Il 20 aprile del 2010 è una data simbolo per tutti i tifosi interisti. Quella sera di primavera, infatti, è ricordata per l’impresa a dir poco titanica che i ragazzi di Mourinho realizzarono a San Siro. Era la partita di andata della semifinale di Champions League e i nerazzurri sconfissero per 3-1 i mostri sacri del calcio europeo, il Barcellona di Pep Guardiola. In quella melodia europea con la chiave di violino puntata sul Meazza, però, una nota stonata colpì l’atmosfera. Si tratta della sfuriata di Mario Balotelli, la sua prima grande balotellata, l’incipit della sua storia di “cattivo ragazzo“.
Si legga bene tra le righe: la nota stonata di quella sera fu soltanto un episodio a fine partita. Troppo poco per oscurare l’impresa del Biscione. L’Inter di Mou e dei talenti della rosa, da Julio Cesar e Sneijder, da Eto’o a Diego Milito, andava ormai per la sua rotta verso la finale di Madrid. In quel contesto, ciò che emerse fu la poca maturità caratteriale di un giocatore come Mario Balotelli, rinforzata in futuro anche in altre occasioni simili. La sera di aprile fu solo una reazione esagerata a quello che stava succedendo sugli spalti, ma anche l’inizio di una condanna perenne al carattere del giocatore: lo Sliding Doors di Mario Balotelli.
La genesi di Balotelli, tra Palermo e Brescia
Come in tutte le storie è importante capire le radici del protagonista. Quelle di Mario Balotelli sono interrate a Palermo, quando nel 1990 venne alla luce dai genitori immigrati ghanesi. Già poco dopo la sua nascita, però, i genitori si trasferirono a Brescia per cercare lavoro, ma le condizioni economiche rimasero comunque gravi. Mario da piccolo soffriva anche di problemi intestinali ed è stato sottoposto ad interventi chirurgici, gravando quindi sulla situazione familiare.
Mamma e papà, perciò, non riuscendo a sostenere le spese per crescere il piccolo Mario, chiesero aiuto ai servizi sociali, che decisero per l’affido familiare. Nel 1993 sarà affidato alla famiglia Balotelli, anche se all’inizio continuava a frequentare i Barwuah, i suoi genitori naturali.
A otto anni Mario Balotelli è uno sportivo praticamente completo: oltre a frequentare gli scout, infatti, fa anche karate, atletica, nuoto, judo e basket. Solo dopo incontrerà il calcio. Già in quegli anni stava però emergendo il lato fumantino del suo carattere: sia la società U.S.O. San Bartolomeo che la squadra parrocchiale di Mompiano, richiamarono la famiglia per segnalare problemi disciplinari del ragazzo già a quell’età e dopo qualche problematica sarà poi il Lumezzane, un club in provincia di Brescia, ad accoglierlo in rosa. Qui esordirà in C1 non ancora sedicenne, fino a quando, una volta saltato un accordo con la Fiorentina, si trasferì in prestito all’Inter.
L’Inter e i primi insulti razzisti
Partendo dalle giovanili dell’Inter e vincendo da protagonista il Torneo di Viareggio, nel 2007 Mario Balotelli passò già in prima squadra. A 17 anni esordì in Serie A contro il Cagliari e il 19 dicembre segnò la sua prima doppietta contro la Reggina in Coppa Italia. Partì quindi con grinta e qualità la sua esperienza nelle massime serie del calcio italiano: durante la sua prima stagione, infatti, venne idolatrato dai tifosi, festeggiato e sostenuto anche dal coro “Se saltelli, segna Balotelli“. La scia positiva continuò anche dopo l’addio di Roberto Mancini e l’arrivo di José Mourinho, con cui vinse da protagonista la Supercoppa Italiana.
Nella stagione 2008/2009, Mario Balotelli viene sanzionato per aver rivolto gesti offensivi a Panucci, e dimostrando spesso un carattere poco rispettoso nei confronti degli avversari, iniziò ad attirarsi contro qualche polemica. Nell’opinione pubblica iniziarono a prendere campo critiche per la sua cattiva disciplina, che però spesso erano accompagnate da insulti sgradevoli per il colore della sua pelle.
Durante la partita contro la Juventus, per esempio, alcuni tifosi bianconeri rivolsero all’attaccante cori razzisti, tanto che la FICG modificherà in seguito il regolamento, dando all’arbitro la possibilità di sospendere la partita in caso di atteggiamenti razzisti da parte del pubblico. Balotelli comunque continuò a migliorare e finì la stagione con otto reti, mentre l’Inter festeggiava il quarto scudetto consecutivo.
L’anno successivo iniziò bene per Balotellli, che continuava ad essere decisivo, oltre che in campionato, anche in Champions League. Soprattutto nell’ultima partita del girone contro il Rubin Kazan, Mario segnò un potente gol da punizione da oltre 30 metri, sancendo il decisivo 2-0. Tornerà poi in campo nel ritorno dei quarti di finale, dopo la mancata convocazione in alcune partite. Fino a quando giocherà per un quarto d’ora la semifinale contro il Barcellona.
Lo Sliding Doors di Mario Balotelli
Si arriva così alla serata di San Siro.
Negli undici schierati da Mourinho non c’è Balotelli. A supportare Milito davanti si trova infatti il trio composto da Pandev, Sneijder ed Eto’o, con capitan Zanetti schierato a sinistra per completare la difesa. La competizione si accende subito con Ibrahimovic in maglia blaugrana che cerca la porta ma senza successo. L’Inter risponde con alcune giocate pericolose, interrotte da un presunto fuorigioco su Milito e da alcuni errori che non fanno arrivare la conclusione.
Già al 19′, però, il Barcellona va in vantaggio con Pedro. Nei venti minuti giocati la battaglia è stata quasi alla pari, ma aver subito entro la mezz’ora un gol dagli spagnoli in casa può essere di cattivo presagio. Dopo circa dieci minuti, Sneijder servito da Milito trova la porta e al Meazza si festeggia il pareggio. Sull’1-1 finisce il primo tempo e si va negli spogliatoi con un gol per parte. Mourinho dopo la ripresa non fa cambi e fa bene. Freschi e pronti, i nerazzurri trovano il vantaggio con Maicon dopo qualche minuto. Inutile sottolineare l’esplosione di gioia dello stadio stracolmo di interisti, triplicata al 61′ quando arriva anche la terza rete firmata Diego Milito.
Siamo sul 3-1 per l’Inter, che sta giocando in casa la semifinale di Champions contro Messi: anche se questa sembra una favola, tutto è tangibile. I nerazzurri stanno per portarsi via una vittoria storica e tutta l’Italia e il calcio europeo deve celebrarli per la loro prestazione. Al 75′ il Principe deve però lasciare il campo per crampi, al suo posto entra Mario Balotelli.
Presupponendo che non sia per niente facile subentrare al re indiscusso del match e della stagione dell’Inter di quell’anno, Balotelli non riesce comunque a entrare in partita. Qualche errore di troppo, come un contropiede mal gestito, gli fanno piovere addosso fischi e mugugni dai suoi tifosi. Anche Mourinho interviene e lo sgrida per la poca flemma messa in campo.
L’attaccante non gradisce. Risponde. Insulta con un labiale comprensibile i tifosi. Intanto arriva il fischio finale della partita, portata a casa con un incredibile 3-1 per i milanesi. Gli attacchi continuano e Mario Balotelli sbotta. Mentre sta uscendo dal campo infatti, si toglie la maglia e la getta a terra.
I colori nerazzurri si trovano così nei titoli dei giornali di tutta Italia, tra i festeggiamenti delle case e degli appassionati interisti, tra i seggiolini delle tribune della Scala del calcio italiana. Ma nell’altra storia, quella di Mario Balotelli, si trovano spiegazzati sulla sua maglia lasciata sola a giacere sul prato verde. Mentre lui si dirige arrabbiato verso gli spogliatoi.
Mario Balotelli bad boy
Prima il Pupi, Javier Zanetti:
Mario deve pensare a fare in campo quello che sa fare, non può permettersi comportamenti di questo genere. Deve essere intelligente e capire che i tifosi, in una partita del genere, possono essere nervosi.
Poi l’amministratore delegato nerazzurro, Ernesto Paolillo:
Il gesto di Balotelli? Pessimo, assolutamente pessimo.
Non manca José Mourinho:
Oggi in una vetrina importante come una semifinale di Champions, con gli occhi del mondo addosso, è successa una cosa brutta.
E, infine, Roberto Baggio:
Balotelli è un grande talento, ma deve cambiare atteggiamento. Comportandosi in questo modo, non attira la simpatia della gente.
Oltre ai commenti degli addetti ai lavori, anche nell’opinione pubblica, tuttavia, Balotelli iniziava ancora di più ad essere etichettato come cattivo ragazzo, viziato e permaloso.
Il gesto di lanciare la maglia della propria squadra a terra, ripugnandola e trattandola come spazzatura, può essere da una parte considerato come un gesto irruento e istantaneo. Ma inevitabilmente è anche una brutta, bruttissima istantanea. Ci sono mille modi per rispondere a un insulto, ma generalizzare tutta la squadra, interpretata dalla maglia, come qualcosa da rifiutare, soltanto per il comportamento di alcuni tifosi, è senza dubbio un simbolo di immaturità. Mario Balotelli pagherà il suo gesto e anche se in futuro ha dichiarato di essersi pentito, l’ombra del bad boy era ormai incancellabile.
Why always me?
L’Inter avrebbe poi vinto la Champions League il 22 maggio 2010. Balotelli in finale contro il Bayern Monaco non giocherà e nell’agosto lascerà l’Inter, arricchito di molti trofei. Nell’esperienza nerazzurra ha infatti collezionato tre campionati, una Coppa Italia, una Supercoppa e una Champions League.
Il futuro ha il nome di Manchester City. Qui Balotelli alterna grandissime prestazioni a brutti errori e ammonizioni. Una parte del riscatto, però, arriva in una delle sue partite più famose, il derby contro lo United, vinto dai Citizens per 6-1, con una doppietta di Mario. Al primo gol l’attaccante fa però un gesto significativo: mostra la t-shirt sotto la divisa, con la scritta “Why always me?“.
Dentro la frase ci sono mille storie. Mario Balotelli accusa infatti il pubblico e la stampa di essere accaniti contro di lui, ingiustamente. E sceglie di rispondere così alle polemiche che continuava a ricevere, cercando di ribaltare la storia e scollarsi di dosso il personaggio di ragazzo irruento, attribuendo agli altri la colpa di dipingerlo tale.
Era l’ottobre del 2011 e per tutto il campionato seguente alternò squalifiche e polemiche a ottime partite. Cercando di ripulire sempre la sua immagine, che però di tanto in tanto cadeva nelle solite balotellate, da incidenti in macchina, a multe, ad atteggiamenti troppo caldi in campo.
L’apice…
L’occasione per un suo completo riscatto fu l’Europeo del 2012. Convocato da Cesare Prandelli dopo l’esordio in maglia azzurra di due anni prima, Mario Balotelli diventa il protagonista della competizione. Indossa la maglia numero 9 e dimostra ciò che lo caratterizza, qualità che gli potrebbero permettere di diventare un calciatore completo di altissimo livello. Ha fisico, ha velocità, ha un ottimo tiro. E nonostante nel dribbling non sia pulitissimo, riesce quasi sempre a saltare l’uomo grazie alla potenza fisica.
Nella semifinale contro la Germania segna una doppietta da brividi, prima con un colpo di testa pulito su assist di Cassano e dopo con un potentissimo tiro da fuori area sull’incrocio dei pali. Si prende la scena. Si toglie la maglia, questa volta per far vedere i muscoli. È una statua, è Super Mario.
L’Italia impazzisce e su di lui si alzano moltissimo le aspettative. Il TIME gli dedica una copertina e l’anno successivo, nell’aprile del 2013, lo inserisce nella lista dei cento uomini più influenti al mondo dell’anno appena trascorso. Nell’ottobre del 2012, inoltre, era stato anche inserito tra i 23 candidati alla vittoria del Pallone d’Oro. Cesare Prandelli, dopo la prestazione contro i tedeschi, disse che la carriera di Balotelli era appena iniziata. Così, infatti, sembrava.
…e la lenta discesa
Dopo l’esperienza in Inghilterra, Mario Balotelli tornerà in Italia nel gennaio del 2013, questa volta indossando la maglia del Milan. Anche qua non mancheranno né squalifiche né purtroppo cori razzisti, che porteranno anche alla sospensione di una partita da parte dell’arbitro Rocchi. Arrivano 13 presenze e 12 gol in metà stagione, oltre ad un terzo posto che permetterà al Milan di raggiungere i preliminari di Champions. L’anno successivo ottiene il suo primato di reti in una stagione, andando in gol 14 volte.
Nell’estate del 2014 con la maglia del Liverpool stabilisce un record importante: diventerà infatti il primo calciatore italiano a segnare in Champions League con quattro squadre diverse, ovvero Inter, Manchester City, Milan e Liverpool. Successivamente, nel ritorno in prestito al Milan, anche a causa di problemi di salute, non troverà molto spazio.
Gli anni passati in Francia, nel Nizza, sono discreti, e Balotelli torna a segnare tanto, anche se nella stagione 2018-19 viene escluso dai titolari dall’allenatore Patrick Vieira, con cui in passato aveva avuto alcune discussioni. Decide quindi di passare all’Olympique Marsiglia a metà stagione, per poi tornare di nuovo in Italia. Questa volta Mario Balotelli è un altro giocatore rispetto a quello del Milan.
Torna a Brescia, ma le sue prestazioni, anche per la qualità della squadra che rimarrà sempre in zona retrocessione, sono scarse. La fine del suo rapporto con la società è turbolento. A giugno il club rescinde il contratto con un Super Mario che sembra ormai aver finito le vite, mentre lui stesso continuerà a insistere su alcune rivendicazioni economiche. Attualmente è svincolato.
Tra SuperMario e le balotellate
A influenzare la visione che il pubblico ha su Mario Balotelli è stata anche la sua disciplina fuori dal campo. Oltre agli sbuffi, le sfuriate, gli insulti e quindi le ammonizioni e le giornate di squalifica sotto i riflettori, spesso Balotelli ha riempito anche le pagine di cronaca. Le relazioni con diverse donne e la prima figlia riconosciuta dopo due anni hanno infatti contribuito alla sua cattiva immagine. Le balotellate, termine entrato nel vocabolario Treccani, erano all’ordine della settimana ai tempi di Manchester, quando il giocatore amava ostentare la sua ricchezza ed era incurante delle regole dettate dalla società.
Spesso diventato una “figurina” – anziché una figura calcistica importante come ci si poteva immaginare all’inizio della sua carriera – Balotelli ha inevitabilmente subito le critiche. L’ultima stagione in Italia è stata il baratro per la sua carriera e alcuni commenti sessisti in un programma Mediaset l’hanno di recente rimesso sotto accusa.
Del ragazzo forte, del calciatore potente e dell’attaccante grintoso capace di conquistare la scena dell’Europa, non sappiamo cosa sia rimasto. Il suo talento o anzi, le sue potenzialità, erano chiarissime. Ma dopo l’ennesima “ragazzata“, viene davvero da chiedersi: “Why always you?“.