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Dopo la gloria del 2004 in Champions League, il Porto e tutto il calcio portoghese hanno attraversato un periodo difficile che ha condotto il paese lusitano ad una crisi di risultati e identità a livello continentale. E se l’Europa League nel 2011 (con tre squadre portoghesi nelle ultime quattro, vinta poi dal Porto) e l’Europeo vinto nel 2016 avevano ridato vigore e forza a tutto il movimento, i club apparivano ancora in difficoltà nell’assimilare e adattarsi ai cambiamenti del calcio europeo dal punto di vista strutturale ed economico. Almeno sino all’arrivo di Sérgio Conceição sulla panchina dei Dragões nel 2017: una scelta che ha riportato lustro al club rendendolo, ad oggi, una costante mina vagante in Champions League ed una società modello nel ricostruirsi ogni anno andando a cercare linfa nuova con astuzia e formazione. 

Il Borussia Dortmund ha sempre avuto un senso del vaticinio a livello calcistico in Germania: le scelte societarie prima e quelle tattiche poi hanno mostrato un club sempre in grado di anticipare i cambiamenti del mondo del calcio, rendendo possibile sia la tenuta del club in un contesto economico meno florido rispetto al resto della Germania, sia la crescita del movimento calcistico tedesco.

Negli ultimi anni la fruizione del prodotto calcistico è stata segnata dall’esplosione di un fenomeno che può offrirci interessanti spunti sulla società in cui viviamo: gli highlights. Si tratta di filmati di pochi minuti che concentrano gli episodi salienti di una partita, disperdendo nell’oblio le fasi di contorno. Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti a fine 2020, solo meno di un quarto dei ragazzi appartenenti alla generazione Z ritiene importante seguire un evento sportivo in tempo reale. In relazione al suolo italico è difficile rilevare numeri precisi, ma possiamo mettere a confronto quello degli abbonati a DAZN (piattaforma che detiene i diritti di tutte le partite di Serie A per la stagione 2021/22) con quelli delle visualizzazioni dei canali YouTube che caricano highlights di partite. Si delinea una tendenza meritevole di approfondimenti.

La donna tiene accostato a sé il bambino. Insieme compongono una scena armonica e serena. Mistica. Lei ha una lunga veste blu, il capo coperto e in mano un nastro rosso. Il piccolo è in piedi, vicino a lei, che con la mano sinistra lo trattiene saldamente e con gli occhi lo osserva con sguardo materno. La vista del bambino invece penetra chi lo guarda, è fissa sullo spettatore. La sua manina sinistra è alzata, libera dalla stretta della donna. Due dischi dorati posti sulle teste dei due personaggi ci indicano chiaramente la loro identità.

7 novembre 2021. Il giorno che un po’ tutti al momento dell’uscita dei calendari della Serie A 21/22 avevano subito provveduto a contrassegnare sul calendario con un doppio cerchio. Il giorno della resa dei conti, il giorno di Milan-Inter. Quasi nove mesi dopo è arrivato il momento che le due metà di Milano aspettavano. Una partita che oggi però nel suo complesso non si limita ad essere l’emblema di una rivalità, bensì rappresenta il simbolo di molteplici attese comuni, forse, finalmente giunte al termine.

Casualmente quando si finisce a parlare di Germania, il discorso finisce inevitabilmente attorno alle birre. Il quadrato nordeuropeo Danimarca – Belgio – Polonia – Germania regala del resto sempre grandi soddisfazioni agli amanti della bevanda. Discretamente economica, piuttosto facile da bere e fondamentalmente parte della cultura tedesca come il vino per noi mediterranei. È un caso fino ad un certo punto che, un gruppo di ben 40 persone del Catholic Holy Trinity di Flurstrasse in rotta con il parroco, fondò nel 1909 il Borussia Dortmund. Borussia come il nome di un birrificio (probabilmente già in disuso) che si trovava in Steiger Strasse.

Per chi crede nei numeri, non può essere un caso che l’ultimo gol segnato allo Stadium da Paulo Dybala con la maglia della Juventus quest’anno sia stato realizzato al decimo minuto della partita contro la Sampdoria. Non può essere un caso neanche che in quella stessa serata abbia lasciato il campo al ventunesimo minuto per l’ennesimo infortunio occorsogli. Il 10, il suo attuale numero di maglia, incontra il 21, il vecchio numero, il presente contro il passato. È un po’ quello che sta succedendo alla Juventus, che per questa stagione si è guardata alle spalle e ha deciso di affidare le chiavi della squadra a Massimiliano Allegri, che nella sua prima avventura in bianconero è diventato l’allenatore juventino più vincente di tutti. 

L’inizio di stagione di Federico Dimarco è stato protagonista di un buon inizio di stagione che gli è valso la prima chiamata azzurra e una marea di contenuti dedicati sui social, dove spesso e volentieri la gente storpia il suo nome. Quello stesso nome che ad Appiano Gentile girava già da un bel po’, dal lontano 2004 quando era ancora un bambino. Per gli addetti ai lavori non c’erano dubbi sul suo futuro in nerazzurro, ma va detto che di tempo ce n’è voluto forse più del previsto.

Dalla debacle di Bergamo ad oggi, il Milan di Stefano Pioli rappresenta la squadra più maturata e cresciuta dell’intera Serie A. Ripercorrere i ventidue mesi intercorsi tra Atalanta-Milan del Dicembre 2019, il punto più basso della storia recente rossonera, e Atalanta-Milan 2-3 della stagione in corso, forse apice della risalita ai vertici, aiuta ad apprezzare la continua trasformazione della macchina ‘piolista’.

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