Il nostro viaggio nell’Italia del pallone non si ferma. Risalendo verso nord e scavallando gli Appennini tosco-emiliani, troviamo infatti la città di Reggio Emilia, che di italiano ha tante cose: primo fra tutti il tricolore.
La nostra bandiera, infatti, quella che vediamo issata al di fuori dei più importanti edifici istituzionali, quella che certe cariche hanno cucita sul petto, ma anche quella che popolarmente ci mettiamo sulla schiena quando gioca la Nazionale, è nata proprio a Reggio Emilia. Era il 7 gennaio 1797 e i rappresentanti delle città di Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, riuniti in Congresso, proclamarono il tricolore come vessillo della Repubblica Cispadana. Verde, bianco, rosso: i colori che poi sono diventati il simbolo dell’Italia unita. Reggio Emilia comunque, è dove tutto è nato, e ancora detiene l’appellativo di “Città del Tricolore”.
Immerso nella pianura Padana, il territorio di Reggio Emilia è totalmente pianeggiante, ma la sua provincia si estende come una striscia verticale dal Po alle montagne. Questo rende possibile la presenza nel reggiano anche di paesaggi differenti, particolari, suggestivi. Come ad esempio la Pietra Bismantova, una particolare montagna nella provincia di Reggio, di quasi spielberghiana memoria.
Tornando in città però, l’aria che si respira a Reggio è quella di un luogo ricco di storia, attraversato dalla Via Emilia e da arterie in cui si può rivivere il suo passato, dagli etruschi ai romani, fino agli Este. In questo magma emiliano e colorito, trova anche spazio il coro dei tifosi della Reggiana, i granata, che dal 1919 tifano “La Regia” e la accompagnano tra gli alti e i bassi della sua storia.
Piazza Prampolini
L’ombelico di Reggio Emilia. La piazza principale e dove si concentra la maggior parte delle attrazioni storiche. Piazza Prampolini è conosciuta anche come Piazza del Duomo, e al suo interno si trova infatti la Cattedrale della città, insieme al Battistero medioevale. Come prima tappa del viaggio dentro questa città emiliana, Piazza Prampolini – dal deputato socialista reggiano Camillo Prampolini – può essere considerata un’emblema di tutta l’anima cittadina, tra monumenti storici e istituzionali e il riferimento a ciò che fa conoscere Reggio al di fuori delle sue mura.
La Piazza si trova praticamente al centro dell’esagono del centro storico, che molto probabilmente ricalca le antiche mura difensive della città. Come una forza centripeta, la Piazza si staglia tra le vie urbane e offre a chi non conosce Reggio Emilia una boccata di storia e tradizioni. Il Duomo, il monumento più imponente della piazza rettangolare, ha una costruzione di epoca romana ed è datato intorno all’857.
Nel XV secolo, poi, la cattedrale venne ristrutturata secondo i canoni dell’epoca e oggi offre al suo interno anche contributi artistici contemporanei. Anche il Battistero, a fianco del Duomo, ha subito nel corso del tempo degli “aggiornamenti” architettonici: la trasformazione rinascimentale del Cinquecento ha infatti soppiantato l’origine medioevale. Inoltre, solo qualche decina di anni fa, a metà degli anni Ottanta, alcuni lavori di restauro hanno portato alla luce antichi reperti sconosciuti prima.
Importante nella piazza è anche il Palazzo Comunale e il Palazzo del Podestà, oltre che le due torri, la Torre del Bordello e la Torre dell’orologio. Tra questi monumenti antichi e istituzionali, una parentesi di contemporaneità capitalista si fa spazio tra il marroncino degli edifici medioevali/rinascimentali. Si tratta della banca Unicredit. Perché è importante nella nostra visita di Reggio Emilia? Beh, oltre che per fare un ipotetico bancomat durante il soggiorno nella città, è interessante conoscere la storia della sua costruzione. O meglio, è interessante conoscere che cosa sia avvenuto proprio in quel luogo.
Prima della banca infatti, sorgeva in quell’esatta posizione il caffè Falcelli. Qui, il 25 settembre 1919 alcuni dirigenti sportivi fusero insieme il Reggio Foot-Ball & Cricket Club e l’Audace Reggio. E quindi: benvenuta al mondo, Reggiana. Da subito la nuova società scelse il colore granata, anche se pare che alcune delle prime gare furono disputate con la maglia nera. Iniziarono a giocare sul campo di Mirabello e i primi anni di gioco andarono molto bene. Dalla Serie C passarono subito dopo un anno alla B, fino a raggiungere nel campionato 1923/1924 la massima serie. In quegli anni, tuttavia, la loro permanenza in A fu altalenante, anche se motivo d’orgoglio fu Felice Romano, il primo e unico calciatore reggiano a vestire la maglia della Nazionale.
Sala del Tricolore
Dopo aver osservato la targhetta della fondazione della Reggiana, non è ancora tempo di uscire da Piazza Prampolini. Anzi, è il momento di entrare ancora di più all’interno del suo tessuto storico.
Palazzo Casotti, o più comunemente Palazzo del Comune, ospita al suo interno uno dei saloni più importanti di tutto il territorio del nostro Paese, la Sala del Tricolore. Nel suo stile neoclassico, la sala si sviluppa con tre ordini di balconate, ricordando quasi un teatro. Ai lati ci sono anche alcune colonne con capitelli corinzi, che vanno a comporre uno stile elegante e classico, che a ogni seduta consiliare reggiana accompagna la giunta che ancora qui puntualmente si ritrova. A progettarla fu l’architetto Ludovico Bolognini negli anni Settanta del Settecento, e la sua storia va avanti da quei anni, fino ad oggi.
Oltre ad essere utilizzato per i normali eventi e conferenze comunali infatti, nella Sala del Tricolore avviene l’annuale cerimonia di commemorazione dell’anniversario della nascita della bandiera nazionale italiana. Ogni 7 gennaio, Festa del Tricolore, la Sala ospita le più altre cariche della Repubblica Italiana e si trova per quel giorno al centro del dibattito culturale sull’identità nazionale. A proporre i colori verde, bianco e rosso fu Giuseppe Compagnoni, poi considerato il “padre del tricolore”, che per la prima volta mise d’accordo ducati che erano stati nemici per molto tempo.
La bandiera rappresentò la Repubblica Cispadana fino al 1848, quando poi, durante la prima Guerra d’Indipendenza, divenne bandiera nazionale. Da allora e sempre di più, il tricolore ha poi vestito da nord a sud tutti gli italiani. Così, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parlava in occasione della Festa del Tricolore del 2021:
Durante questi lunghi mesi, così difficili per l’Italia e per il mondo intero, abbiamo provato una grande emozione nel vedere tanti tricolori esposti alle finestre, sulle terrazze e sulle case lungo tutta la Penisola.
Il Tricolore, come forse mai accaduto di recente in maniera così intensa, ha saputo rappresentare la nostra identità, il sentimento di coesione di un popolo che vuole guardare avanti, senza dimenticare le sofferenze provocate dalla pandemia, ma con la volontà di ripartire.
I Leoni di San Prospero
Da Piazza Prampolini, prendendo poi per vicolo Broletto, ci si collega velocemente con un altro importante nodo della città, Piazza San Prospero. Le due piazze sono vicine e correlate, si potrebbe dire complementari, tanto che la prima viene chiamata Piàsa Granda (piazza Grande) e Piazza San Prospeto Piàsa Céca (Piccola).
La Piazza ha una forma rettangolare con tre lati di porticati, che la rendono intima e raccolta. A difenderla, alcune statue di leoni. Sul quarto lato infatti, si trova la Basilica di San Prospero, secondo i più esperti la più particolare della città e una delle più belle. È dedicata al patrono di Reggio Emilia, San Prospero, e anche per questo motivo è evidente il suo peso a livello locale. La facciata della chiesa è barocca, mentre i grandi leoni in marmo rosa che sorgono davanti all’entrata appartengono alla fine del X secolo.
Da una parte questa piazza vede la celebrazione tradizionale della Festa Patronale, ogni 24 novembre: qui hanno luogo tutti gli eventi, tra bancarelle enogastronomiche e artigiane. Dall’altra però, è anche uno dei luoghi più giovanili della città. Grazie infatti ai numerosi piccoli locali, i reggiani si incontrano qui e trascorrono le loro serate. Un luogo vivo e movimentato, in continuità con Piazza del Duomo ma differente da essa. Una bolla raccolta e calda, che riesce ad accontentare tutti. Tifosi, giovani, grandi.
Piazza Vittoria
Piazza Vittoria di nome e di fatto. Se vogliamo infatti essere romantici, è qui che gli ultras e i tifosi della Reggiana hanno riattualizzato il significato di “vittoria”, ovviamente trasmutandolo dall’ambito bellico a quello sportivo.
Piazza della Vittoria è infatti uno spazio molto vasto che una volta accoglieva la Cittadella militare, poi demolita a metà del 1800 e sostituita dal Parco del Popolo, il giardino pubblico più grande del centro. Il “residuo bellico” è però rimasto: dopo la Prima Guerra mondiale infatti, la piazza fu chiamata con il nome attuale, che andò a sostituire l’antico Piazza d’Armi. Successivamente poi, a nord della piazza e vicino ai giardini, è stato apposto il Monumento ai Caduti della I Guerra mondiale. Ai suoi lati si trova anche il Teatro Ariosto, dedicato a Ludovico Ariosto, nato appunto a Reggio Emilia nel 1474. Da piazza della Vittoria, infine, si accede con pochi passi anche a Piazza dei Martiri del 7 luglio, che ricorda l’uccisione di cinque operai reggiani uccisi dalle forze dell’ordine nell’estate del 1960.
Questa piazza, data anche la sua ampia disponibilità ad accogliere persone (e pullman), è stata al centro delle fotografie di festa in occasione dell’ultima promozione della Reggiana. Avendo vinto i playoff lo scorso 2020, la squadra è tornata in Serie B dopo il fallimento di due anni prima. La vittoria infatti è come se fosse stata doppia. Nel 2018 l’Ac Reggiana 1919 fu dichiarata fallita dal Tribunale di Reggio Emilia.
La società, di proprietà dell’ex star del baseball Mike Piazza, era però già stata ereditata da una nuova società, Reggio Audace Fc, che ha fatto ripartire la squadra dalla Serie D. Essa però ha a mano a mano migliorato il suo gioco. E lo scorso anno, quando il campionato si è fermato a febbraio per l’emergenza Covid-19, stazionava al secondo posto dietro al Vicenza. I play-off hanno poi deciso per la quarta promozione in Serie B e l’ex Reggiana è riuscita nell’impresa.
La #ReggioAudace alza il trofeo playoff 🏆 🇮🇹
Vale la @Lega_B 🔥#REGBAR #LegaPro #SerieC pic.twitter.com/YcMGMypJgk
— Lega Pro Official (@LegaProOfficial) July 22, 2020
Piazza della Vittoria è così diventata teatro dei festeggiamenti. Il pullman con i giocatori è rientrato in centro, facendosi spazio con difficoltà dal mare color granata nella notte del 23 luglio. I giocatori non sono scesi dal pullman, anche per arginare possibili contagi, dato che si era ancora in mezzo alla pandemia. Fuori dal mezzo, però, la città intera si è riversata sul cemento con le braccia alzate per festeggiare i propri eroi.
Mirabello e Mapei Stadium
Forse uno dei nomi più diffusi nella toponomastica dei quartieri. Ma anche Reggio Emilia ha il suo quartiere Mirabello. Si tratta di un luogo molto popolato, nella periferia a est del centro storico. Ci si arriva attraverso porta San Pietro, e si trova vicino alla Via Emilia per Modena.
Il quartiere ha una storia molto antica, che parte da circa il 1100, quando era conosciuto come borgo di San Pietro. All’inizio consisteva in una porzione di terreno agricola, con molti campi coltivati. Essi appartenevano alla curia vescovile reggiana, che qui fece costruire una dimora, chiamata appunto Mirabello, per la bellezza della veduta che si aveva dall’edificio. Solo nella seconda metà dell’Ottocento il Comune lo acquisì, ed ecco che nel 1910 avviene il primo incontro di Mirabello con il mondo sportivo.
In quell’anno fu infatti costruito lo stadio comunale. Inizialmente si trattava di un semplice campo di calcio, poi però iniziarono ad essere aggiunti le tribune e alcuni impianti. L’ultima modifica di ammodernamento risale al 1988, quando lo stadio diventò il principale punto sportivo di Reggio Emilia. Qui la Reggiana ha giocato la maggior parte delle sue partite, fino al 1995.
Nel 1993, quando la Reggiana di Pippo Marchioro approdò in Serie A, iniziò ad apparire evidente l’inadeguatezza del complesso a una squadra della massima serie. Fu quindi il 2 aprile 1995, uno 0-1 contro l’Inter, che i Granata giocarono l’ultima gara nel vecchio Mirabello. Oggi lo Stadio è utilizzato dalle giovanili della Reggiana e dal Sassuolo femminile.
A quel punto però, la Reggiana aveva bisogno di uno stadio nuovo, all’altezza del suo successo, che la vedeva gareggiare con le big d’Italia. Dal 1994 quindi, si iniziarono i lavori che avrebbero poi edificato lo stadio Giglio, a due chilometri dalla città. La grande particolarità di questa costruzione, fu il fatto che a contribuire alla sua edificazione furono i 1026 abbonamenti dei tifosi granata. Il Giglio infatti è il primo esempio italiano di stadio di proprietà, seguito solo dallo Juventus Stadium anni più tardi.
Per questo motivo i tifosi granata ne vanno particolarmente orgogliosi, e non sono mancate proteste e malumori quando nel 2013 la struttura è stata rilevata dalla Mapei, impresa titolare e sponsor del Sassuolo. Oggi, infatti, al Mapei Stadium – Città del Tricolore, giocano anche i vicini neroverdi. A sottolineare la firma di origine reggiana però, è la statua di Severino Taddei, inaugurata nel 2020 per celebrare colui che nel 1919 fondò la società. Anche in questo caso, il monumento è stato realizzato con i soldi raccolti dai tifosi granata, ed è stato collocato vicino alla curva. Un esempio di azione civile e democratica, dal basso e di tutti, che infiamma i cuori della Regia.
Un ringraziamento speciale a Giovanni Carra e Gianluca Parisio.