Sin dagli albori, uno degli aspetti fondamentali e più romantici del calcio sono state le maglie da gioco. Pochi centimetri di stoffa, in cui è racchiusa, però, l’essenza di una squadra: i suoi colori, lo stemma (non a caso quasi sempre all’altezza del cuore), i nomi dei campioni che la indossano. Una combinazione capace di fare breccia nella mente di ogni tifoso e rimanerci per sempre.
Con il tempo, le maglie sono anche diventate una delle maggiori fonti di guadagno per i club, che hanno cominciato a modificarle in base alle leggi imposte dal mercato e dalla concorrenza, a volte tradendo abitudini secolari, a volte creandone di nuove. Ed è qui che si inseriscono gli sponsor tecnici, ossia le collaborazioni con i grandi marchi di abbigliamento sportivo. Il loro compito è, di anno in anno, produrre kit appetibili ed innovativi, capaci di entrare nell’immaginario collettivo.
Uno dei marchi che, storicamente, hanno contribuito in larga scala alla creazione di questo immaginario è Umbro. Fondata nel 1924 a Wilmslow, dai fratelli Harold e Wallace Humphrey, l’azienda ha collaborato con gran parte dei top club, inglesi e non. Proliferando soprattutto negli anni ’80 e ’90, in cui ha spesso vestito le squadre che si sono accaparrate i trofei internazionali più ambiti.
I successi in patria
Manchester City
Partiamo da Manchester, dove Umbro ha scritto importanti pezzi di storia, sia per il City che per lo United. Gli Sky Blues hanno esposto il marchio nato nello Cheshire ininterrottamente dal 1975 al 1997, anno in cui sono passati a Kappa. Stiamo parlando, ovviamente, di un’epoca in cui la squadra era ben lontana dalle odierne potenzialità, tecniche ed economiche. Ma il fascino del club era già incontrovertibile, soprattutto grazie a uno dei connubi tra calcio e musica più famosi di sempre.
Negli anni ’90, infatti, nascono e raggiungono la fama internazionale gli Oasis, storica band composta, tra gli altri, dai fratelli Liam e Noel Gallagher, i quali non hanno mai neppure provato a nascondere la loro folle fede per i Citizens, tanto da farsi spesso fotografare con la maglia del cuore addosso. Ma quelle non furono le uniche volte in cui il marchio Umbro si è posato sul petto dei creatori di Wonderwall.
Durante uno dei loro concerti più ricordati, quello di Maine Road (ex stadio del City) del 1996, Liam salì sul palco con una felpa trovata per caso tra i camerini, da quel giorno entrata nella storia, tanto da portare ad una costante collaborazione per riprodurla, tuttora in corso tra cantante e brand.
Manchester United
Discorso completamente diverso quello riguardante i Red Devils, per i quali la partnership con Umbro ha contraddistinto uno dei periodi più vincenti di sempre. Stiamo parlando del decennio che intercorre tra il 1992 e il 2002, nel pieno della rinascita targata Sir Alex Ferguson. Dalle parti di Old Trafford transitano innumerevoli campioni, come David Beckham, Gary Neville, Roy Keane, Paul Scholes o Ryan Giggs. Ma uno di loro in particolare rivoluzionerà il concetto stesso di maglia da calcio: Sua Maestà Éric Cantona.
Il francese, idolo delle masse e campione dall’indiscutibile carisma, farà del colletto della divisa uno dei suoi tratti distintivi. Già, il colletto, ingrediente immancabile nelle casacche del secolo scorso, ora scomparso quasi completamente dai radar. Per Éric tenerlo sollevato era la prassi, per altri era solo l’ennesima ostentazione della sua arroganza. Qualunque sia la verità, quello rimane tuttora uno dei gesti più iconici mai visti su un campo da calcio. Con il benestare di Umbro, ancora una volta capace di partecipare al progresso della tradizione calcistica britannica. Senza dimenticare poi la Champions League vinta nel 1999 contro il Bayern Monaco, la prima con Sir Alex. Quella della clamorosa rimonta e dei due gol segnati in pieno recupero da Sheringham e Solskjær. Umbro c’era, così come il colletto, in quell’occasione bianco.
Liverpool
Se si parla di Champions League, non si può non menzionare allora il caso del Liverpool, che con la fornitura di Umbro ne vinse addirittura quattro. Quattro Coppe dei Campioni, se vogliamo essere precisi, perché tutto ciò accade negli anni tra il 1973 e il 1985. Alla guida c’è Bob Paisley, poi sostituito dal suo vice Joe Fagan. Neal, Kennedy, Hughes, Souness e McDermott costituiscono l’ossatura di una squadra che si dimostra infallibile su tutti i fronti. E che può contare su finalizzatori del calibro di Kenny Dalglish (il quale, prima di essere superato poco tempo fa da Dani Alves, era il calciatore con più trofei vinti nella storia) e Ian Rush (primatista assoluto dei Reds).
La squadra si aggiudica la Coppa nel 1977 (contro il Borussia Mönchengladbach), nel ’78 (con il Club Bruges) e nell’81 (Real Madrid). Fino ad arrivare al 1984, anno in cui vince allo Stadio Olimpico contro la squadra di casa, la Roma, in quella che è la prima finale decisa dai calci di rigore, passati alla storia anche per il portiere Grobbelaar che, con alcuni movimenti dinoccolati sulla linea di porta e atteggiamenti irriverenti, innervosisce i giallorossi, portando agli errori di Conti e Graziani. Nella “tasca destra in alto” sempre Umbro, che per quella stagione, dopo anni total red, aveva inserito delle strisce verticali, bianche e molto sottili, quasi impercettibili.
L’Ajax e l’eccentricità targata Umbro
Superando i confini britannici, un club che merita un discorso a parte è sicuramente l’Ajax. Perché è ad Amsterdam che Umbro, tra il 1989 e il 2000, raggiunge vette di fantasia e creatività mai viste. Con un progetto vincente naturalmente, come dimostrano i cinque campionati olandesi, le tre coppe e supercoppe dei Paesi Bassi e la Coppa UEFA del 1992. Il cerchio si chiude nel 1995, anno in cui i “Lancieri” si affermano prima a livello europeo con Champions League e Supercoppa Europea, e poi globalmente con la vittoria della Coppa Intercontinentale.
Il genio di Umbro diviene palese soprattutto nelle maglie da trasferta. Nel 1989, primo anno di collaborazione, vede la luce uno dei motivi geometrici più celebri. Lo sfondo blu, attraversato soltanto da sottili strisce, viene tagliato improvvisamente da una serie di figure (triangoli e parallelogrammi) bianche e rosse, che si estendono fino alle maniche e al retro. Al centro un rettangolo racchiude lo storico sponsor TDK. Il quale verrà presto sostituito da ABN AMRO, come testimonia la seconda maglia del 1993, in cui il nome della banca olandese viene inserito verticalmente. Questa non è l’unica particolarità: la scelta ricade infatti su colori abbastanza inusuali, quali giallo, verde e blu. Per non parlare del colletto aperto e dell’allacciatura, che rendono la maglia decisamente vintage.
L’ultima, quella del 1995, è forse la più importante, visto che l’Ajax la indossa durante la finale di Champions vinta contro il Milan. Blu notte lo sfondo (in riferimento al fiume Amstel), bordeaux il motivo dominante, costituito dalla ripetizione in serie dello stemma del club. Immancabile ancora una volta il colletto, all’esterno rivestito di un bianco che risalta nettamente nel disegno generale.
Nella stessa notte, quella di Vienna, Edwin van der Sar indossa uno dei kit più stravaganti che si siano mai visti addosso ad un portiere. Proprio vero che alla fine la fortuna premia gli audaci…
Le Nazionali vestite da Umbro
L’olandese non é stato però il primo ad essersi fregiato di questo particolare omaggio. L’anno precedente infatti, il 1994, Umbro aveva conquistato l’intero pianeta con i Mondiali negli Stati Uniti. E l’aveva fatto metaforicamente, disegnando maglie inaudite, come quella del portiere messicano Jorge Campos. Ma anche praticamente, vestendo quella che sarebbe diventata la nazionale campione del mondo, il Brasile.
La maglia, colorata di giallo come di tradizione, vede sul fronte l’aggiunta di una triplice riproduzione dello stemma. Molto meno usuale, per una consuetudine a noi familiare, l’outfit del portiere, Cláudio Taffarel.
Non sappiamo se effettivamente tutto ciò abbia giocato un ruolo negli errori decisivi dal dischetto di Baresi, Massaro e Baggio. E probabilmente mai lo sapremo. Ma Umbro si trovava ancora una volta dalla parte dei vincenti.
Tra le nazionali che si sono affidate al nostro marchio non poteva mancare poi la madrepatria, l’Inghilterra. La collaborazione attraversa tutta la storia dei Tre Leoni, nonostante fasi di separazione e “tradimento”. L’unica vittoria mondiale degli inglesi, in casa nel 1966, è targata proprio Umbro, richiamato solamente un anno prima al posto di Bukta. Ma il periodo più intenso è quello tra il 1984 e il 2013, ventinove anni in cui da Wembley passano simboli del calcio britannico che diventeranno idoli in patria e non solo. Su tutti Paul Gascoigne (emblema dei Mondiali 1990), Alan Shearer, David Beckham e Wayne Rooney.
In Italia
Nel 1992 proprio Gazza Gascoigne tornerà in Italia, due anni dopo le indimenticabili “Notti Magiche”. E questa volta per giocare in un club, la Lazio, che lo acquista dal Tottenham con un anno di ritardo, a causa di un suo terribile infortunio. Nella Capitale Paul mette in mostra il suo carattere sopra le righe e i suoi eccessi, così come le consuete scenate teatrali in campo, già note al grande pubblico. Sono gli anni in cui la Lazio, acquistata e rilanciata dal finanziere Sergio Cragnotti, torna ai vertici del calcio italiano, aprendo un ciclo che la porterà fino ai successi del 2000 (Campionato, Coppa Italia e Supercoppa Europea). Siamo negli anni in cui, guarda caso, le maglie biancocelesti sono prodotte da Umbro.
Umbro che si aggiudica anche altre due squadre italiane molto dinamiche in campo europeo: Inter e Parma. I nerazzurri vivono un decennio di magra in patria, ma raccolgono molti frutti in Coppa UEFA. La prima vittoria arriva nel 1991 contro la Roma (lo sponsor era ancora Uhlsport), la seconda nel 1994 con il Salisburgo. Ma la terza, quella della stagione 1997-1998, rimane la più celebre.
Forse perché si tratta del primo anno in Italia per Ronaldo, o forse perché Umbro si impegna veramente tanto, creando, esclusivamente per la Coppa UEFA, una delle maglie più rimpiante nella storia dell’Inter, anche perché legata a doppio filo con l’immagine del fuoriclasse brasiliano. Ossia quella che i nerazzurri hanno voluto omaggiare nella stagione presente con la terza divisa.
La finale vede per la prima volta confrontarsi due squadre italiane: l’Inter, appunto, e la stessa Lazio. Un duello targato Umbro. O meglio il suo “canto del cigno”, visto che a fine stagione l’accordo non verrà rinnovato con nessuno dei due club. La partita viene dominata dall’Inter, che riesce ad imporsi con un netto 3-0, grazie ai gol di Zamorano, Zanetti e del Fenomeno.
Ben diversa è la storia del Parma, che Umbro “raccoglie” addirittura in C1. Il loro rapporto nasce infatti nel 1984, quando il presidente Ernesto Ceresini avvia il percorso che porterà la squadra in paradiso, grazie al famoso sodalizio con la Parmalat. Ma soprattutto grazie alla sua intuizione riguardo Nevio Scala, dopo aver sperimentato giovani promesse della panchina, quali Arrigo Sacchi e Zdeněk Zeman.
Umbro accompagna la squadra a braccetto lungo tutte le sue tappe: la promozione, il sesto posto all’esordio, la vittoria della prima Coppa Italia contro la Juve e della prima Coppa delle Coppe. Crea le maglie di Gianfranco Zola, Asprilla e Taffarel, preludio di quello che abbiamo visto accadere al successivo mondiale. Il sodalizio si interrompe subito dopo aver raggiunto l’apice dei successi, con la Coppa UEFA vinta ai danni della Juventus, grazie ai due gol dell’ex Dino Baggio.
…e ora?
Tanto fascino e un po’ di sana follia. Con questi due ingredienti Umbro ha scritto pagine indelebili nella storia del nostro amato calcio. Ha contraddistinto, insieme alla concorrenza, quella fase di spensieratezza e di apertura verso il futuro che sono stati gli anni ’90. Quando il mondo intero, con la fine della Guerra Fredda, iniziava a sentirsi parte di un unico villaggio globale e i Mondiali rappresentavano anche luoghi di incontro per intensi scambi culturali.
Erano gli anni delle grandi esultanze generali, delle folle in festa, del tripudio di musica e colori. Un periodo roseo al quale, soprattutto ora, pensiamo con immensa nostalgia. E le maglie di Umbro sembravano imbevute di questo spirito e di questa gioiosità. Della voglia di toccare il cielo con un dito, ma sempre con i piedi per terra. Creative ed esagerate fuori, ma semplici nell’animo.
E forse è per questo che alla fine Umbro non riesce a reggere il confronto con i grandi colossi che hanno monopolizzato il mercato, perdendo sempre di più quota nelle gerarchie economiche del nuovo millennio. Nel 2007 è inglobata (come tante altre aziende) da Nike che, riconoscendo ancora il valore del nobile rivale decaduto, gli offre solidità finanziaria. Consentendole tra l’altro di continuare a produrre i kit della Nazionale Inglese e del Manchester City. Privilegi che però Umbro perde nel momento in cui viene acquistato nel 2012 dal gruppo Iconix Brand, di cui fa tuttora parte.
Oggi, tra i suoi pochi clienti rimasti, degne di nota sono solo West Ham, Schalke 04 e Werder Brema. Club dal blasone ben diverso rispetto a tutto ciò di cui abbiamo parlato. In particolare, Umbro è completamente sparito dal panorama italiano, una perdita che alla fine di questo viaggio nel passato possiamo definire enorme, quasi inspiegabile. Attendiamo tempi migliori: Umbro ha bisogno del calcio e, soprattutto, il calcio ha bisogno di Umbro.
Pezzo redatto in collaborazione con Gabriele Graziano