Il sole splende con forza sull’Ellade. Brucia le ampie distese di terra e si specchia nel limpido mare azzurro che bagna le numerose coste della Grecia. Un uomo con la sua lira vaga in lungo e in largo, sono secoli ormai che erra, senza alcun bagaglio fuorché la sua preziosa lira. Milioni di vicende hanno visto i suoi occhi e narrato le sue labbra, le sue mani hanno suonato infinite volte quello strumento che porta sempre con sé. Vaga per tutta la Grecia, si ferma nei villaggi, nei paesi e nelle città e ripaga l’ospitalità che riceve raccontando storie meravigliose di dei ed eroi. Il suo nome è Orfeo e il suo canto è ispirato dai suoi genitori, il dio Apollo e la musa Calliope.
Tutto racconta Orfeo, gli amori di Zeus, la forza di Ercole, gli stratagemmi di Ulisse. Chiunque cada rapito dal suo canto, non può che ascoltare quelle vicende con la massima attenzione, chiedendosi continuamente dove sia il confine, quanto mai labile, tra finzione e realtà. Tra le tante storie che Orfeo ama narrare con la sua maestosa lira, ce n’è una cara a tutti quanti i greci, capace di risvegliare i più dolci ricordi. È la leggenda di 23 eroi, guidati da un abile condottiero in un’impresa ai limiti delle possibilità umane. Una storia che oscura il mitico viaggio di Giasone alla ricerca del vello d’oro, fa impallidire Ercole di ritorno dalla sue dodici fatiche e ridimensiona la conquista anche dell’invincibile Troia. È una vicenda in cui, ancora una volta, si perde il confine tra realtà e mito.
Vagando di casa in casa, Orfeo racconta questa storia, portavoce di un sapere profondo ed eterno. Bambini, adulti, anziani, tutti si siedono intorno al fuoco e ascoltano rapiti il suo canto, e con la mente tornano a quei giorni unici di assoluta felicità. È la storia dei 23 eroi che sotto la guida di un condottiero straniero sono partiti, senza pretese e aspettative, e sono ritornati in patria fregiati della gloria eterna, regalando una delle gioie più grandi al proprio popolo.
Il sogno viene da Zeus
Corre l’anno 2002, archiviato il controverso Mondiale nippo-coreano inizia il viaggio verso una nuova avventura. Il mirino è su Euro 2004, che si disputerà in terra portoghese. In Asia la Grecia non c’era, troppo improbo il viaggio, troppo ardua l’impresa. Il Portogallo però è vicino e un pensierino è possibile farcelo. Il girone di qualificazione non promette benissimo però. C’è la Spagna, eliminata dal recente mondiale dalla Corea del Sud, nel perfetto sequel della controversa vittoria dei padroni di casa contro l’Italia. Poi c’è l’Ucraina, che in attacco può contare su un certo Andriy Shevchenko. Poi Armenia e Irlanda del Nord, avversari passabili.
L’inizio non è di quelli incoraggianti, ma nessuna impresa inizia senza delle difficoltà. Il grande re degli achei Agamennone dovette rinviare di parecchi giorni la partenza del suo esercito per Troia, a causa dell’ira di Artemide. Poi sacrificando la propria figlia Ifigenia riuscì a placare l’ira della dea, ma per fortuna in questa storia non si è verificato alcun gesto macabro. L’inizio comunque è stato parimenti tragico. Prima la sconfitta interna con la Nazionale iberica, poi quella in Ucraina. Un doppio 2-0 che non fa presagire nulla di buono. Da quel momento però la Grecia non sbaglia nulla, le vince tutte e non solo si qualifica all’Europeo, ma lo fa arrivando davanti alla strafavorita Spagna.
Un risultato sorprendente, un monito che però nessuno seppe riconoscere. La Grecia si qualifica così ad Euro 2004, a distanza di dieci anni torna a disputare un grande torneo internazionale. L’ultima volta fu il Mondiale di USA ’94, quando gli ellenici furono eliminati ai gironi. Per dare un’idea della dimensione internazionale della Grecia, basti pensare che prima di Euro 2004, gli ellenici avevano partecipato solo al mondiale americano e all’edizione 1980 degli Europei. Poi basta, buio totale.
Un po’ a sorpresa, dunque, la Grecia si qualifica per l’Europeo. Gran parte del merito è dovuto al grande condottiero che siede sulla panchina biancazzurra, il tedesco Otto Rehhagel. Il mister è una vera e propria leggenda del calcio teutonico, da allenatore ha vinto due campionati, tre coppe nazionali e una Coppa delle Coppe col Werder Brema, un campionato col Kaiserslautern e una Coppa di Germania col Fortuna Düsseldorf. Un uomo che sa il fatto suo, uno straniero che viene accolto in terra greca e ricambia con gioiosi doni quell’ospitalità. Nel pieno rispetto della Xenia, il sacro concetto inviolabile di ospitalità che vigeva tra gli antichi greci.
Rehhagel ha quindi il compito di guidare la spedizione greca in Portogallo. Raduna 23 eroi, i calciatori più forti della Grecia. I campioni che rappresenteranno il loro popolo nella kermesse lusitana. In tal modo, si appresta a iniziare il viaggio della Nazionale greca, così albeggia una delle storie più incredibili del XXI secolo calcistico.
Fra tutti gli Achei splendettero gloriosi e chiari
Ulteriori ostacoli deve affrontare la Grecia in vista della propria avventura. Il sorteggio è complesso, nel girone con gli ellenici ci sono i padroni di casa, il Portogallo del giovane fenomeno Cristiano Ronaldo, ancora la Spagna e infine la Russia. Non sarà semplice, l’esordio sarà subito una prova del fuoco, davanti ai 50.000 del Dragao la Grecia sfiderà i lusitani. È una sorta di fallimento annunciato, la nazionale mediterranea appare come la vittima sacrificale per l’ingorda selezione lusitana.
Ma questa è una storia di miti, non dimentichiamolo mai. Sapete cosa successe a Ifigenia, la figlia di Agamennone sacrificata ad Artemide? Il grande drammaturgo Euripide racconta che, al momento dell’estremo gesto, la ragazza scomparve e venne sostituita da una cerva, un gesto di estrema pietà di Artemide che salvò Ifigenia e fece partire la flotta greca per Troia.
Un po’ allo stesso modo, la Grecia viene salvata dal sacrificio in quella partita inaugurale. Ciò che doveva essere una festa per i lusitani, diventa un’inspiegabile dramma. Dopo appena sette minuti Karagounis apre le danze, poi al 6′ del secondo tempo Basinas su rigore raddoppia. La Grecia serra le proprie fila, il Portogallo riesce a passare solo al 90′ con Ronaldo. Ma ovviamente non basta. La Grecia vince il match d’apertura di Euro 2004, il secondo monito, ancora largamente ignorato, del miracolo che sta per compiersi.
Nonostante la vittoria iniziale comunque gli ellenici vivono qualche brivido di troppo nel passare il girone. Con la Spagna arriva un punto prezioso, il match finisce 1-1 con le firme di Morientes e Charisteas. Con la Russia, ferma a zero punti dopo due giornate e fuori dai giochi, arriva una clamorosa sconfitta per 2-1. Un passo falso che poteva costare carissimo, ma che alla fine si rivela indolore. La Grecia passa al secondo posto nel girone con 4 punti guadagnati, gli stessi della Spagna ma è seconda per il maggior numero di reti fatte. Dopo il dramma coreano, le furie rosse vivono anche un’inconsolabile tragedia greca. Gli uomini di Rehhagel invece vanno avanti, per la prima volta nella loro storia superano la fase a gironi ed entrano tra le migliori 8 squadre d’Europa.
Essere arrivati ai quarti è già un traguardo storico per la Grecia e l’ennesima impresa per Otto Rehaggel. Potrebbe bastare per raccontare una buona storia, la favola di una squadra che ha battuto a sorpresa i padroni di casa e poi ha eliminato la Spagna. Una delle tante riguardanti Mondiali ed Europei, che durano il tempo di dar luce a una nuova impresa di quel calibro. Ma se così fosse, il mitico cantore Orfeo certamente non perderebbe tempo a raccontare una vicenda affascinante, ma come mille altre. Deve esserci qualcosa in più.
Infatti c’è. Ai quarti la Grecia incrocia la Francia, un altro ostacolo sulla carta insormontabile. La Nazionale transalpina viene dalla clamorosa delusione, comune a tante squadre europee, del mondiale asiatico, dove non è riuscita a passare un girone semplice con Danimarca, Senegal e Uruguay. Ma prima di quello aveva vinto l’ultima edizione degli Europei, nel 2000, e il Mondiale di casa del 1998. È una formazione formidabile, c’è poco da aggiungere. Una chimera che spaventerebbe tutti, ma non gli impavidi ellenici che superano anche la Francia con un gol di Charisteas.
Emerge da questo match un tratto distintivo che farà la fortuna della Nazionale ellenica: la difesa. La squadra di Rehhagel non prende gol, pensa più a difendersi che ad offendere e il risultato è tremendamente efficace. In semifinale va in scena un altro match bloccatissimo contro un’altra sorpresa, la Repubblica Ceca. Lo 0-0 sembra inesorabile, ma poi accade un fatto storico. È il minuto 105, calcio d’angolo per la Grecia. Dalla bandierina va Tsiartas, la traiettoria cade sul primo palo dove c’è un gigante, Traianos Dellas, che gira il pallone in rete.
La Grecia vince col silver goal, una regola adottata nel 2003 e tolta subito dopo Euro 2004, come se fosse stata messa lì solo ed esclusivamente per il successo greco. In pratica, durante i tempi supplementari, col silver goal chi segna vince, come al campetto sotto casa quando è quasi ora di cena. Due partite nella storia sono state decise col silver goal: Ajax-Grazer AK, terzo turno preliminare della Champions League 2003-2004, e appunto Grecia-Repubblica. Ecco il terzo monito, quello che fa drizzare le antenne e supporre che qualcosa di storico si sta delineando.
Così di Zeus il consiglio si compie
La Grecia arriva così in finale, contro ogni pronostico. A un passo dal traguardo, di fronte agli ellenici c’è ancora il Portogallo. La competizione si chiude proprio come si era aperta, con la stessa identica sfida. Un’armonia che avrebbe colpito gli antichi greci. Stavolta cambia lo scenario, dal Dragao di Oporto si passa al Da Luz di Lisbona, dove un popolo intero attende l’esito inevitabile. Mai nessuna squadra ospitante ha perso una finale degli Europei, per di più stavolta lo sfidante, con tutto il rispetto, pare nettamente inferiore.
Dopo il girone passato al primo posto, il Portogallo ha faticato tantissimo contro l’Inghilterra, vincendo solo ai rigori grazie all’errore decisivo di Vassell. In semifinale Ronaldo e Maniche hanno firmato il 2-1 con cui i lusitani si sono liberati dell’Olanda. Ora in finale tutto è apparecchiato per il successo. La squadra allenata da Scolari, fresco vincitore del Mondiale col Brasile, è formidabile. A far paura è soprattutto la batteria di trequartisti che supporta la punta Pauleta, formata da Cristiano Ronaldo, Deco e Figo. In panchina, giusto per far capire la potenza della squadra, c’è anche Manuel Rui Costa.
La Grecia sembra la vittima sacrificale per il tanto anticipato successo lusitano, ma ancora una volta l’epilogo è ben diverso. Gli ellenici si difendono come possono, resistono stoicamente e poi al minuto 57 il destino si compie. Basinas batte il corner, Charisteas al centro dell’area svetta, il pallone finisce in rete. In quel momento il gigante greco è Ercole sulla via dell’Olimpo, è saltato talmente in alto che probabilmente è stato proprio Zeus, trasformatosi in aria, a tenerlo sospeso in volo e a dargli la forza per spingere quel pallone in rete. Dopo il gol la Grecia torna a difendersi, il Portogallo non segna. Arriva il triplice fischio, la storia si è fatta mito.
La vittoria dell’Europeo è forse il momento più alto della recente storia della Grecia. Un evento che trascende il rettangolo verde e unisce una Nazione storicamente disomogenea. Per molti, quelli sono stati giorni gloriosi, gli unici in cui hanno sentito una vera appartenenza al popolo e alla patria. Geograficamente ed etnicamente la Grecia è stato sempre un Paese frammentato, sin dall’antichità. Il retaggio di quelle divisioni è ancora ben visibile, eppure nei giorni del successo lusitano sembrò sparire nell’ebbrezza della vittoria.
I doni degli dei nessuno può sceglierseli
Da lì in poi, come accade sempre nel mito, il crollo è continuo. In primis per il Paese, che già dal 2005 entra in una crisi economica violenta e devastante, sfociata poi nei duri anni della fame, della recessione economica e della troika. Poi anche per la Nazionale greca, che nella Confederations Cup dell’anno dopo raccoglie un solo punto e al Mondiale del 2006 nemmeno si qualifica. Gli dei dell’Olimpo si divertono sempre a privare gli uomini di ogni cosa, dopo averli aiutati nelle loro imprese. Di ritorno da vincitore da Troia, Agamennone venne ucciso da sua moglie Clitennestra e dal cugino Egisto, amante della moglie. Menelao ed Elena furono costretti ad affrontare un terribile naufragio e delle mille peripezie di Ulisse è persino superfluo parlarne.
Così la Nazionale greca e i 23 eroi del Portogallo dovettero affrontare il loro ritorno a casa senza più il favore degli dei. Nessuno tra i protagonisti di quel successo riesce a dare un seguito alla propria carriera. Zagorakis, eletto miglior giocatore del torneo, passa al Bologna, dove ottiene una pallida retrocessione, dopo la quale fa ritorno in patria. Il terzino Seitaridis, passato al Porto prima della kermesse europea, delude proprio in quella terra che gli aveva dato la gloria eterna e dopo un solo anno finisce a giocare in Russia. Il grande eroe gigante Angelos Charisteas, dopo un’altra stagione al Werder Brema inizia un lungo pellegrinaggio tra Olanda e Germania, prima di cadere anche lui nel dimenticatoio.
Che dire invece del grande condottiero. Rehhagel fallisce l’approdo al Mondiale del 2006, ma riporta la Grecia agli Europei del 2008 e ai Mondiali del 2010, uscendo entrambe le volte ai gironi. Dopo di che, ringrazia per la grande ospitalità, fa le valigie e torna in patria, alla guida dell’Hertha Berlino, con cui retrocede in Zweite.
Gli uomini ricordami, o Musa
Il destino degli eroi è quello di essere ricordati, ma per narrare le loro gesta serve un’ispirazione divina. Il più grande scrittore di tutti i tempi, Omero, nel comporre i suoi capolavori dovette invocare questo aiuto, così facciamo anche noi nel narrare le nostre storie. C’è un qualcosa di profondo in effetti nella memoria, un qualcosa viene cristallizzato e consegnato all’eternità. Viene sottratto dalla sua dimensione terrena e, in fondo, divinizzato. La memoria è ciò che spinge a realizzare le imprese come quella raccontata, di cui il calcio è un contenitore infinito. Cosa hanno vinto, in fondo, quei 23 eroi greci partiti alla volta del Portogallo? Non un semplice europeo, ma quella memoria eterna che li ha resi immortali.
Ulisse non è il suo cavallo, Achille non è il duello con Ettore, così come Teseo non è il labirinto ed Edipo non è la sfinge. Tutti questi grandi eroi non hanno compiuto le loro imprese per il risultato contingente, che sia la vittoria di una guerra o la liberazione dell’amata. Le hanno fatte per essere ricordati, per far si che poi qualcuno narrasse le loro gesta. Questo è il senso delle imprese e questo è il motivo per cui l’eroe, dopo il successo, inevitabilmente cade.
Essen è una cittadina della Germania, situata nella Renania Settentrionale. Il 9 agosto del 1938, all’alba della grande guerra preparata dal führer, proprio lì veniva al mondo l’artefice di questa impresa che abbiamo appena narrato, Otto Rehhagel. Qualche anno fa, sempre lì, è stato aperto un ristorante di cucina ellenica vicino cui è stato realizzato un altare in marmo dedicato proprio al mitico allenatore. Questo è il senso di quella straordinaria vittoria, l’essere ricordati in eterno. A discapito di ciò che è stato fatto dopo, nessun greco scorderà mai l’incornata di Charisteas, le prestazioni di Zagorakis o le corse di Seitaridis. Nessuno scorderà mai quei 23 eroi che hanno scritto una delle pagine più belle della storia del loro Paese.
Termina qui questo racconto. Ancora una volta Orfeo ha deliziato la platea con la sua musica sublime. Ancora una volta questo racconto magico ha riportato in vita le gesta indimenticabili di quegli eroi, eternizzati nell’Olimpo del calcio.