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Continua la striscia di risultati utili per la Nazionale, ma niente spremuta d’Orange: questa volta l’Olanda di Frank de Boer si rivela un fuori menù per l’Italia di Mancini. Al Gewiss Stadium finisce 1-1 con le reti di Lorenzo Pellegrini e Donny van de Beek. Ne approfitta la Polonia che scavalca gli azzurri e guida il gruppo A1 di UEFA Nations League.

Il protagonista di questo pezzo è alto a malapena 170 centimetri e balla con la numero 10 sulle spalle ma no, non è Lionel Messi. Eppure ha estro, classe, tecnica, rapidità d’esecuzione e tra le tantissime frecce al suo arco vanno segnalate l’umiltà e la fedeltà, valori che fanno di lui un’icona. Signore e signori, oggi si parla di Antonio Di Natale, il Totò di Udine.

Prendete la storia longobarda, così ricca di trame amorose ed al contempo immerse negli annali della cronaca nera antica. Aggiungete edifici che trasportano nei secoli tradizioni antiche, dal Medioevo all’epoca della Rivoluzione Francese; e poi lo sport, tra motori, rotelle e, finalmente, il calcio. Benvenuti a Monza.

C’era una volta un bambino che non voleva diventare adulto. Per scappare dalle responsabilità troppo serie fuggì da casa e volò via. Aveva degli amici, e con loro andò lontano, fino a un posto strano e pieno di contraddizioni. Un posto che non sembra esistere davvero, o che in realtà esisteva solo nella sua mente, come un’isola che in realtà non c’è. Il volo di Antonio Cassano arrivò molto presto, quando ancora non era entrato nel suo mondo, fatto di ossimori viventi e antipodi sempre più distanti.

Una versione piuttosto accreditata riguardo l’origine dei piani di sviluppo del calcio in Cina affianca due nomi apparentemente distanti tra loro e senza il benché minimo punto di contatto. Stiamo parlando di Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista Cinese e Presidente della Repubblica popolare cinese, e Totò Schillaci, attaccante che raggiunse l’apice in carriera durante le notti magiche di Italia ’90. È sufficiente una ricerca sul web per vederla ripresa da più fonti e raccontata grosso modo allo stesso modo. E non vogliamo certo sottrarci. Il nesso è presto spiegato.

Dietro ai grandi progressi e ai recenti successi della nazionale ucraina c’è la mano di Andriy Shevchenko. Un ottimo inizio di carriera manageriale per chi l’Olimpo del calcio se l’è già conquistato indossando gli scarpini. Chi ha avuto la fortuna di vederlo in azione lo sa: guai a concedergli quel metro di troppo, era letale da ogni posizione e non c’era differenza tra sinistro e destro.

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