: in fase di non possesso si abbassa, pronto ad allinearsi ai compagni di reparto Vidal e Gagliardini, mentre quando i suoi hanno il pallone avanza come suo solito, da incursore. La differenza sta nella porzione di campo coperta, in una straordinaria posizione dietro alle punte.
L’altro grande protagonista in mezzo al campo è il regalo di mercato impacchettato e spedito a casa Conte direttamente dalla Catalogna. L’aveva chiesto per l’inizio della sua avventura all’ombra della Madonnina, poi nella lista dei presenti sotto l’albero di Natale ed ora, finalmente, se lo può godere.
Un joystick cileno
Con Brozovic seduto in panchina, quel ruolo non può che essere suo: Arturo Vidal è il padrone incondizionato di un centrocampo tutto muscoli e grinta, con la fantasia lasciata a riposare fuori dal manto erboso della casa biancoceleste, viste le assenze nell’undici titolare di Sensi ed Eriksen.
Conte lo vuole al centro del gioco nerazzurro, perno in mezzo al campo. Forse, in determinate occasioni, anche fin troppo in avanti per i gusti del tecnico pugliese, che davanti alla panchina sbraita:
Semplice, gioca semplice! Arturo, abbassati! A-B-B-A-S-S-A-T-I!
Il suo contributo si vede in occasione delle rare ma pericolose ripartenze della Lazio, con l’ex Bayern Monaco e Barcellona pronto a coprire le linee di passaggio dei vari Luis Alberto e Milinkovic-Savic. Oppure negli anticipi, immediatamente seguiti dai lanci in avanti alla ricerca della LuLa. A proposito dei due là davanti, il belga non sfonda, ma l’argentino riesce a colpire.
Un paio di minuti dopo la girata balistica in anticipo su Patric, dopo un bel cross tagliente di Barella, Lautaro si fa perdonare. Perisic cerca di accentrarsi dalla sinistra, un rimpallo lo favorisce e il Toro calcia di sinistro; Strakosha è battuto e l’Inter si porta in vantaggio, con l’obiettivo di mantenere intatto lo 0-1, per accrescere il divario nella seconda frazione, come dichiarato dallo stesso argentino all’intervallo:
Dobbiamo fare altri gol: loro possono rientrare in gara. Conte mi ha rimproverato per una posizione sbagliata con Barella. Lui ci telecomanda come alla Playstation.
Conte non vuole esaurire la batteria del joypad, così come i suoi uomini. La Lazio, invece, si affaccia al secondo tempo con due cambi forzati (Bastos e Fares per Radu e Marusic) ed il morale ben più basso delle altitudini a cui è abituata a volare Olimpia.
Il caotico secondo tempo di Lazio-Inter
Il lupo (non la Lupa in questo caso, non sia mai) perde il pelo, ma non il vizio: la Lazio continua a spingere sulla fascia destra, anche perché gli ospiti riescono ad accrescere notevolmente la densità in mezzo al campo, con l’avanzamento del regista aggiunto, l’ex di giornata de Vrij.
Inoltre, le difficoltà sembrano provenire anche all’inizio della costruzione della manovra, con Lucas Leiva e Parolo costretti in più occasioni a cercare la palla lunga a discapito di un fraseggio corto e ragionato.
Appena viene concesso spazio, però, i padroni di casa non possono che approfittare: Acerbi sale sulla sinistra e lascia partire un cross diretto sul secondo palo, Milinkovic-Savic si inserisce e sovrasta Perisic, di certo non il più portato alla fase difensiva tra gli uomini in campo. Handanovic non fa di tutto per negare la gioia ai capitolini ed il tabellone cambia vita: 1-1.
Ed ora, pronti a tirare fuori i popcorn? Lazio ed Inter giocano i primi 70 minuti di gioco sull’altalena degli equilibri, ma l’ultimo scorcio di partita regala quella confusione di cui sopra. Passano, infatti, una quindicina di minuti dal pareggio del serbo e scoppia il putiferio, come analizzato in precedenza. E pensate che possa essere finita lì?
Vidal lascia il campo tra i fischi assordanti dei presenti allo stadio, che si fanno sentire come in una giornata da sold out nella stracittadina capitolina, e Conte si gioca la carta Marcelo Brozovic, oltre agli ingressi di qualche minuto prima di Sensi e Young per Gagliardini e Perisic. Serve un episodio per sbloccare la parità.
86′. Bastoni avanza sulla sinistra in un’atipica iniziativa che ricorda il Lucio del 2009/2010, la palla arriva a Brozovic che calcia in diagonale, con il suo tiro che viene deviato nella traiettoria verso Strakosha: palo. La sfera si muove verso la zona sinistra del campo, deviata da un giocatore biancoceleste in fallo laterale. Patric si precipita a disturbare Stefano Sensi (incaricato alla battuta), che casca nel tranello: sbuffetto e rosso, esattamente come con Immobile.
Lazio-Inter diventa la sagra dell’opportunismo, con gli ultimi minuti che assumono la sostanza di un dessert che, al contrario delle aspettative, non conclude una cena nel più gustoso dei modi. Nella sfida dell’apparente spettacolo a specchio, vince la confusione: è bastato una scatto per constatarlo.