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CALCIO ESTERO

Il modello Sérgio Conceição

Dopo la gloria del 2004 in Champions League, il Porto e tutto il calcio portoghese hanno attraversato un periodo difficile che ha condotto il paese lusitano ad una crisi di risultati e identità a livello continentale. E se l’Europa League nel 2011 (con tre squadre portoghesi nelle ultime quattro, vinta poi dal Porto) e l’Europeo vinto nel 2016 avevano ridato vigore e forza a tutto il movimento, i club apparivano ancora in difficoltà nell’assimilare e adattarsi ai cambiamenti del calcio europeo dal punto di vista strutturale ed economico. Almeno sino all’arrivo di Sérgio Conceição sulla panchina dei Dragões nel 2017: una scelta che ha riportato lustro al club rendendolo, ad oggi, una costante mina vagante in Champions League ed una società modello nel ricostruirsi ogni anno andando a cercare linfa nuova con astuzia e formazione. 

Un’era di “soli” quattro anni

Potrebbe risultare azzardato e alquanto esagerato definire quattro anni come un’era, anche se nel calcio, soprattutto per gli allenatori, si tratti ormai di periodi lunghi ed estenuanti fatti di costanti valutazioni e messe in discussione. Nel caso di Conceição la parola è quanto mai azzeccata, per due motivi: il primo è che il nativo di Coimbra, con un passato da centrocampista nel club e tanti anni all’estero, tra cui l’Italia, faceva il suo ritorno da allenatore per placare un digiuno di titoli nazionali fatto di quattro stagioni in cui i Dragões avevano ottenuto solo una supercoppa nazionale. Una sorta di comeback alla Béla Guttmann dei giorni nostri. Il secondo è che in questi quattro anni e mezzo dal suo arrivo nel 2017, l’ex Lazio e Inter ha avuto la capacità di rimettere a posto la squadra dal punto di vista tattico e motivazionale da un lato, ma anche calcistico e societario dall’altro, altalenando un mercato oculato, ottime vendite ed aggiunte importanti dai settori giovanili.

Conceição
Il Porto festeggia il campionato 2018. (Foto di Octavio Passos/Getty Images – One Football)

Nel periodo Conceição il Porto ha acquisito uno stile predefinito, una base di gioco diventata il mix delle sue esperienze precedenti, gettando le fondamenta per quelli che sarebbero stati gli anni a venire sia in campionato – vinto già dal primo anno – che in Champions League. Importante soffermarsi su quest’ultima: nonostante Conceição arrivasse da società non abituate alle competizioni europee come Nantes o Vitoria Guimaraes, il primo anno regalò sì dolori ma anche emozioni nuove per i tifosi biancoblu, con la netta sensazione di potersela di nuovo giocare con chiunque. Il Porto uscirà agli ottavi di finale in una piovosa e storica serata al do Dragão in cui il Liverpool di Klopp trionferà per 0-5 dopo la sofferta andata di Anfield, un match in cui i lusitani non avevano demeritato andando a pareggiare a reti inviolate (0-0 il 6 Marzo 2018, ndr).

Proprio in terra anglosassone si intravidero i primi sprazzi di una squadra arcigna in difesa ma brava e qualitativamente preparata a ripartire mettendo in difficoltà gli avversari, con un 4-4-2 che difficilmente il nativo di Coimbra abbandonerà fino ad oggi. Il campionato di quell’anno, ottenuto con facilità e distacco rispetto alle concorrenti Benfica e Sporting Lisbona, sublimò quanto di buono visto nel primo anno di gestione Conceição, permettendogli di lavorare in tutta tranquillità. 

Dalle masterclass europee ai bilanci in positivo

Il bilancio di Conceição alla testa del Porto è pressoché perfetto: 2 titoli nazionali, 2 supercoppe di Portogallo, 1 coppa di Portogallo e 2 secondi posti. In Champions League, se non fosse per la deludente stagione 2019/2020 – eliminazione al terzo turno preliminare, poi sedicesimi di Europa League – il suo è un insieme di masterclass tecnico-tattiche capaci di raggiungere spesso le migliori otto squadre del continente stendendo, in serie, la Roma negli ottavi 2019, la Juventus nel 2021, oltre ad arrivare a giocarsi la qualificazione in quello che è stato rinominato quest’anno “gruppo della morte” con Atlético Madrid, Liverpool e Milan.

A poco valgono le comparazioni che negli anni sono valse a Conceição l’appellativo di “Cholo Simeone” di Portogallo o di “più italiano degli italiani” grazie al suo spirito combattivo ed alla voglia di primeggiare sull’avversario dal punto di vista strategico prima e di gioco poi, perché Sérgio si sta rivelando un profilo moderno e funzionale impossibile da incasellare in una corrente specifica.

Conceição
Carisma e sicurezza nelle proprie idee. (Foto di Jan Kruger/Getty Images – One Football)

Se le sue squadre vengono tacciate come “catenacciare”, in questi anni hanno saputo mostrare un volto pimpante e pericoloso anche in attacco che ha reso il Porto tutto tranne che noioso o scontato: tanti atleti hanno potuto ampliare le proprie conoscenze del gioco grazie alla base che l’allenatore ha saputo imprimergli, diventando poi calciatori di livello in grandissime compagini internazionali. Ne sono un esempio i vari Alex Telles, Eder Militao, Hector Herrera, divenuti non solo profili di stampo internazionale ma vendite record per un club che in questi quattro anni, al netto dei ricavi e delle spese, è in positivo per circa 107,25 milioni di euro.

L’aspetto più strabiliante viene però nella capacità di rifondarsi e ritrovare l’equilibrio di squadra, sempre fedele ai propri crismi, anche quando gli interpreti, ed i soldi,  vista la crisi del calcio dovuta anche dalla pandemia, vengono a mancare. Quando la spinta delle vendite viene meno, il Porto decide di andare sul mercato solo in caso di necessità, andando a pescare pepite come Luis Fernando Díaz o Mehdi Taremi, dando nuova linfa ai giocatori già in rosa come accaduto con Jésus Corona, Otávio e Sergio Oliveira oppure lavorando sulla qualità del settore giovanile la cui stella attualmente è proprio il figlio 18enne Francisco Conceição.

Tutti calciatori che sposano appieno le idee dell’allenatore: gioco rapido e verticale sulle fasce, centrocampo e difesa ben solidi centralmente, attaccanti rapaci ma al tempo stesso di sacrificio. Il Porto continua ad essere un gioiellino nel funzionamento, una squadra senza troppe stelle – se non un Luis Díaz davvero pronto al grande salto – capace di dire la sua in qualsiasi situazione. Pronta a fronteggiare anche in patria il ritorno in auge dello Sporting in versione Ruben Amorim e del Benfica tornato in mano di Jorge Jesus e ricco di stelle. 

I rumors italiani

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Il pareggio contro l’Atletico Madrid, un’altra grande prova degli uomini di Conceição. (Foto di Gonzalo Arroyo Moreno/Getty Images – One Football)

Dalle dichiarazioni d’amore in un perfetto italiano che non stentano ad arrivare coi giornalisti italiani, assieme al carisma ed alla sicurezza che Conceição mostra in ogni conferenza stampa, è normale che tante società nostrane ci abbiano fatto un pensierino. Tra di esse Napoli (a maggio sembrava vicinissimo ai partenopei) ma anche Lazio ed Inter, sue ex squadre da calciatore, potevano essere vicine dal farsi avanti in un’estate che alla fine si è rivelata ricca di tran tran, ritorni ed avvicendamenti piuttosto locali.

Da una parte, Conceição avrà modo di continuare a levigare il suo diamante, togliendosi altre soddisfazioni ed evitando quello che sarebbe stato un brusco addio ed una dolorosa separazione. Dall’altra però, cresce l’attesa di poter vedere il portoghese su una panchina ancora più importante, rompendo l’equilibrio di un calcio internazionale in cui i ritorni verso il passato sono diventati una nuova moda capace di bloccare la crescita di tante nuove leve in panchina.  

Autore

Nato in Italia, girovago per studi tra Francia e Spagna, poi Argentina per passione: scrivo per amore innato verso questo sport e per la necessità di esprimermi condividendo le mie idee. Amo raccontare storie particolari e poco conosciute, da quelle legate al calcio francese o agli angoli più remoti dei confini argentini.

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