fbpx
CALCIO ESTERO

Una macchina da soldi: tutte le plusvalenze targate Roger Schmidt

In questa finestra di mercato invernale, la Premier League ha pescato due dei suoi prossimi top player dal PSV Eindhoven. I quasi 100 milioni di euro incassati dagli olandesi per Cody Gakpo (Liverpool) e Noni Madueke (Chelsea) e i 120 pagati sempre dal Chelsea per Enzo Fernandez hanno un nome e un cognome – Roger Schmidt – ma non sono i primi, né saranno gli ultimi a rendere ricchi i propri club dopo essere stati plasmati dal tecnico tedesco. Il suo è un gioco spettacolare, offensivo, quasi spregiudicato, che produce una mole impressionante di occasioni da gol, un gioco corale che valorizza ed esalta le qualità dei singoli, anzi, di quei singoli che sono in grado di mettere la loro qualità al servizio appunto del gruppo, un gioco di cui a Lisbona vanno già pazzi e che hanno soprannominato Roger-ball. Ma andiamo con ordine.

Gli inizi fra Paderborn e Salisburgo

Dopo una bella manciata di stagioni nelle divisioni inferiori tedesche, la prima esperienza importante di Roger Schmidt è al Paderborn, una delle tante squadre della sua regione natale, la Renania Settentrionale-Vestfalia, nella stagione 2011/12. In quel Paderborn, che allora militava in 2. Bundesliga, non lancia nessun nome noto, ma fa realizzare la sua prima plusvalenza triplicando in un anno il valore di un attaccante. In estate, il club aveva comprato tale Nick Proschwitz per un milione di euro dal Lucerna. Un anno dopo, forte dei 17 gol segnati in stagione, lo vende a 3,3 milioni all’Hull City, in Championship. A fine stagione il Paderborn è quinto: un buon risultato, che però non vale alcuna promozione al club. Schmidt invece viene notato dalla dirigenza della Red Bull che lo sceglie per sostituire Ricardo Moniz sulla panchina del Salisburgo.

In Austria trova l’ambiente e la società adatte a far fiorire la sua idea di calcio, valorizzando i tanti talenti che l’area scouting della Red Bull gli mette a disposizione. La prima stagione è quasi disastrosa – eliminazione al primo turno preliminare di Champions League per mano del Dudelange e secondo posto in campionato dietro l’Austria Vienna – ma la società lo conferma anche per la stagione  successiva. Schmidt non tradisce la fiducia: vince campionato e coppa e centra gli ottavi di Europa League per la prima volta nella sua storia. Il Salisburgo guadagnerà 46 milioni dalle cessioni dei tre migliori giocatori del gruppo allenato da Schmidt. Il miglior realizzatore, il brasiliano Alan (48 gol in 60 partite), che era costato 3,5 milioni dal Fluminense, passa al Beijing Gouan per 11 milioni. Un milione in più lo spende il Borussia Dortmund per il miglior assistman (38 in 88 partite), lo sloveno Kevin Kampl, prelevato due stagioni prima dall’Aalen, squadra di quarta divisione tedesca, per ben 3 milioni. Il miglior giocatore, però, autore di 42 gol e 28 assist in 78 partite, è un certo Sadio Mané. Arrivato dal Metz per 4 milioni, lascia l’Austria due anni dopo per 23, in direzione Southampton.

Kampl e Mané si affrontano durante un match di Champions
A testimonianza del talento di quella squadra, Mané e Kampl si ritroveranno ad affrontarsi su tutt’altro palcoscenico (Foto: Laszlo Szirtesi/Getty Images – OneFootball)

Plusvalenze, esoneri, di nuovo plusvalenze

Dopo i successi con il Salisburgo, l’estate 2014 torna in Germania, in una delle piazze più importanti: il Bayer Leverkusen. Qui centra due qualificazioni alla Champions League consecutive, prima di essere esonerato a marzo 2017. A dire il vero il miglior giocatore della squadra, Heung-Min Son è già un nome affermato, nonostante la giovane età. Le Aspirine lo avevano pagato ben 12,5 milioni dall’Amburgo e a lanciarlo era stato Sami Hyypiä. È con Schmidt in panchina però che il coreano esplode definitivamente con 17 gol in 42 partite prima di passare, nel 2015, al Tottenham per 30 milioni di euro. Julian Brandt è invece una sua creazione. Ha solo 18 anni ma gli affida le chiavi di una spettacolare trequarti completata, a destra da Bellarabi e a sinistra prima da Son, poi, dopo la sua cessione, da Admir Mehmedi. Brandt resterà al Bayer fino al 2019, quando si sposterà nella vicina Dortmund per 25 milioni. Nella sua ultima stagione Schmidt lancia anche un diciassettenne Kai Havertz, ma non fa in tempo a vederlo sbocciare: il suo primo gol arriva ad aprile, due partite dopo l’esonero di Schmidt.

In estate Roger Schmidt finisce addirittura in Cina, al Beijing Gouan. Qui non lancia nessuno, ma non è certo quello che si chiede a un allenatore nel campionato cinese. Addirittura fa registrare una minusvalenza al club chiedendo di comprargli lo spagnolo Soriano, che aveva allenato già ai tempi del Salisburgo, che poi sarà ceduto a zero, dopo la cacciata di Schmidt nel 2019.

È il secondo esonero consecutivo per Schmidt ma la dirigenza del PSV Eindhoven guarda oltre, guarda ai tanti talenti lanciati fra Salisburgo e Leverkusen e nel 2020 gli offre forse l’ultima occasione per non finire nel dimenticatoio. Raccoglie i frutti dell’ottimo lavoro di Mark Van Bommel e si ritrova in squadra due attaccanti già fatti e finiti, entrambi classe ’99, entrambi cresciuti nel vivaio dei boeren, ai quali manca solo la stagione da urlo per farsi notare dalle big europee: Donyell Malen e Cody Gakpo. Il primo, da centravanti, segna 27 gol nella sua unica stagione con Schmidt, uno in meno di quelli segnati nelle precedenti tre stagioni. Passa al Dortmund per 30 milioni. Il secondo, da esterno sinistro, fa 32 gol e 18 assist in due stagioni, prima dei numeri senza senso di fine 2022, con Van Nistelrooy in panchina, che hanno spinto il Liverpool a sborsare 43 milioni di euro nelle casse olandesi.

roger schmidt posa con gakpo e la coppa d'olanda
Sotto la gestione di Roger Schmidt Gakpo inizia a dare completamente sfoggio a tutto il suo talento (Foto: Sem van der Wal/Getty Images – OneFootball)

La paternità della cessione di Noni Madueke è invece tutta di Schmidt. Il classe 2002 di Barnet (vicino a Londra) non ha praticamente mai giocato né con Van Bommel – perché ancora giovanissimo – né con Van Nistelrooy – perché infortunato. Sono le due stagioni con Schmidt in panchina, da 18 gol, 14 assist e tanti dribbling, in 67 partite che hanno convinto il Chelsea a spendere 35 milioni di euro per portarlo in Premier, pochi giorni dopo l’arrivo di Gakpo a Liverpool, e completare il tridente del futuro con Mudryk e Havertz. Nei Paesi Bassi, a meno che non ti ritrovi all’Ajax, nessuno ti chiede di vincere a tutti i costi. L’importante è restare su alti livelli di risultato e di gioco, valorizzando i talenti cresciuti nelle giovanili e rivendendoli a peso d’oro: quello che Schmidt sa fare meglio. Infatti, in due anni vince solo una Coppa d’Olanda e non riesce mai a impensierire seriamente l’Ajax in campionato, ma fa guadagnare oltre 100 milioni dalla cessione del suo tridente. Nell’estate 2022, gli viene riconosciuto di aver lavorato molto bene in questo senso e a chiamarlo è il Benfica, che proprio un anno prima lo aveva eliminato ai preliminari di Champions.

Non solo valorizzatore, ma termo-valorizzatore

Tutto facile, direte. Quando in mano hai il talento di gente come Mané, Brandt, Gakpo e Madueke basta solo assecondarlo. Il difficile è rivitalizzare giocatori che sembravano essersi irrimediabilmente perduti, ridare una nuova vita a un prodotto esausto e poi rivenderlo e guadagnarci, non come se fosse nuovo, certo, ma guadagnarci o quantomeno renderlo di nuovo utile. In una parola: economia circolare. Lo ha fatto con tanti giocatori Schmidt, giocatori che arrivavano nelle sue squadre dopo tante esperienze fallimentari e per i quali si aveva quasi perso la speranza di rivederli ai livelli che promettevano da giovani. Lo ha fatto al Bayer Leverkusen con el Chicharito Hernandez, pagato 12 e rivenduto dopo la cura Schmidt – e due anni in più sulla carta d’identità – per 18,5 al West Ham. Lo ha fatto al PSV con Mario Götze: arrivato a titolo gratuito dopo la fallimentare esperienza al Bayern Monaco e l’insipido ritorno, tutt’altro che trionfale, al Borussia Dortmund, Schmidt lo ha reso il fulcro avanzato del gioco del suo PSV, il perno da cui partivano le escursioni letali delle due ali. Dopo 18 gol e 18 assist è tornato la scorsa estate in Bundesliga, all’Eintracht di Francoforte, per giocare di nuovo la Champions League.

Lo sta facendo al Benfica con João Mário, completamente trasformato in pochissimi mesi dopo che al suo primo anno in vermelho e branco, fra le gestioni di Jorge Jesus e Nélson Veríssimo, era sembrato l’ormai irrecuperabile, inconcludente e triste mezzala intravista a San Siro. Sempre al Da Luz gli toccherà il compito di risvegliare l’immenso talento di Gonçalo Guedes, arrivato in prestito dal Wolverhampton durante questa sessione di mercato. Il caso più eclatante, però, è un altro.

Joao mario esulta con il benfica
La sin qui strabiliante stagione di Joao Mario è tra le chiavi del successo del Benfica di Roger Schmidt (Foto: Carlos Costa/Getty Images – OneFootball)

Quello che ha fatto Roger Schmidt con Kevin Kampl è al limite della truffa, della circonvenzione d’incapaci (si dice per scherzare, ovviamente). Il centrocampista sloveno era esploso, come abbiamo già visto, al Salisburgo, con Schmidt in panchina, ed era stato ceduto al Borussia Dortmund per 12 milioni. Al BVB non convince mai del tutto e dopo una sola stagione viene venduto, per evitare una minusvalenza, al primo acquirente: il Bayer Leverkusen, che se lo aggiudica per 11 milioni. Nel frattempo l’allenatore delle Aspirine è diventato proprio Schmidt. Inutile dire che due stagioni dopo, con 6 gol e 9 assist in due stagioni, ma anche tanti kilometri corsi e una nuova vita, non più da rifinitore, ma da cagnaccio del centrocampo con licenza di determinare, il suo valore è quasi raddoppiato e torna, per 20 milioni di euro, a far parte della galassia Red Bull – questa volta a Lipsia – di cui fa parte ancora oggi.

Una nuova sfida

Ora, al Benfica, Roger Schmidt deve affrontare la sfida più complicata della sua vita, una sfida per lui inedita, in un club diverso da tutti gli altri. Ha iniziato come meglio non si potesse, superando ogni rosea aspettativa: risultati e bel gioco in pochissimo tempo, anche ai più alti livelli, come il primo posto, conquistato a suon di gol, nel girone di Champions contro PSG e Juventus. Inseriti nel suo 4-2-3-1, il mediano Enzo Fernandez e il bomber Gonçalo Ramos, entrambi nati nel 2001, hanno visto schizzare il loro valore di mercato, si sono conquistati un posto ai Mondiali con le rispettive nazionali e si sono presi la titolarità anche lì. Il difensore centrale Antonio Silva, invece, classe 2003, ha esordito in prima squadra con lui in panchina, complici gli infortuni di Lucas Veríssimo e Morato e nessuno gli ha più tolto il posto: in pochi mesi è diventato una colonna presente del Benfica e futura del calcio portoghese, scomodando paragoni con un’altra ex-aguia, Rubén Dias.

Dopo di loro ne verranno altri: l’attaccante classe 2002 Henrique Araújo ha già fatto i suoi primi gol in prima squadra ed è stato ceduto in prestito, pochi giorni fa, al Watford; il regista classe 2004 João Neves ha smistato i suoi primi palloni davanti alla difesa; l’esterno suo coetaneo Diego Moreira, considerato il miglior talento portoghese della sua generazione, aspetta ancora di poter skillare fra i grandi come fa da sempre contro i suoi coetanei. Nel 2004 è nato anche l’ultimo acquisto del Benfica, l’esterno offensivo norvegese Andreas Schjelderup, arrivato per 14 milioni dai danesi del Nordsjælland, dove già da mesi se ne parla come di un futuro crack. Il nostro connazionale Cher Ndour, di un anno più giovane, è già uno dei miglior giocatori del Benfica B, ma a giugno andrà in scadenza di contratto e solo i prossimi mesi ci diranno se sarà mai a disposizione di Schmidt o se toccherà a qualcun altro l’onere di lanciarlo fra i grandi.

Roger Schmidt sulla panchina del Benfica
Sin qui la stagione del Benfica di Roger Schmidt è stata sorprendente, vedremo come terminerà (PATRICIA DE MELO MOREIRA/AFP via Getty Images – OneFootball)

C’è, però, una differenza sostanziale rispetto alle esperienze con Bayer Leverkusen e PSV. Come a Salisburgo, al Benfica gli si chiedono i risultati, non solo le plusvalenze. Solo che, a differenz che in Austria, gli avversari sono forti e altrettanto ambiziosi. Ai 60 mila del Da Luz e alla dirigenza incarnata, anzi encarnada, da Rui Costa non basta vedere i propri gioiellini richiesti dai top club di tutta Europa, perché questo per loro è la normalità, anche un po’ fastidiosa se vogliamo, lato tifosi. Succede ogni anno, con qualsiasi allenatore: basti vedere come il gioco speculativo di Veríssimo non abbia impedito di guadagnare 100 milioni dalla cessione di Darwin Nunez. Succede perché oltre a un’area scouting eccezionale, il Benfica ha anche il miglior vivaio al mondo, a tutti gli effetti, visto che la sua under 19 è campione intercontinentale. È qui che Schmidt dovrà fare qualcosa di nuovo anche per lui. D’altronde da un club che chiama sé stesso O Glorioso e si considera O maior de Portugal, ci si aspetta che oltre a plusvalenze gloriose e a un gioco glorioso, la stagione si concluda anche con un risultato glorioso.

Autore

Lascia un commento

Top