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CALCIO ITALIANO

Ma quindi, chi li vince i play-off di Serie C?

Erano le 22:25 di un normale lunedì di fine maggio e negli ambienti calcistici on-line si discuteva di un tema trito e ritrito, intriso di polemica e rancori: la penalizzazione di 10 punti subita dalla Juventus in campionato, che faceva riaffiorare i duri confronti verbali tra le tifoserie più disparate, resi ancor più acri dalla contemporanea sconfitta dei bianconeri per 4-1 sul campo dell’Empoli. In quegli stessi minuti, il gol di Ivan Kontek squarciava coscienze e cuori di moltissimi appassionati, italiani e non: con la sua ciabattata di collo esterno il difensore croato aveva consegnato al Foggia la qualificazione al 2° turno di play-off nazionali di Serie C, al culmine di una rimonta epica e storica, maturata nel quarto d’ora della sfida di ritorno contro i cugini “di provincia” dell’Audace Cerignola.

La rete del 3-0 ha fatto impazzire di gioia tutto lo “Zaccheria” e ha riportato un po’ di magia negli occhi del calciofilo italiano, oramai disilluso da un movimento la cui credibilità viene spesso minata da scandali e dietrologie di ogni tipo. La Serie C, ed in particolare gli spareggi della post-season, hanno quindi il compito di essere il locus amenus in cui gli italiani possono rifugiarsi per ritrovare un po’ più di autenticità e sana passione? Probabilmente una ricostruzione del genere sarebbe fin troppo didascalica, oltre che a dir poco miope, visto lo storico di questa categoria; ma tra squadre in rampa di lancio, nobili decadute, giovani interessanti e anche qualche guaio giudiziario c’è tanto di cui parlare.

Erano partite in 27, ora sono rimaste solo 8 squadre a contendersi l’ultimo dei 4 posti che consegnano il biglietto per salpare in Serie B. Dalle tre seconde classificate al Vicenza, 7° in regular season ma vincitore della Coppa Italia Serie C, hanno tutte chances di ritrovare la Serie B (ognuna di esse ci ha militato nella propria storia). Ma come ci arrivano? Chi è la favorita, e chi può essere il dark horse?

Prima di addentrarsi nei dettagli, alcuni chiarimenti regolamentari. I quarti si giocheranno in gare di andata e ritorno, quest’ultimo sul campo delle quattro teste di serie (Cesena, Crotone, Virtus Entella e Pordenone) le quali hanno anche 2 risultati su 3 nella doppia sfida per passare al turno successivo; dalle semifinali (già sorteggiato il tabellone con cui le squadre si affronteranno) decàde quest’ultimo privilegio, con la disputa di eventuali tempi supplementari e calci di rigore in caso di pareggio al termine dei 180 minuti.

Serie C
Il tabellone della Final Eight dei play-off di Serie C. Fonte: Facebook Lega Pro

Logica vuole che le seconde classificate, per i valori mostrati lungo le 38 partite stagionali, siano le favorite d’obbligo. Questo è vero per 2 squadre su 3, le quali hanno disputato campionati egregi che in altre annate sarebbero valsi la promozione diretta, ma non per una di queste. Ma andiamo con ordine, partendo dall’alto e quindi dalla seconda classificata del girone A: il Pordenone di Mimmo Di Carlo. L’allenatore ex Chievo, reduce da un deludente biennio a Vicenza, aveva sottoscritto con i ramarri un contratto biennale nella scorsa estate, prima di essere esonerato al termine del 30° turno: al suo posto Mirko Stefani, durato la bellezza di 6 partite. Dietrofront e ritorno del coach laziale, che ha diretto la squadra nelle ultime due sfide di campionato e adesso riparte da qui per tentare l’assalto alla B. I neroverdi, tuttavia, iniziano questi play-off con una spada di Damocle sulla testa: nella giornata di mercoledì il Tribunale di Pordenone ha presentato istanza di fallimento nei confronti della società, che paga il triennio in B, foriero di una serie di costi difficili da assimilare per un club con scarsa affluenza allo stadio e un bacino d’utenza limitato. I numeri sono impietosi: perdita di esercizio di 6,75 milioni di euro nel bilancio 2022, patrimonio netto in rosso di 1,3 milioni e debito verso il Fisco ed Enti previdenziali di 7,7 milioni. Le risposte che arrivano dal campo non sono rassicuranti: il Pordenone si è guadagnato il secondo posto con 62 punti, molti di meno delle omologhe Cesena e Crotone. I friulani si schierano con un 4-3-1-2 in cui la spina dorsale formata dal difensore Arlind Ajeti, dal regista di culto Burrai, dal trequartista Dubickas e dalla seconda punta Candellone rappresenta quanto di meglio questa squadra possa offrire, assieme alle mezzali Pinato e Zammarini, cuore di questa squadra con inserimenti e qualità. Il Pordenone, all’ingresso nella mattanza play-off, affronterà il Lecco: non solo le due squadre militano nello stesso girone, ma hanno anche terminato il campionato con gli stessi punti in classifica. Tra le due, la discriminante per la posizione più favorevole in classifica è stata data dagli scontri diretti: 5-0 all’andata per il Pordenone, 0-0 al ritorno giocatosi a marzo, in una gara piuttosto equilibrata ma con un Pordenone in crescendo nell’ultima parte di incontro.

A Lecco la B manca esattamente da 50 anni, ma i lombardi arrivano a questa fase senza troppe pretese: dopo un inizio di campionato con Alessio Tacchinardi in panchina, è arrivato mister Luciano Foschi a dare ordine e prospettive a questa squadra. Merito suo l’esplosione di Nicolò Buso, folletto classe 2000 bravo nello stretto che assieme a Pinzauti fa coppia nel 3-5-2 adottato dai blucelesti. Tra le altre armi di questa squadra, l’esterno sinistro di piede destro Zambataro (3 gol e 5 assist per lui grazie ad uno strapotere atletico con cui fa la differenza) e il regista scuola Cremonese Stefano Girelli.

La vincente di questo scontro affronterà la vincente tra Cesena e Vicenza, la sfida con più blasone e fascino del lotto. Il ruolo della favorita lo gioca il Cesena, anche se con un grosso asterisco. I romagnoli, allenati da uno specialista delle promozioni in B come Mimmo Toscano, possono vantare una rosa dalle infinite risorse. La società e la piazza guardano a questi play-off come l’apoteosi di un progetto quinquennale partito nel 2018 dalla D, a causa del fallimento, e proseguito con una graduale crescita, che ha avuto come step fondamentale l’acquisizione da parte di Robert Lewis e John Aiello, imprenditori statunitensi operanti nella branca finanziaria del private equity. I romagnoli hanno sfiorato la vittoria del campionato dopo un’estenuante corsa a tre con Reggiana ed Entella, chiudendo la stagione con 79 punti a -2 dai cugini trionfanti. In estate i bianconeri hanno formato una rosa con due potenziali undici da promozione, che si sistema in campo con un 3-4-1-2 quadrato ma non arido: gran merito della solidità difensiva (24 gol subiti, miglior difesa del girone B) va al duo Silvestri-Prestia, unica coppia centrale di cugini del calcio professionistico italiano, ma anche al regista difensivo Ciofi. A centrocampo Toscano può contare sull’affidabilità di Ciccio De Rose, suo conterraneo e fedelissimo dai tempi della Reggina, sulla fisicità di Saber Hraiech e sulla versatilità di Manolo Adamo: ruolo esterno destro, professione tuttofare con continue sovrapposizioni e dribbling, senza mancare in fase difensiva con diligenza. In attacco, poi, fa ancor più impressione partire dalla panchina per descrivere il potenziale di questa squadra: Alexis Ferrante, attaccante da doppia cifra fissa a stagione quest’anno relegato al ruolo di riserva (nemmeno tanto di lusso a dirla tutta), King Udoh, reduce da una stagione prodigiosa ad Olbia prima dell’approdo in Romagna, e Christian Shpendi, il gemello meno reclamato, giocatore che svaria molto sul fronte offensivo. A proposito di quello più reclamato, Stiven Shpendi: 12 gol da attaccante d’area di rigore (con qualche rete di pregio) e tanto interesse da club di serie superiore. Avrà imparato tanto dal compagno di reparto Simone Corazza, che di gol ne ha messi a segno 18 in ogni modo; in C è una garanzia. Salterà l’andata per un’ingenua squalifica. L’asterisco, ovviamente, riguarda la situazione extra-campo dovuta all’alluvione in Romagna: gli ultras non partiranno per Vicenza e, anche se la routine di Calderoni (altro elemento fondamentale vista la sua esperienza in A) e compagni non è stata stravolta, difficile che l’umore possa essere dei migliori. Di fronte non si troveranno una vittima sacrificale, tutt’altro: il Vicenza ha vissuto una stagione ricca di psicodrammi e dall’umore squilibrato, ma al suo arco può scorrere fin troppe frecce. Mister Dan Thomassen (danese di nascita ma veneto acquisito, sposato con la sorella di Daniele Gastaldello), terzo allenatore stagionale (promosso dalla Primavera) dopo gli esoneri di Francesco Baldini e Modesto, potrà contare innanzitutto su un Franco Loco Ferrari nella miglior stagione della sua carriera (19 gol), ma anche due trequartisti come Stoppa e Dalmonte: il primo è un classe 2000 bravissimo nello stretto e con un tiro chirurgico; il secondo (grande ex di turno) è un ’97 mancino dribblomane con soluzioni a volte geniali a volte irritanti. Il rischio per il Vicenza è proprio quello di scoprirsi troppo: anche guardandosi alle spalle, giocatori di pregio come Kaleb Jimenez (mezzala di qualità italo-spagnola del 2002) o Freddi Greco, mezzala adattata a terzino da Thomassen, spingono il baricentro della squadra troppo in avanti. La costante della stagione biancorossa è stata proprio questa: una perfetta alternanza tra vittorie roboanti e batoste dolorose. Il tecnico danese ha contenuto solo in parte questa vena e l’ha fatto passando ad un modulo che desse riferimenti più elementari alla squadra, il 4-2-3-1. La mancanza di un centrale che dia certezze è evidente: il miglior giocatore difensivo della stagione è l’esplosivo Ierardi, appena tornato dopo 3 mesi da un infortunio al bicipite femorale. Il passaggio del turno contro la Pro Sesto è arrivato con un leggero brivido: 2-1 nella provincia milanese, 2-0 in Veneto.

L’altro lato del tabellone è quello a forte spinta meridionale. La sfida di puro marchio meridionale è quella tra Foggia e Crotone. In tutta la stagione il Foggia è sembrato Beep Beep che scappa dall’ennesima trappola che gli pone Wile E. Coyote: una squadra chiamata ogni volta ad un’impresa più grande di quel che ci si aspetta, ma che in qualche modo trova energie e modo di farcela. Non è una squadra di basso livello, tutt’altro: ma i 4 allenatori e i 3 direttori sportivi in stagione non danno l’idea di una corazzata con le idee chiare. Per di più, il gol del pareggio di Di Noia dai 35 metri contro il Potenza quasi a tempo scaduto e la rimonta fuori tempo massimo contro l’Audace succitata costituiscono elementi che farebbero pensare quasi ad un destino segnato per i rossoneri.

L’attuale timoniere dei satanelli è Delio Rossi, sedutosi sulla panchina rossonera il 2 aprile; per il riminese un ritorno nella sua seconda casa, visto che sua moglie è originaria del capoluogo dauno ed i suoi figli sono nati qui. «A Foggia ho iniziato a fare il calciatore professionista: ho ancora casa a Foggia. Sono e sarò sempre grato al Foggia» aveva detto qualche settimana prima di insediarsi sulla panchina rossonera al podcast Santo Catenaccio. Il gruppo, dicevamo, non è affatto male: la vera anima di questa squadra sta nelle due frecce del 3-5-2. A destra Alessandro Garattoni, 8 gol e 3 assist, physique du rôle da esterno atalantino per la capacità con cui riesce a chiudere le azioni sul secondo palo e alla potenza fisica con cui sovrasta gli avversari. A sinistra Pippo Costa, un passato in A alla SPAL, un mancino di qualità e tanta inventiva. È attualmente di proprietà della SPAL il guardiano dei pali, Demba Thiam: 2,02 metri di esplosività tra i pali ed interventi miracolosi, soprattutto sui tiri ravvicinati, a cui alterna qualche incertezza. Altre risorse il Foggia le trova nella mezzala Frigerio, 2001 scuola Milan le cui qualità si riflettono nel gol del provvisorio 2-0 al Cerignola (conclusione dai 22 metri all’incrocio dei pali) e dal regista Petermann, metronomo di questa squadra e generatore di occasioni a ripetizione. In avanti, Ogunseye regge la baracca nonostante le critiche: 14 reti in stagione e la pazienza di fare reparto spesso da solo, con Peralta e Schenetti trequartisti che gli gravitano attorno ma che per pedigree avrebbero potuto e dovuto dare di più finora. Wild card l’islandese Bjarkason: arrivato a gennaio dal Venezia, può fare il quinto, la mezzala ed il trequartista e ha buoni spunti, specie in conduzione.
Per il Crotone si può applicare il discorso del Cesena: un pozzo senza fondo di qualità. L’ago della bilancia è il gordito Chiricò, ala destra con spunti Robbenesques che riesce ad inventare e finalizzare quando e come vuole: 14 gol e 11 assist il suo bottino. A fargli compagnia davanti Guido Gomez (13 gol) e uno tra Pannitteri e Tribuzzi, che danno equilibrio e ripiegamenti. In inverno è arrivato anche Andrea D’Errico, mezzala tecnica che in mezzo al campo fa compagnia a Petriccione, uno dei due superstiti della A assieme all’imponente e onnipresente capitan Golemic. Mister Lamberto Zauli (arrivato a marzo in luogo di Franco Lerda) ha alternato diversi spartiti tattici, potendo sperimentare vista la situazione di classifica sicura (troppo lontano dal Catanzaro, inavvicinabile dal Pescara). Il suo impatto è stato positivo (20 punti in 11 partite) ma ora si gioca tutto.

Chi uscirà vincente dalla sfida appulo-calabra troverà di fronte a sé la vincente dello scontro tra terze classificate, Pescara-Virtus Entella. L’hype (e dunque la pressione) sta tutto dal lato del Pescara, per tanti motivi: un po’ per il prestigio e la storia della piazza, un po’ per quel Zeman che invecchia come un vino di alto pregio (secondo anno di seguito in Serie C per lui, dopo la scorsa stagione a Foggia), un po’ per una rosa di culto. Tra Rafia, Delle Monache e Lescano ognuno può scegliersi il proprio feticcio: il trequartista creativo ma mellifluo canalizzato nelle terziglie del boemo, l’esterno predestinato che è entrato in god mode all’imbocco delle partite decisive o il centravanti sfonda-porte che, dopo un periodo di screzi con tecnico (non lui, però, quello precedente) e società è tornato più forte e incazzato di prima. Accanto a loro, però, c’è tanto altro materiale da ammirare: basti pensare a Merola, figlioccio del boemo dalla scorsa stagione a Foggia ritrovato in Abruzzo dopo che a Pescara era venuto su sua indicazione, o Erdis Kraja, mezzala che in carriera ha fatto un’infinità di ruoli che ha trascinato il delfino al turno successivo con una doppietta contro la Virtus Verona di pura potenza. Zemanlandia è sempre quella, nel bene e nel male: toccherà capire se l’entusiasmo avrà la meglio sulla superficialità difensiva. In questo periodo dell’anno, non è da escludere. Ha 34 anni meno di Zeman colui che l’affronterà sulla panchina opposta: Gennaro Volpe, il quale nelle due stagioni da primo allenatore a Chiavari in Serie C ha portato a casa prima un 4° e poi un 3° posto. Il tecnico campano, da 12 anni calato nella realtà ligure tra il periodo da calciatore e quello da allenatore (prima nelle giovanili, poi dei grandi), si è affidato per una stagione e mezza al rombo di centrocampo, per poi passare ad un 3-4-1-2 più coperto. I biancocelesti possono contare sull’esperienza di capitan Chiosa e Parodi in difesa per poi scatenarsi dalla metà campo in su: in particolare, l’abbondanza da cui Volpe può attingere per i 3 slot di centrocampo tra Paolucci, Tascone, Rada, Corbari, Tenkorang e un redivivo Gaston Ramirez è un unicum per la categoria. Da segnalare in particolare Tenkorang, italo-ghanese classe 2000 che già lo scorso anno aveva fatto molto bene con il Campobasso: arrivato in prestito dalla Cremonese, si è progressivamente fatto spazio sia nella cerniera a 2 che nel ruolo alle spalle delle punte, trovando la rete 5 volte. Giocatore di grande versatilità, bravo negli inserimenti sia con che senza palla e con un ottimo stacco di testa, può fare la differenza. La coppia d’attacco Merkaj-Zamparo non si fa pregare sotto porta: 24 gol in due (più target-man l’italo albanese, più attaccante di rapina l’ex Reggiana).

Nessuna squadra è arrivata qui per caso: del resto, chi entra le porte dell’Inferno sa cosa si troverà di fronte e sa perché ci è finito. Tutte quante vogliono raggiungere la Serie B, tutte sanno che sono ad un passo, un errore, un soffio di vento da un’eliminazione rocambolesca. Razionalmente, la finale dovrebbe essere Crotone (o al limite Pescara)-Cesena, ma tutti gli esiti sono possibili. La definizione migliore di questo minitorneo del demonio l’ha data l’utente Twitter @lontra1903, che ringrazio:

Sta tutto qui.

Autore

Classe 2001. 200 partite viste dal vivo in 15 stadi diversi (and counting). Sempre alla ricerca di nuovi talenti, di storie, di personaggi ed imprese. Socio del Centro Storico Lebowski.

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