In questo particolare periodo storico, ricco di stranezze e paradossi, l’Italia calcistica può vantare la sua personalissima tragedia sportiva anche nel 2022: il mancato approdo ai mondiali della nazionale. Da buoni italiani abbiamo fatto un bel processo sul perché, anche se probabilmente è più semplice di quanto non vogliamo accettare. I problemi sistemici del nostro calcio sono un argomento da affrontare tutti i giorni, al posto delle polemiche arbitrali, anziché una volta ogni quattro anni. Comunque sia, perché non parlare di un ragazzo di chiaro talento, che ha fatto la trafila delle nazionali giovanili italiane ed è riuscito a rompere quella strana barriera invisibile che impedisce ai cosiddetti under di giocare in A?
Il ragazzo in questione, se non l’aveste capito dal titolo, è il vostro tormento giornalistico di inizio calciomercato preferito, Destiny Udogie. Terzino sinistro dell’Udinese nato a Verona da genitori nigeriani, che, grazie al suo talento, ha destato l’interesse di Juventus e Inter, compagini a cui è stato accostato insistentemente. Solo due mesi fa queste finivano il campionato rispettivamente giocando con Alex Sandro, Pellegrini e De Sciglio ad alternarsi sulla sinistra, mentre l’altra aveva fatto andare via a zero il laterale di sinistra più forte della scorsa stagione (Perisic, nda).
Ecco, Udogie lasciamolo a Udine, ancora per un po’ almeno; sì, perché la Juventus ultimamente ha qualche problema con i giovani che arrivano e spariscono (Kulusevski ne è un esempio fulgido e recente), o con altri che capiscono che quel contesto tattico e il progetto su medio-lungo termine non stiano esattamente andando nella direzione giusta, o non fanno risaltare le loro qualità (la menzione a de Ligt, in questo caso, è d’obbligo). Per l’Inter il discorso sarebbe un po’ diverso, ma partire come riserva di Gosens non sarebbe un upgrade rispetto alla titolarità all’Udinese, che, pur non giocando per lo scudetto, ha assicurato al ragazzo (vent’anni a novembre) più di 2400 minuti in Serie A questa stagione. Udogie ha giocato stabilmente in A da più giovane di giocatori molto considerati come Scamacca e Frattesi; per dare ancor più valore al quantitativo di minuti disputati in stagione, Theo Hernández ha giocato 2711 minuti questa stagione in Serie A, quindi 2400 minuti circa, non sono una quantità da far passare inosservata.
Quando pensiamo al passaggio di Udogie ad un’altra squadra, come dovremmo fare per tutti i giocatori e dovrebbero fare loro stessi (o i loro agenti per loro), bisogna tener conto del contesto tattico d’arrivo, ma anche di quello di provenienza. Per cui si deve considerare che l’Udinese è stata una delle squadre di Serie A più votate al contropiede, lasciando il possesso agli avversari e tentando di recuperare il pallone spesso non lontano dalla propria area, per poi risalire il campo in fretta. Teoricamente non qualcosa che vorrebbero fare le big di A. Il PPDA dell’Udinese ci dice che solo altre 3 squadre di A permettevano agli avversari di fare più passaggi, prima di tentare il recupero palla. L’Udinese tutto questo però l’ha fatto bene, con 47 recuperi alti del pallone che terminavano con un tiro, il quinto valore della Serie A al pari di Juventus e Sassuolo, il tutto finendo come l’ottava squadra di A per gol segnati e la nona per xG.
Sotto ci sono due grafici per cercare di visualizzare quanto detto sopra: il secondo grafico mostra quali fossero le zone in cui il possesso dell’Udinese era maggiore rispetto a quello degli avversari, in azzurro, e viceversa in rosso; possiamo dire che il dominio del possesso non era un qualcosa di fondamentale per i friulani, come si può capire dalla quantità di rosso. Per quanto riguarda invece il primo grafico, ci dice sostanzialmente con che velocità e in quanti passaggi le squadre di A cercavano di risalire il campo ad ogni possesso. In basso a destra ci sono quelle che facevano tanti passaggi e non a grande velocità (dove m/s sta per metri per secondo), di contro l’Udinese sta in quelle veloci a risalire il campo, e che lo facevano con pochi passaggi per possesso: una squadra piuttosto diretta.
La decisione sul prosieguo di carriera è quindi fondamentale, soprattutto per un giocatore giovane e in rampa di lancio, che non deve perdere i miglioramenti accumulati in questa stagione; basti pensare, per rimanere da queste parti, alla gestione di Scuffet. Se ci soffermiamo a pensare al contesto tattico in cui Udogie ha giocato in tutta la stagione, dobbiamo considerare che questo gli ha permesso di svolgere alcuni compiti più di altri e fare cose specifiche, le quali non per forza debbono sposarsi con quello che vogliono fare le squadre che lo cercano; così come non per forza il ragazzo possa essere adattabile. Questo dev’essere motivo di riflessione, perché in A ha dimostrato di starci benissimo, come diversi altri giovani. Quindi non dovremmo aspettarci da Udogie, come da qualsiasi altro calciatore, cose diverse da quelle che ha dimostrato di saper fare bene, senza che questo impedisca di continuare a migliorarsi in tutto. Udogie è lontano dall’essere un giocatore completamente formato; guardando il radar sotto, appare chiaro che non ci sia ancora un qualcosa in cui sia dominante in A.
La sua gestione palla è valida in molte situazioni; tuttavia, essendo un giocatore abbastanza coraggioso e intraprendente, non è raro che ne perda il possesso. Il suo coraggio è evidente sia quando parte in conduzione non rifiutando i tentativi di dribbling, sia quando difende; spesso infatti esce dalla linea dei difensori per aggredire gli avversari, ricerca ed usa frequentemente il corpo e il contatto fisico per tentare di imporsi sull’avversario. La sua attenzione in partita è però un qualcosa a cui fare caso. Quando la palla si trova nella sua zona è reattivo, pronto ed esplosivo; il pallone infatti attira spesso la sua attenzione, infatti, anche quando la palla si trova sul lato opposto, lo si nota guardare in direzione di essa. Facendo poco uso dello scanning è meno cosciente di cosa gli stia attorno o dietro, tende quindi a prendere a riferimento il braccetto di difesa sinistro: tutto questo fa sì che quando corre all’indietro sia esposto alla possibilità che un avversario scatti, senza che lui se ne accorga immediatamente. Per sua fortuna è dotato di un’accelerazione sopra la media, con cui riesce a ripiegare in svariate situazioni, ma su cui non può fare affidamento contro giocatori altrettanto validi in questo aspetto. La sua aggressività, inoltre, lo espone anch’essa a poter essere bruciato: se il tackle va male e il giocatore scappa, il classe 2002 rischia di rimanere indietro e regalare campo, cosa che ad esempio Felipe Anderson e Messias hanno sfruttato a loro vantaggio in questa stagione. Che sia un giocatore aggressivo è confermato dall’occhio durante le partite, ma anche i dati ci mostrano che sia un elemento che svolge tanti compiti in campo. Sotto si può vedere come in campionato sia stato uno dei difensori più attivi, non lontano da elementi quali Casale o Bremer, elementi attivi e anche aggressivi proprio come Udogie.
Una pecca per un ragazzo di 1,87 m, secondo FBREF, è la sua non notevole capacità aerea. In questa stagione non è stato un gran colpitore di testa, e sotto si vede come sia all’interno di quella massa di giocatori che non spiccano. Questa è una qualità che potrebbe e dovrebbe cercare di migliorare: la cura dei calci piazzati è sempre più maniacale nel calcio europeo, tanto che StatsBomb, azienda che fornisce i dati a FBREF e collabora con diverse squadre italiane, prepara annualmente un corso apposito su di essi. Si tratta di una mancanza curiosa, perché contro il Milan spesso si alzava sulla linea di Beto per contendere i rinvii lunghi di Silvestri ai difensori rossoneri, quindi l’indicazione di farlo non dev’essere stata presa su basi statistiche.
Sotto c’è poi un’altra visualizzazione che potrebbe essere utile a farci capire che giocatore sia. Le sue azioni difensive non mostrano delle particolari tendenze ad agire nelle zone avanzate del campo, se paragonato al compagno di squadra Molina risulta evidente. Nel grafico sotto, è calcolata la percentuale per settori di campo di tackle e pressioni che ogni giocatore ha eseguito rispetto al proprio totale, parametrandola poi alle medie dei pari ruolo negli stessi settori. Per cui, Udogie compie solo il 4% dei suoi tackle e pressioni nell’ultimo terzo di campo in più rispetto alla media dei giocatori considerati; il 2% in più nel terzo centrale e il 7% in meno in quello difensivo. La sua aggressività e le sue azioni verso la sfera sono concentrate negli ultimi due terzi di campo rispetto alla media dei pari ruolo di Serie A, mentre vicino alla sua porta è un giocatore più conservativo. Questo vale anche per il suo compagno di squadra Molina, che però lo fa in maniera più accentuata, e ancor di più per due esterni votati all’attacco quali Dumfries e Perišić (come riferimento per un possibile approdo all’Inter del numero 13 bianconero). Che Molina fosse più aggressivo di Udogie potrebbe essere una sorpresa per gli spettatori dell’Udinese. Guardando le partite dei friulani, infatti, si può notare come Udogie si trovasse spesso più alto di Molina, ma senza il pallone tra i piedi. Questo spiega i seguenti dati, in quanto le azioni di pressione e tackle vedono necessariamente la presenza del pallone.
Adesso arriviamo a uno dei punti forti di Udogie, qualcosa che se riuscirà a migliorare partita per partita potrebbe renderlo un ottimo giocatore, non solo in potenza. Basti pensare al peso che hanno le corse palla al piede che fa Theo per il Milan o quelle che ha fatto all’europeo, solo un’estate fa, Spinazzola. Abbiamo già notato come Udogie sia più abile della media in questo; infatti, realizza quasi il doppio di conduzioni che terminano in area di rigore realizza rispetto alla media dei terzini di Serie A per 90 minuti. Nell’arco della stagione da queste ha creato 18 occasioni, il che gli pone solo 58 altri giocatori di Serie A, senza limitazioni di ruolo, sopra di lui. Questa sua abilità è aiutata grazie alla combinazione di forza fisica, velocità, capacità di dribbling, e carattere. Non è raro vederlo dare il pallone e poi scattare in profondità, la tendenza a cercare di chiudere triangoli è una sua caratteristica, così come il non aver paura di correre e dribblare contro tutti. Si tratta di qualcosa da sfruttare il più possibile, perché è ciò che lo rende un giocatore pericoloso, nonostante tocchi pochissimi palloni a partita, si parla di 45 circa, di cui 41 circa senza situazioni di palla da fermo, che gli valgono solo il quattordicesimo percentile della Serie A tra i terzini, un dato bassissimo. Ciononostante ha racimolato più non-penalty xG e xAssist della media, che sono diventati poi 5 gol e 3 assist, più 2.14 azioni che terminano con un tiro per 90 minuti e 0.18 tiri per 90 minuti, si tratta del sessantaseiesimo e novantatreesimo percentile tra i terzini di Serie A rispettivamente. In basso, un altro grafico mostra che per la quantità di conduzioni che terminano in zone pericolose di campo, Udogie è già in una zona interessante: può lavorare più che bene col pallone tra i piedi.
Per tutto questo, rimanere a Udine con compagni che lo conoscono già, potendo quindi fidarsi di lui e aumentando le responsabilità che gli vengono affidate. Avere più palloni da giocare ed essere più coinvolto nella manovra può solo fargli bene, aumentando la sua influenza in campo e facendolo dunque brillare ancora di più: Udogie dovrebbe cercare questo, che sia all’Udinese o in un’altra squadra. Metterlo in condizione di fare il suo gioco può rivelarsi un ottimo asset, chiedere alla Lazio. I suoi scambi con Success nel 4-4 di inizio stagione hanno creato diversi grattacapi ai biancocelesti, in quella partita ha avuto un ruolo, anche se non di primo piano, su tre dei quattro gol dei friulani. Non possiamo augurarci di vedere un giocatore dal potenziale simile, in squadre che poi ne sprecano il talento in condizioni non ottimali o non lo fanno giocare. Si tratta di un talento che può diventare importante, ma che ha bisogno di tempo e crescita prima di salire la gradinata del calcio italiano. Avere hype per un calciatore è uno dei fattori che ci fa apprezzare il calcio, e per le big costruire le squadre quando si hanno tanti soldi rende facile accumulare il talento, ma lasciamo che questo esterno sbocci prima di vederlo soffocare nelle big solo perché è uno dei pochi giovani italiani di Serie A.