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VIE DEL CALCIO

Vie del Calcio: Bologna

Il nostro viaggio tra le città italiane continua. Oggi la tappa scende l’Appenino tosco-emiliano e si ferma a Bologna, la città della musica, del cibo, dell’Università più antica d’Europa. Qui le vie della città sono braccia che stringono forte: una volta entrati nel centro storico ci sono 38 km di portici, come in nessun’altra città del mondo.

Camminare per via Indipendenza, verso Piazza Maggiore, per Piazza Santo Stefano o tra le arterie principali di Bologna, vuol dire essere sempre protetto e al sicuro in un abbraccio giallo arancione e rosso. Caldo, come l’accoglienza che la cittadina è capace di offrire a tutti. Una qualità che Bologna ha impressa nella sua storia e nella sua architettura.

Gli stessi portici infatti, candidati a diventare Patrimonio dell’Unesco, sono nati per rispondere all’emergenza abitativa che la città ha iniziato ad affrontare a partire dal 1100. In questi anni l’Università attirava studiosi, giovani, accademici da molte parti d’Europa e d’Italia. Così tanti fuori sede arrivarono in città che ormai non c’era più lo spazio fisico per accoglierli.

Da qui l’idea di ampliare i piani superiori delle abitazioni del centro, fino a quando ci fu bisogno di ulteriori sostegni per sorreggere le sporgenze: furono quindi costruite le colonne e così nacquero i portici. Una legge del Comune del 1288 poi, li rese obbligatori per qualsiasi nuova costruzione e invitò alla loro aggiunta nei luoghi in cui ancora non erano stati eretti.

Salotti all’aria aperta e protezione da caldo, pioggia, freddo. I portici furono amati da subito dagli abitanti e sono oggi entrati nella carta d’identità di Bologna e dei bolognesi.

Felsina sotto gli Etruschi, Bononia sotto i Romani, il Capoluogo emiliano-romagnolo è una culla della storia italiana e dei suoi popoli più prosperi. E parte della storia è dettata anche dalla squadra rossoblù, il Bologna F.C., che dal 1909 rappresenta la prima squadra di calcio della città.

Sui Prati di Caprara, situati fuori Porta San Felice e vicino l’Ospedale Maggiore, è iniziato il sogno del club. Si tratta del primo campo da calcio in cui la squadra si allenava e disputava le sue partite. La prima grande soddisfazione: la vittoria del campionato emiliano di terza categoria nel 1910. Ma andiamo con ordine. Entriamo nel cuore pulsante della città alla ricerca delle tracce della squadra e delle passioni di chi la tifa.

Consiglio spassionato: fate partite Bologna di Francesco Guccini e ascoltatela. Con attenzione. Ogni tentativo di descrivere questa città sarà sempre vano di fronte alla poesia scritta dal Maestro.

Piazza Maggiore e via degli Orefici

Si tratta del centro nevralgico della città. È la piazza più grande di Bologna e quella con la chiesa più imponente. Stiamo parlando di Piazza Maggiore e della sua Basilica di San Petronio. Una piazza inconfondibile per i suoi colori e per i palazzi che la circondano.

Piazza Maggiore infatti non è soltanto un’isola urbana in cui ci si incontra, si vedono i film le sere d’estate, si manifesta o si passeggia. Piazza Maggiore è il punto in cui convergono numerose strade e vie importanti del centro. Tutta la zona è un insieme di bellezza, imponenza e classe: da ovunque vi si arrivi infatti, c’è una vista tra storia e cultura che meriterebbe un capitolo a parte.

Piazza maggiore
Piazza Maggiore

Fu chiamata Piazza Maggiore dal XVI secolo, ma dopo l’Unità d’Italia fu battezzata con il nome di Vittorio Emanuele I, per poi diventare Piazza della Repubblica durante la Repubblica di Salò e infine per tornare Piazza Maggiore a guerra finita. Già dal 1200 è iniziata la sua costruzione, che spesso è andata di pari passo con gli altri edifici circostanti.

A nord è confinata da Piazza del Nettuno e dal Palazzo Re Enzo.  A est dal Palazzo dei Bianchi, a ovest da Palazzo d’Accursio e a sud dalla Basilica: poco distante a essa c’è Via d’Azeglio (quella delle luminarie del periodo natalizio); un po’ dietro la chiesa, invece, si trova la più piccola e raccolta Piazza Cavour, che è però “grande” nella canzone di Lucio Dalla, che si impersona in un senzatetto del posto.

Una famiglia vera e propria non ce l’ho
E la mia casa è Piazza Grande
A chi mi crede prendo amore e amore do, quanto ne ho.

Lì vicino, comunque, tra le stradine che si gettano dentro Piazza Maggiore, piene di bar, botteghe con salumi e pasta emiliana tipica, si trova via degli Orefici. Ed è proprio qui il C’era una volta del Bologna calcio. Lì, una volta, infatti, sorgeva la birreria Ronzani e nel lontano 3 ottobre 1909 si decise di fondare il Bologna Football Club.

110 anni dopo, il 3 ottobre 2019, nello stesso luogo, su richiesta del presidente Joey Saputo al sindaco Virginio Merola, è stata apposta una targa per ricordare la memoria rossoblù. A festeggiare quei colori c’era anche Franco Colomba, un grande ex che vestì la maglia felsinea per 17 anni.

Targa Bologna F.C.
Targa per i 110 anni del Bologna F.C. in via degli Orefici
3 ottobre 2019, inaugurazione della targa (Foto: Bologna F.C)

Le due Torri

La città veniva definita “turrita” da Giosuè Carducci, premio Nobel per la Letteratura nel 1906. Durante il Medioevo, infatti, sono state costruite numerose torri per tutta la città: venivano costruite e innalzate dalle famiglie bolognesi per dimostrare il loro potere, e quindi per scopi sia di difesa che militari. Oggi se ne vedono ancora 24, ma le più imponenti sono Le due Torri, famosissime anche se ormai l’indicizzazione di Google dà la precedenza a Tolkien.

La Garisenda e la torre degli Asinelli si trovano nel punto in cui convergono via Rizzoli, via Zamboni, strada Maggiore e via San Vitale. Entrambe sono pendenti e quella degli Asinelli, edificata tra il 1109 e il 1119, è la torre medievale pendente più alta del mondo, con i suoi 97,2 metri.

La torre, insieme alla sua sorella minore Garisenda, è un simbolo della città e i bolognesi ne sono particolarmente orgogliosi, tanto da prenderla come punto di riferimento per la misura perfetta della… tagliatella. Cotta deve essere di 8 millimetri, pari alla 12.270esima parte dell’altezza della torre.

Le due Torri

Essendo così imponenti e simbolo di grandezza e dominio, spesso si sono illuminate di rossoblù per rendere omaggio alla squadra e ai suoi colori. Una delle ultime volte è accaduto proprio lo scorso dicembre, per rendere omaggio dalle 20 alle 22 alla vittoria del Bologna sul Napoli per 1-2.

L’iniziativa è arrivata pochi giorni dopo dalla commovente conferenza stampa di Sinisa Mihajlovic, la prima dopo i quattro mesi di lotta contro la leucemia. La vittoria della squadra è stata come un regalo per il mister serbo e la torre alta e colorata è stata un plauso alla sua forza e alla grinta che è riuscito a trasmettere ai giocatori.

I portici di San Luca

Altro record, altra bellezza, altra memoria storica rossoblù. Usciti dal centro da Porta Saragozza si entra nel quartiere dello stadio dall’Ara. Ma prima di sedere sugli spalti o di prendere un caffè vicino alla curva del Bologna, meglio soffermarsi sul porticato più lungo del mondo. 666 archi, 4 km: dall’Arco del Meloncello al Santuario di San Luca. Il numero degli archi ovviamente non è a caso. Il percorso per salire al santuario infatti rappresenta un serpente, il male e il diavolo quindi, che è sovrastato dal luogo religioso sul colle più vicino al centro.

L’Arco del Meloncello
portici san luca
Portici di San Luca

Questi portici sono già patrimonio dell’Unesco e salire fino in cima significa ad ogni passo passare sotto gli archi protettivi in una salita faticosa e piena di scalini. Contemporaneamente, però, a mano a mano che si sale, aumenta la veduta sulla città. Come se fosse un pellegrinaggio, arrivare fino in cima è il simbolo della richiesta di una grazia. Simbolo di redenzione e benedizione.

Così i tifosi del Bologna hanno voluto aiutare l’allenatore Mihajlovic quando ha annunciato la sua malattia. Il 21 luglio 2019 infatti, i tifosi rossoblù si sono trovati alle 9.30 sotto l’Arco del Meloncello, per formare poi un serpentone di circa un migliaio di persone, che dalla città è salito fino all’ultimo gradino sotto il Santuario. La camminata ha da subito rappresentato la vicinanza non solo a Sinisa, ma anche a tutte le persone che quotidianamente combattono contro una malattia. Il pellegrinaggio si è poi ripetuto nell’ottobre successivo insieme ai tifosi della Lazio, prima della sfida tra le due squadre.

San Luca Mihajlovic
I tifosi del Bologna camminano fino a San Luca per supportare l’allenatore Sinisa Mihajlovic nella sua lotta contro la leucemia, 21 luglio 2019 (Il Resto del Carlino, Foto Schicchi)

 Stadio Dall’Ara e Bar Billi

Da quando Baggio non gioca più… non è più domenica.

Tutti lo abbiamo cantato e ci siamo accordati alla voce di Cesare Cremonini nel commentare qualche uggiosa domenica pomeriggio. Senza Baggio, senza un nostro idolo, o senza la nostra squadra, la domenica è meno domenica, e si riduce a una giornata anonima come le altre.

Quante volte al Dall’Ara la curva ha esultato i suoi campioni nei weekend di campionato. Baggio rimane uno dei più famosi, ma è rimasto a Bologna soltanto per una stagione. Dopo di lui Giuseppe Signori e qualche soddisfazione che in casa felsinea mancava comunque da tanti anni.

Lo squadrone che tremare il mondo fa” è stato quello degli anni Trenta, quando il Bologna fu la prima squadra italiana a vincere nel 1932 la Coppa dell’Europa Centrale. Dopo gli anni Cinquanta invece, pochi trofei e una discesa che sembrava inevitabile fino alla Serie C nei primi anni Novanta. Poi il fallimento e la rinascita sotto il nome di Bologna Football Club 1909.

L’architettura del Dall’Ara ha impresso nella sua struttura segni e simboli dell’epoca fascista. Costruito infatti a partire dal 1925, fu inaugurato l’anno successivo alla presenza di Benito Mussolini. Ancora di memoria mussoliniana è la Torre di Maratona, posizionata sul lato orientale dello stadio, che allora si chiamava “Littoriale“.

Torre di Maratona da via Pietro de Coubertin

Dal 1983, invece, è dedicato al presidente più amato dalla città: Renato Dall’Ara, che guidò il Bologna per ben trent’anni. Impressi nella struttura sono anche i nomi di due personaggi più importanti per la sua storia: la curva sud è dedicata a Arpad Weisz, mentre la nord, che ospita gli ultras rossoblù, onora Giacomo Bulgarelli. 

Parte dell’ambiente stadio, oltre i lunghi portici sul lato est, sono anche le strade, il quartiere e i suoi punti di ritrovo pre-match. Il Bar Billi è uno di questi. Situato vicinissimo all’Arco del Meloncello, che coincide con l’inizio della salita verso San Luca, il Bar è in fondo a via Pietro de Coubertin ed è uno step fisso per chi attende di salire in tribuna o in curva nord per tifare i rossoblù e per cantare un altro pezzo firmato dai più grandi cantautori bolognesi: Le tue ali Bologna, di Andrea Mingardi, Gianni Morandi, Luca Carboni e Lucio Dalla.

bar billi bologna
Bar Billi

La Certosa

Ancora più fuori dal centro, sempre in zona quartiere Saragozza, si trova il Cimitero Monumentale della Certosa. Si tratta di un luogo importantissimo per la memoria e l’identità della città e se si ha voglia di immergersi nella storia dei personaggi più illustri di Bologna, fare il tour del cimitero è un’occasione per conoscere il passato delle individualità più importanti del Bologna Calcio.

Da qualche anno, infatti, esiste un percorso che dentro il cimitero tocca tutte le lapidi presenti delle personalità più spiccanti per la storia della squadra felsinea. Renato dall’Ara, i campioni del passato e i tifosi più affezionati, come appunto Lucio Dalla. È in procinto anche lo sviluppo di un percorso virtuale possibile attraverso l’applicazione di alcune targhe con QR code a fianco delle lapidi più significative.

È un simbolo dell’incontro tra passato e presente, e tra la voglia di guardarsi alle spalle ma pensare al futuro, supportata anche dal progetto di restyling che interesserà lo stadio nei prossimi anni.

E tra le mille note di questa città, i colori saranno sempre quei due.

Guarda il cielo come è blu,
col rosso fuoco dell’amore.

Dai! Vestiti così,
Sei bella più di un fiore.
Staremo in curva abbracciati ad un’idea
e sarà come sentire la marea.

Un ringraziamento speciale ad Andrea Coppari e agli autori del Percorso della Memoria rossoblù

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