Era l’11 gennaio 1914, quando circa sessantuno impiegati statali diedero vita al primo embrione della società calcistica che oggi conosciamo come Reggina 1914 (data simbolica a cui la tifoseria è particolarmente legata). Fin qui, nulla che non possiate trovare attraverso una banale ricerca su Wikipedia o simili. In circa 107 anni di storia, però, quello che non troverete nelle enciclopedie e negli almanacchi, tra rivoluzioni, rifondazioni, ridenominazioni e altri termini con il prefisso “ri-” a vostro piacere, è il legame indissolubile con la città di Reggio Calabria.
Quella che si estende sulle rive dello Stretto – di Messina è un appellativo off-limits, lo impone la rivalità con i cugini siciliani -, è una terra con delle profonde radici storiche che si riflettono su un presente alquanto movimentato, in tutti i sensi. Un po’ come la stessa Reggina, che nella recente storia cittadina ha un posto di lusso riservato (o da Riserva di Lusso, se volete), sebbene tra le vie del capoluogo calabrese di storia se ne respiri già parecchia.
Se volete conoscere meglio il luogo di riferimento per la storia del calcio a Reggio, vi toccherà scorrere un po’ più in giù. Se invece vi interessa la storia – quella che va sui libri – di questa città, c’è un edificio in particolare che dovreste scoprire. Sì perché, del posto che ha dato i natali a protagonisti del calcio di oggi come Antonino Barillà (attualmente in forza al Monza) o Benito Carbone (ex calciatore, oggi assistente del nostro De Biasi, CT azero), avrete sicuramente letto in un qualsiasi testo di storia antica.
Probabilmente, però, vi sarete imbattuti in un altro termine, ovvero Rhegion, il nome della colonia (pre-esistente) fondata dai calcidesi lungo l’estremità della costa calabra, ormai più di 2800 anni fa. Da lì in poi il binomio Magna Grecia-Reggio Calabria ha lasciato tracce indelebili sul territorio reggino e limitrofo. Anche la stessa Reggina Calcio, non perde mai occasione per ricordare e rendere onore a queste prestigiose radici, considerando l’importanza rivestita in periodo classico da questa polis sorta su un sito così strategico geograficamente. Furono innumerevoli gli architetti, scultori, filosofi, poeti, sbarcati a Punta Calamizzi, in una città che a millenni di distanza ha avuto modo di accogliere svariati artisti del pallone, da Mozart Santos Batista Junior, in questa categoria non solo per il nome, fino all’ultimo in ordine temporale, l’ex Milan e Roma, Jeremy Menez.
Tornando a noi, per quanto riguarda la Magna Grecia, il posto in cui recarvi è uno e soltanto uno, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Sito nel cuore del centro storico reggino, in Piazza De Nava, il museo è famoso a livello internazionale poiché ospita lo splendore dei Bronzi di Riace, emblema della città, ma offre ai visitatori un’ulteriore vasta quantità di reperti da visionare.
Si parte da un Livello A che raccoglie testimonianze risalenti ad addirittura ben prima della Magna Grecia, con resti archeologici dalla Preistoria, Protostoria e dall’Età dei Metalli, passando poi per gli approfondimenti sulla vita quotidiana, le città, i santuari e le necropoli ellenistici. Ci sarebbero anche i Bronzi di Porticello, un’altra affascinante storia dei fondali delle coste calabresi, che in realtà sono finiti a fare da sparring partner agli omologhi più celebri (e artisticamente più importanti, aggiungerei).
Effettivamente, non ha senso nascondersi nel non dire che i Bronzi di Riace sono la vera attrazione del museo, che presenta un contorno di tutto rispetto, ma, alla fine, a far vendere i biglietti sono loro, un po’ come qualche grande star passata dal Granillo. Per storia, intrinseca alle due statue e al ritrovamento delle stesse, per maestosità e bellezza artistica, per importanza culturale e per un’altra infinita serie di motivi, le due statue, secondo il modestissimo parere di chi scrive, sono uno di quei capolavori da vedere almeno una volta nella propria vita (magari approfittando della gita per godervi uno spettacolo calcistico, scegliete voi il pretesto prioritario ovviamente).
Sarà vero che il periodo di massimo splendore di sempre della città di Reggio Calabria è stato durante l’alleanza con Atene, eppure fino ai giorni nostri abbiamo qualche ricordo fisico delle dominazioni che hanno seguito i greci. Una di queste è quella aragonese, che dà il nome ad un altro monumento identificativo per la città, il Castello Aragonese appunto.
Bisogna premettere che Reggio ha la funzionale caratteristica di possedere un centro storico molto condensato nel cuore della città, che unisce i siti di interesse storico a quelli frequentati dai cittadini reggini. Il Castello ne è un esempio calzante, essendo situato tra due vie che attraversano il centro città e trovandosi a pochi passi dal Duomo. Si tratta di un luogo importante per diversi motivi, in primis, perché, come detto, è diventato un altro elemento “da cartolina” dal profondo sud.
Inoltre, il castello ha un vissuto pressoché perpetuo (o quasi) e ha accompagnato ogni periodo della storia reggina, restaurazioni permettendo. Difatti, la fortezza è risalente a ben prima dell’arrivo degli Aragonesi in Calabria ed è documentata la sua effettiva presenza sin dall’antichità. La stirpe spagnola viene ormai associata comunemente al castello, in quanto furono loro ad apportare delle significative modifiche all’imponente struttura. Sono perfettamente riconoscibili le caratteristiche torri aragonesi, una coppia che salta subito all’occhio.
Come tutti i baluardi reggini o simili, anche il Castello Aragonese ha avuto modo di essere protagonista pure nel presente o recente passato. Durante l’Unità d’Italia, i garibaldini in fase di conquista della città, espugnarono il castello e posero in cima ad esso il tricolore, rendendolo la prima fortezza delle camicie rosse sulla penisola. Come ricorda la targa commemorativa posta in Piazza Castello dall’amministrazione comunale.
Su questo munito e forte castello, primo baluardo continentale del Regno delle Due Sicilie, Giuseppe Garibaldi, i patrioti di Reggio e tremila camicie rosse, dopo una battaglia cruenta e decisiva, issarono il tricolore dei Mille, nel nome della libertà e dell’Unità d’Italia e di tutti gli italiani.
Infine, il castello ha ospitato a lungo l’Istituto Nazionale di Geofisica, oltre a molte altre associazioni culturali reggine. Oggi, dopo varie vicissitudini, tra restauri e una ristrutturazione completa che ha reso il complesso interamente agibile, il Castello Aragonese è accessibile al pubblico e la piazza che lo circonda è spesso utilizzata per aggregazioni come concerti o sagre.
Ciò che rende speciale la cornice del più volte citato centro storico reggino, è la vista sulla Sicilia e sullo Stretto, assolutamente unica nel suo genere. Quattro passi verso Sud e vi imbatterete nell’attrazione principale per coloro che arrivano a Reggio senza troppe pretese dal punto di vista culturale e, in generale, la perla che impreziosisce un contesto già di per sé molto particolare.
Mi riferisco al Lungomare Falcomatà, che costeggia il litorale della zona centralissima della città. Se avete visto il primo episodio di Growing Together, a cura di DAZN, con protagonisti Enrico Delprato (o Del Prato, questo resta un mistero) e la start-up SmartOsso, avrete avuto modo di farvi un’idea della location. In puntata, il giovane talento della Reggina cita Gabriele D’Annunzio parlando del “Chilometro più bello d’Italia“. In realtà, questo è un falso mito, in quanto quest’affermazione non è mai uscita dalla bocca del poeta, bensì da un telecronista Rai, Nando Martellini, fuorviato dai suggerimenti dei supporters locali. A dirla tutta, approfittarne per rendere celebre quest’affermazione che, tutto sommato, non è così lontana dalla verità, ha aiutato nel tempo l’autostima dei reggini.
Aneddoti a parte, resta il fatto che il panorama del lungomare e il lungomare in sé siano un qualcosa di unico. Per aggiungere qualche informazione in più, vi basti sapere che tutta l’area è comunemente nota come Via Marina, che i locals distinguono in alta e bassa, molto popolata specialmente in periodo estivo, ma non solo. L’intitolazione è dedicata a Italo Falcomatà, padre dell’attuale sindaco del comune di Reggio Calabria, il massimo esponente della cosiddetta Primavera di Reggio. I
l viale si estende per 1,7 chilometri, dalla sopracitata zona di Punta Calamizzi fino al porto, quello che ha visto, quest’estate, il chiacchierato e stravagante sbarco di Jeremy Menez in catamarano, per cui è stato preparato quest’arrivo trionfale in città. La darsena del porto era, tuttavia, stata in passato terreno in cui giaceva il primo campo di gioco della Reggina (allora US Reggio Calabria), cioè l’ormai defunto Lanterna Rossa. Per la categoria consigli alimentari, nei pressi della via Marina ci sono due eccellenze nel gelato a livello nazionale, le due storiche gelaterie cittadine (poi ognuno ha le proprie preferenze ovviamente), il caratteristico chiosco “da Cesare“, all’estremità portuale del lungomare (Gelateria dell’anno nel 2017), e la Cremeria Sottozero, situata invece in via Marina alta.
Infine, per gli amanti degli agganci storici, all’Arena dello Stretto, nella zona del passeggio in riva al mare, sbarcò, per la prima volta da re in territorio italiano, Vittorio Emanuele III, a fine luglio del 1900. Recentemente invece è stata realizzata un’installazione denominata “Opera“, a cura di Edoardo Tresoldi, che consiste in un colonnato classico in rete metallica, che viene illuminato nelle ore serali, aggiungendo un altro tocco di regalità al lungomare.
Ultima tappa del nostro viaggio tra le vie di Reggio è il Duomo, che non avrà la simbolicità né il fascino dell’antichità di altre città, ma resta un luogo che offre tanti spunti e collegamenti. Intanto, perché si trova alla fine del Corso Garibaldi, l’altra via cruciale del centro storico, in cui i negozi la fanno da padrone, che si accende proprio al Museo e si spegne all’altezza del Duomo, appunto.
Parliamo comunque del più grande edificio religioso di tutta la Calabria, che è però stato costruito relativamente di recente, in quanto ha subito i danni dell’evento che ha più segnato la geografia del territorio reggino: il terremoto del 1908. A seguito di questa catastrofe, che procurò danni ingenti a diversi patrimoni cittadini, fu deciso di ricostruire integralmente l’edificio, completato e consacrato solo nel 1928. Per questo motivo, è stato riedificato in stile neo-romanico, molto in voga al tempo, sebbene sappiamo per certo che la sua versione precedente fosse in stile barocco-neoclassico.
La cattedrale presenta diversi riferimenti in stile liberty, altro movimento molto caratteristico degli inizi del Novecento, diffusamente presente in città, in quanto contemporaneo al periodo della ricostruzione post-terremoto. Elementi particolari della Chiesa sono il campanile, che supera i 20 metri di altezza e ha rimpiazzato il vecchio campanile andato diroccato, e le statue, che introducono la facciata, raffiguranti San Paolo e Santo Stefano di Nicea, primo vescovo della città. Mentre sono diversi i richiami a Maria Santissima Assunta in Cielo, “titolare” della cattedrale, e alla Maria della Consolazione, verso la quale i reggini sono molto devoti, a lei è dedicata il principale evento religioso e laico della città, che cade il 14 di settembre.
President Luca Gallo cut the ribbon at the beautiful new #Reggina headquarters today. The offices are located on Via Osanna, less than a five minute walk from the Reggina Official Store. President Gallo started the project shortly after taking charge and now it’s a reality. pic.twitter.com/X9636Mk3IM
Anche qui c’è un tocco di Reggina, visto che Piazza Duomo è stata scelta come sede adeguata per l’apertura del nuovissimo Reggina Store, un regalo della nuova dirigenza ai tifosi e cittadini reggini. Il negozio affaccia direttamente sul Duomo e all’interno di esso è possibile acquistare il merchandising degli amaranto, oltre che sottoscrivere gli abbonamenti e acquistare i biglietti delle gare interne della squadra. Il Duomo resta un punto di riferimento anche per i calciatori che risiedono in città, non a caso i protagonisti della promozione dell’anno passato, dalla C alla B, si sono recati lì per godersi il bagno di folla, parzialmente compromesso, purtroppo, dalla situazione relativa alla pandemia.
Le carte in regola per orientarvi in un’eventuale gita a Reggio adesso le avete, ma se siete qui probabilmente vorrete sapere dov’è che si gioca a calcio a Reggio Calabria. Ebbene, il tempio del fútbol reggino è identificabile solamente nello stadio Oreste Granillo, l’impianto che ormai da tempo immemore ospita i match casalinghi della Reggina.
In termini logistici, è relativamente fuori – per le distanze reggine – dalla zona centrale, ma è comunque a 1,8 km dal Duomo e raggiungibile in 20/30 minuti a piedi dal centro storico. Il nome richiama la memoria di Oreste Granillo, storico presidente della prima promozione della Reggina in Serie B, nonché sindaco della città per due anni. Una figura importante, come carisma e non solo, in una società e una città che è sempre andata dietro a grandi personaggi, nel bene e nel male. È il caso di Pasquale Foti, per tutti Lillo, colui che “portò” la Reggina in Serie A, ma fu anche coinvolto nello scandalo di Calciopoli, per il quale fu condannato.
Se vogliamo, è un grande personaggio lo stesso Luca Gallo, attuale presidente e azionista unico della Reggina 1914, che ha risollevato le sorti della squadra, “riportandola” in B e agendo allo stesso tempo sul piano strutturale, restaurando il centro sportivo Sant’Agata, inaugurando lo Store e portando avanti i lavori di riammodernamento del Granillo stesso. Tornando a quest’ultimo, lo stadio della Reggina ha una capienza di 26343 spettatori (fonte Wikipedia), interamente effettivi dopo gli ultimi lavori, nonostante sia sprovvisto di curve.
La struttura è, infatti, dotata di una tribuna coperta, di una gradinata e di due curve, che strutturalmente parlando sono anch’esse delle gradinate, ma vengono chiamate così poiché ospitano il tifo reggino. La Curva Nord è stata recentemente riaperta, dopo un periodo di inagibilità, e su di essa si sta facendo un lavoro che coinvolga scuole e famiglie, mentre la Sud è da sempre la casa del muro amaranto, che davvero si distingue come uno dei tifi più caldi del Meridione. Svariate volte, il pubblico e il tifo organizzato reggino hanno messo in scena coreografie spettacolari che sono diventate virali e, la stagione passata, è stata fondamentale ed imprescindibile per i risultati della Reggina prima dell’interruzione del campionato. La squadra si riconosce in quella e si lega a quella curva, è tradizione che i giocatori vadano al cospetto di essa alla fine di ogni partita, a prescindere dal risultato, per intonare all’unisono il coro di “Amaranto Alè“.
In questo inizio di annata la Reggina sta un po’ faticando al ritorno in Serie B e sono certo che la presenza del pubblico sarebbe stato un fattore che avrebbe attutito tutto ciò. Reggio ha bisogno della Reggina e la Reggina ha bisogno di Reggio. A tutte le vie del calcio italiano sta mancando il poter assistere al proprio sport, Reggio Calabria non è da meno.
Tendenzialmente mi trovate a parlare/scrivere di pallacanestro, ma se si tratta di Reggina anche sul prato verde dico la mia. Tanto amaranto e un po' di rossonero, folgorato da Pato e deluso da El Shaarawy, sono finito per gasarmi con 15 minuti di Menez. Dimenticavo, sono generalmente troppo giovane per fare tutto quello che faccio.
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