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SLIDING DOORS

Sliding Doors: Antonio Cassano

C’era una volta un bambino che non voleva diventare adulto. Per scappare dalle responsabilità troppo serie fuggì da casa e volò via. Aveva degli amici, e con loro andò lontano, fino a un posto strano e pieno di contraddizioni. Un posto che non sembra esistere davvero, o che in realtà esisteva solo nella sua mente, come un’isola che in realtà non c’è. Il volo di Antonio Cassano arrivò molto presto, quando ancora non era entrato nel suo mondo, fatto di ossimori viventi e antipodi sempre più distanti.

Questo Sliding Doors è infatti uno dei casi in cui c’è poco da raccontare prima della svolta della carriera di un giocatore. Anzi, la carriera di Antonio Cassano inizia proprio in corrispondenza della partita da titolare in Serie A. Era l’inverno del 1999 e Cassano era ancora un ragazzetto sgrammaticato barese che sapeva giocare a calcio. Niente di più. Dopo quel Bari-Inter e il suo incredibile gol della vittoria, la sua carriera è svoltata. Anzi, la sua intera vita.

In un’intervista dichiarò infatti:

Se quel Bari-Inter non ci fosse stato sarei diventato un rapinatore.

Da allora si aprì un’avventura di alti e bassi, il contrasto vivente tra un talento indiscutibile e un carattere troppo irascibile e spesso poco educato. Niente, però, sarebbe successo senza quella partita di fine secolo: ecco lo Sliding Doors di Antonio Cassano.

Dai sobborghi di Bari Vecchia

L’11 luglio 1982 non ha bisogno di molte spiegazioni. L’urlo di Tardelli, la coppa alzata al cielo di Zoff, l’Italia che festeggia il suo oro mondiale. Dopo circa 24 ore dalla sera dei miracoli italiana, viene al mondo Antonio Cassano, nel centro di Bari, nel quartiere storico di Bari Vecchia, la porzione più antica del capoluogo pugliese spesso contrapposta alla città nuova di più recente costruzione: era destino che il calcio dovesse scorrere nelle vene di Cassano. Quando suo padre abbandonò lui e la sua famiglia, infatti, Antonio crebbe in un contesto difficile, e lo sport lo aiutò ad uscire dagli ambienti malavitosi dove si era fatto alcune amicizie poco raccomandabili.

Quello della Pro Inter fu il primo campetto dove Cassano dette i primi calci al pallone; nonostante le sue discrete prestazioni, però, non fu molto fortunato con i numerosi provini che affrontò. Il Casarano, società di una cittadina in provincia di Lecce, lo scartò per primo. Alla scia negativa si aggiunsero – ironia della sorte – Parma e (con ben due provini) Inter.

La sua fortuna arrivò soltanto quando fu notato dagli osservatori del Bari, che presto riuscirono a inserirlo nella Primavera della società, forse la prima parvenza di stabilità che ebbe nella sua vita. In quel periodo Cassano non era infatti una cima a scuola. Era stato bocciato già sei volte e solo poco dopo essere stato ingaggiato nel Bari prese la licenzia media serale. “Praticamente me la regalarono“, confessò più tardi.

L’esordio arrivò contro il Lecce a dicembre, ma la sua prima partita da titolare fu quella contro l’Inter, quando l’allenatore Eugenio Fascetti fu costretto a schierarlo perché l’attaccante titolare era infortunato.

Antonio Cassano in Bari-Reggina, 21 gennaio 2001 (Foto: Grazia Neri/Allsport – OneFootball)

Sliding doors

Diciassette anni e la capacità di far partire un “oh” di sorpresa nel pubblico, nei compagni e negli avversari. Cassano gioca alla Baggio, si prende la scena e fa capire al mondo del calcio che su di lui si può credere. La meravigliosa azione da gol arriva al 43′ della ripresa, quando l’attaccante disegna una magia con i piedi e con la testa. Ma andiamo con ordine, poiché è giusto andare nel dettaglio di quella sera del 18 dicembre 1999, il giorno in cui questo sport accolse a braccia aperte Antonio Cassano.

L’Inter che arriva quel giorno d’inverno a Bari, è una squadra solida e fresca di nuovi giocatori. Marcello Lippi approda al San Nicola, tra gli altri, con Roberto Baggio, Bobo Vieri, Angelo Peruzzi, Christian Panucci. I nerazzurri giungono con lo status della squadra da battere, armati di difesa e attacco solidi per superare Lazio e Juventus, con le quali si stanno contendendo la pole position in campionato.

Il Bari, d’altro canto, parte svantaggiato. Nella vigilia della partita i pugliesi devono rinunciare ai due attaccanti infortunati Yksel Osmanovski e Phil Masinga, mancanze che sembrano già far pendere la bilancia della vittoria verso i milanesi. L’allenatore Eugenio Fascetti deve quindi trovare i due sostituti per la morsa d’attacco, e ricade su due giovani ragazzi, fino ad allora piuttosto sconosciuti.

Uno di loro si chiama Ugochukwu Michael Enyinnaya, è nigeriano e ha 18 anni e mezzo: prima dell’Inter era soltanto comparso con il Torino qualche giornata prima, dove giocò però solo qualche minuto. L’altro si chiama Antonio Cassano, è di Bari e gioca nella Primavera. Ha 17 anni e prima aveva giocato in Serie A soltanto contro il Lecce, nel derby pugliese.

In sette minuti, Enyiannaya fa capire di che pasta è fatto. Con un siluro dalla trequarti la sfera finisce all’incrocio dei pali: il tiro è imprendibile, e il golazo fa balzare i presenti. Bobo Vieri si fa però trovare pronto sotto porta, pareggia dopo pochi minuti e riapre la partita con carattere. Nonostante il contraccolpo, il Bari non si fa scoraggiare e, cinico, tiene botta ai nerazzurri, che quasi subiscono una seconda rete sempre dal nigeriano.

Tutto, però, è concentrato in quel minuto 43 del secondo tempo. A Cassano viene recapitato un lancio lungo, che il giovane diciassettenne blocca niente di meno che con il tacco dietro di sé. Fa poi scivolare la palla sulla testa e se la porta avanti, dove finalmente può scartare due difensori e tirare raso terra spiazzando il portiere.

Ed ecco che tutto intorno diventa buio. Un fascio di luce illumina il giocatore barese, che nella sua Bari, nel San Nicola, con la maglia della squadra locale segna il gol della vita. L’azione risulta quasi naturale e Cassano è l’eroe della giornata. La partita non sarà ormai ricordata come un innocuo Bari-Inter del ’99, finito poi 2-1 per i pugliesi, ma sarà ricordata come la partita di Antonio Cassano. Il giorno in cui il 17enne partito da Bari Vecchia entrò di diritto nel pianeta del calcio.

E dopo?

Adesso che succede dopo questa rete? Non succede niente: come ero, sarò.

Nella prima importante intervista post-partita, Antonio Cassano è ancora ingenuo, incredulo. “Mi sembra di sognare”, dice. Ma aveva ragione: come era, sarà. Nelle due stagioni al Bari colleziona in totale 48 presenze e 6 reti, ma era scritto che il suo destino non dovesse continuare per sempre a Bari. A volerlo c’è la Juventus, ma nell’estate del 2001 la lunga trattativa con i bianconeri svanisce e lascia il posto ai 60 miliardi di lire pagate dalla Roma per acquistarlo.

Il Cassano giallorosso è un giocatore più modesto, ma che fa il suo esordendo anche in Champions League e in Coppa UEFA. La pecca che inizia a guastare il suo talento è, però, il carattere fumantino. Il rapporto con la società capitolina si logora quando rifiutò una prima volta il rinnovo a 3,2 milioni di euro annui. Più tardi tuttavia, nella biografia pubblicata grazie a Pierluigi Pardo con il nome di “Dico tutto”, Cassano spiegherà la rottura dell’amicizia con Totti e le notti passate con donne sempre diverse a Trigoria. Dettagli che a distanza di anni (la biografia è uscita nel 2008) fanno ancora più luce sui rapporti oltre il campo e sul suo comportamento. 

I cinque anni di Roma lo portano in Spagna, con il Real Madrid lo acquista nel gennaio 2006 per 5 milioni di euro. Lo chiamavano “El Gordito“, che significa il grassottello, ed i chili di troppo furono anche motivo di parodia da parte di un comico spagnolo. A fargli ritrovare la forma fu poi Fabio Capello, che già lo aveva allenato alla Roma, ma anche con lui non mancarono litigi e dissonanze. L’esperienza spagnola finì così, con lo scudetto del 2006-2007 vinto ma non da protagonista, con 7 presenze e un solo gol.

Genio e sregolatezza: Fantantonio

Gli anni migliori arrivano con il passaggio alla Sampdoria. Nel 2007, i blucerchiati accolgono di nuovo Cassano in Italia, e lo fanno accordando un prestito gratuito a 5 milioni e mezzo, per poi giungere dopo un anno all’accordo per il passaggio definitivo. Da quella stagione Antonio Cassano è diventato la Samp, e per i tre anni successivi l’attaccante fu protagonista assoluto della rosa formando un’ottima coppia offensiva insieme a Giampaolo Pazzini. Due gemelli del gol sulle orme di Vialli e Mancini.

Cassano è un fantasista forte dal punto di vista fisico; il suo ruolo non è limitato al centravanti ma è piuttosto malleabile al di là della trequarti. Il suo marchio di fabbrica è il controllo palla, che già nella partita contro l’Inter a Bari aveva presentato agli spalti del calcio. La Sampdoria, grazie alla coppia gol, inizia a salire in classifica e nel 2010 si classifica quarta e va a giocare i preliminari di Champions (poi persi contro il Werder Brema).

Giampaolo Pezzini, Luigi del Neri e Antonio Cassano festeggiano il quarto posto e l’accesso alla Champions League, 16 maggio 2010 (Foto: Massimo Cebrelli/Getty Images – OneFootball)

Tutto bellissimo se non, ancora una volta, per il suo comportamento. Una “cassanata” delle tante. E questa volta si arriva anche ad una seduta in tribunale. “Comportamento gravemente offensivo e irrispettoso”: questa l’accusa che lo ha fatto mettere fuori rosa durante la stagione 2010-2011. E questo il motivo dello scontro in tribunale contro il presidente sampdoriano Riccardo Garrone, appellatosi al collegio arbitrale per far sanzionare il giocatore. Anche se finisce con (soltanto) la sospensione degli allenamenti e di parte dello stipendio, la cattiva condotta cozza con le prestazioni in campo, tanto da offuscarle e da far scendere su di lui una nuvola nera che ormai non lo abbandona più.

Cassano è comunque Fantantonio, soprannome datogli da Capello per il personale approccio con il pallone, trascinato come un giocattolo incollato al piede. Le azioni incredibili sotto porta e la capacità tanto di dribbling che di assist fanno di lui un impeto elegante: aveva tutto, ma non sapeva lasciarlo incontaminato. Il contratto con la Sampdoria si stralciò e la società ligure, Cassano stesso ed il Milan si accordarono per dare in equa parte i 5 milioni di euro al Real Madrid, secondo una clausola del passaggio dalla squadra spagnola alla Serie A.

Al Milan prima e all’Inter poi Cassano fa il Cassano: gioca quasi sempre e trova l’intesa con i compagni. Le due stagioni successive al Parma vanno altrettanto bene, se non meglio, ma anche questa volta finisce con qualche scontro: l’attaccante dichiarerà infatti di non aver ricevuto lo stipendio di qualche mese dalla società emiliana, sull’orlo del fallimento. L’anno prima aveva salutato la Nazionale con i Mondiali del 2014, anche se con poca incisività.

Antonio Cassano in Parma-Milan, 14 settembre 2014 (Foto: Valerio Pennicino/Getty Images – OneFootball)

Peter Pan

Il passaggio per la seconda volta alla Sampdoria fu accolto con molto entusiasmo dalla tifoseria blucerchiata. Il ritorno di Fantantonio nelle milizie della società di Ferrero fece infatti impennare le vendite degli abbonamenti, conseguenza di una rinnovata passione nei confronti del ragazzo maledetto che ridonò il sogno europeo alla città intera quattro anni prima.

Antonio Cassano in Sampdoria-Juventus, 10 gennaio 2016 (Foto: Marco Luzzani/Getty Images – OneFootball)

Dopo un anno, però, il presidente lo etichetta come “fuori rosa” ed è pronto a cederlo, ma Cassano non molla e non accetta nessuna proposta. Su di lui incombe un imminente e scontato addio al calcio, ma Antonio non ce la fa ancora a lasciare il prato verde. Dopo spiacevoli dibattiti, Cassano ottiene il permesso di allenarsi con la Primavera, per poi, nel gennaio del 2017 lasciare definitivamente Genova.

Sembra davvero il momento di appendere i tacchetti al chiodo. Ma nell’estate arriva la notizia: Cassano al Verona. Bastano pochi giorni e fa dietrofront, sembra voglia smettere davvero. Qualche ora e cambia idea, vuole giocare. Invece no: già prima di agosto rescinde il contratto con la società scaligera. Arrivano alcune offerte, anche dal Monza di Berlusconi, ma alla fine il club scelto è l’Entella, retrocesso in serie C. Torna finalmente ad allenarsi, ma per poco: dopo 5 giorni lascia ufficialmente il calcio giocato, a più di due anni dall’ultima partita giocata.

Un estenuante attaccamento al gioco, alle sfide e all’ego. Una carriera piena di ossimori e una maturità caratteriale quasi mai raggiunta. È sempre stato così, come testimoniano le sue parole:

Voglio essere me stesso. E me stesso non cresce mai. Voglio essere Peter Pan per sempre.

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