Nonostante il nuovo DPCM il nostro viaggio tra le Vie del calcio non si ferma. Abbandoniamo la rossa e dotta Bologna per muoverci nuovamente verso sud. Tocchiamo per la prima volta la Campania. Non siamo né a Napoli, né men che meno a Benevento. Ci troviamo bensì a pochi chilometri dai paesaggi mozzafiato della Costiera Amalfitana, siamo a Salerno.
Salerno, una città troppo spesso dimenticata o quantomeno accantonata, offuscata dalle attraenti e più gettonate bellezze conterranee. Una città che costudisce una storia ricchissima. Un’identità forte, che nonostante i numerosi cambiamenti che la città ha vissuto nell’arco dei secoli è rimasta fermamente viva e attaccata al territorio.
Un territorio che ha visto succedersi sul proprio suolo alcune delle civiltà più importanti della storia. Etruschi, Romani, Bizantini, Longobardi, Normanni hanno tutti messo le proprie radici sul suolo salernitano. Per non parlare di tutte le generazioni di mercanti che nell’arco della storia hanno piantato le proprie tende nella città per vendere merci provenienti da ogni parte del continente. Presenza incentivata dal mare e dalla presenza della vicina e potente Amalfi. Senza dimenticare le masse di studiosi che affluivano alla Scuola Medica Salernitana sin dalla sua fondazione.
Un crogiolo di culture diverse, che si è visto arricchire fino ai giorni nostri e con i più recenti sbarchi da parte degli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale che portarono alla famosa “Svolta di Salerno”. Tutti fattori che contribuirono a fare di Salerno un polo multiculturale di cui ancora oggi la città è testimone attraverso le architetture e i costumi che caratterizzano la città.
Via dei Mercanti
Proprio i mercanti sono al centro della prima sosta del nostro itinerario cittadino. Ci troviamo nel cuore di Salerno, nella principale arteria del centro storico, quella che i longobardi erano soliti chiamare Drapparia. Centro nevralgico della vita economica dell’Opulenta Salernum, nome coniato sulle monete a testimonianza del florido splendore della città.
Drapparia poiché era appunto la strada dove avveniva il commercio dei drappi, ovvero dei tessuti, in particolare damaschi e velluti. Commercio e industria tessile che a lungo rimasero due delle attività più fiorenti della città. Via dei Mercanti che oggi ospita negozi di ogni tipo e che nel corso degli anni ha subito diversi rinnovamenti ma che tutt’ora conserva il suo impianto originale.
Come già detto ci troviamo nel cuore del centro storico, non a caso nei dintorni sorge gran parte del patrimonio artistico ed architettonico di Salerno. Si trovano edifici come la chiesa del Santissimo Crocifisso, la chiesa di San Gregorio e quella di San Giorgio, per poi arrivare al Duomo di Salerno. Probabilmente l’edificio di maggior fascino della città, perfetto connubio tra lo stile romanico e le influenze delle correnti bizantine e normanne.
Ma tra le pietre di Via dei Mercanti prende vita anche un’altra storia, a suo modo altrettanto importante. Il 19 giugno del 1919, al n.97 di quello che all’ora era Corso Umberto I vede la luce l’Unione Sportiva Salernitana. Frutto dell’impegno protratto da una cordata di soci capeggiati da Matteo Schiavone, desiderosi di dare alla città una propria squadra calcistica dopo le peripezie delle diverse società fondate ad inizio secolo.
Teatro Verdi
A qualche centinaia di metri da Via dei Mercanti sorge un altro dei simboli della città salernitana. Si tratta del Teatro Verdi, dalla storia più recente, ma non per questo meno importante. Un teatro che aldilà dei pregi architettonici che lo contraddistinguono, vive come una sorta di mausoleo dedicato al genio di Gioacchino Rossini, indiscusso protagonista di buona parte delle decorazioni del teatro. Dal foyer con la statua del Pergolesi Morente mentre stringe fra le mani lo Stabat Mater opera del Rossini, fino alla sala principale, dove il compositore pesarese domina dall’alto l’intera sala.
Decorazioni che rappresentano il vero elemento di unicità del teatro, dalle già citate raffigurazioni del genio creatore de “Il Barbiere di Siviglia”, passando per il magnifico sipario su cui vai in scena La cacciata dei Saraceni, fino ai medaglioni dei palchi raffiguranti personaggi che hanno fatto la storia del nostro paese e della nostra cultura. Da Dante a Da Vinci, da Michelangelo a Giotto, per arrivare a Goldoni, Raffaello e tanti altri. E poi, come non citare l’irriverente putto della facciata esterna.
Teatro Verdi che funse anche da prima sede dell’U.S Salernitana per i suoi primi anni di vita. Lo stabile del teatro aveva una serie di locali liberi al piano terra da poter adibire a commerciali o meno, uno di questi diventò la prima sede della società salernitana, che dunque aveva la propria casa calcistica nel Campo di Piazza D’armi, e la propria sede amministrativa al piano terra del teatro. Un posto alquanto suggestivo.
Stadio Donato Vetusti
Abbiamo accennato al campo di Piazza D’armi, primo terreno ad ospitare le partite casalinghe della neonata U.S. Salernitana. Ma la vera casa del popolo granata diventerà, a qualche anno di distanza, quello che al tempo era conosciuto come il Campo Littorio, triste nome comune alla maggior parte degli impianti sportivi sorti o comunque attivi durante il regime fascista.
Successivamente alla disfatta del fascismo verrà rinominato in Stadio Comunale per poi prendere nel 52′ il nome che tutt’ora conserva. Sarà intitolato a Donato Vetusti, storico pioniere del calcio giocato nella città campana.
Una casa, quella del Vetusti, che in quasi mezzo secolo di storia, dal 1931 al 1990, ha visto diventare grande la Salernitana e il popolo granata, i quali hanno vissuto in quel periodo alcune delle annate più belle della propria storia. Facendosi conoscere entrambe al grande calcio, la prima come squadra di valore, la seconda come una delle tifoserie più calde e passionali del panorama italiano.
Luogo che nel cuore dei tifosi Salernitani non può non conservare un posto speciale. Proprio al Vetusti, la tifoseria si è unita come non mai, arrivando ad aggregarsi tutti sotto un unico nome, quello della GSF, la Granata South Force. Un luogo che ha visto nascere e crescere due leggende del tifo salernitano come Ciccio Rocco e Carmine Rinaldi “Siberiano”, storico leader della Curva Sud (cui oggi è intitolata quella dell’Arechi), curva che proprio davanti al Vetusti questo 12 aprile ha esposto uno striscione nel ricordo dei dieci anni dalla scomparsa del proprio amico.
Un posto ch’è rimasto indelebilmente inciso nel cuore dei tifosi granata, un porto sicuro a cui aggrapparsi e a cui non rinunciare, nonostante la nuova residenza dello Stadio Arechi. Luogo dove ancora oggi i tifosi si ritrovano periodicamente, come ogni anno accade il 19 giugno.
Uno stadio che tutt’ora tiene uniti i sentimenti dei tifosi granata. Genere di impianti come oggi non se ne vedono più. Al centro di Salerno, circondato dai palazzi e dalla vita quotidiana di chi vive la città oltre lo stadio. Non lontano da dove tutto e nato e non a caso punto di partenza per ogni festeggiamento dei tifosi salernitani.
Forte Arechi
Pur essendo bagnata dal mare, Salerno ha alle sue spalle anche una cinta montana. Storicamente, e soprattutto in termini bellici, la montagna indica maggiori possibilità di difesa, il ché a sua volta ovviamente suggerisce fortezze, bastioni, mura, castelli. Come quello che sormonta il monte Bonadies “buongiorno”, e che domina la città, il Castello di Arechi.
Ultimo baluardo rimasto di un sistema difensivo che il principe longobardo Arechi II aveva progettato per difendere la città e che dalla cima della montagna si protraeva fino al mare. Una costruzione già presente all’arrivo dei longobardi, e che a differenza del resto delle mura è ha continuato a retare in piedi anche dopo di essi e fino a noi. Un castello inespugnabile, su cui mai si è issata la bandiera di alcun avversario.
Stesso obbiettivo che si prefissa di poter raggiungere l’altra fortezza cittadina, quella posta al capo opposto della città e ad un’altitudine totalmente diversa che facilita le incursioni dei nemici, i quali tentano di assaltare il forte ogni due settimane circa. Lo Stadio Arechi, fortino della Salernitana che, indovinate un po’, prende il nome dal medesimo Arechi II di cui già abbiamo parlato.
L’Arechi ha segnato l’inizio di un nuovo ciclo per la Salernitana e il proprio popolo, che negli anni novanta hanno vissuto alcuni dei momenti più belli della propria storia. Uno stadio degno dei propri tifosi che hanno contribuito in maniera fondamentale a renderlo uno dei più caldi e suggestivi di tutta la penisola. Uno di quegli stadi dove vivere a pieno tutte le sfumature che la parola calcio contiene al suo interno.
Ma naturalmente non esistono solo bei momenti. Il nuovo millennio ha visto la Salernitana sprofondare nel baratro ben due volte. La prima nel 2005 con la retrocessione in serie C1 per problemi finanziari. La seconda nel 2011 con il fallimento definitivo della società e la caduta nei dilettanti. Fu proprio in questo momento che entrò in scena la figura di Claudio Lotito.
Lungomare Trieste
La nostra visita alla città e al calcio salernitano si chiude sul Lungomare Trieste, uno dei tratti costieri più belli dell’intera provincia e non solo. Poco fa abbiamo accennato a Claudio Lotito, una figura che nel bene o nel male, ha sicuramente caratterizzato gli ultimi dieci anni di storia granata. Un rapporto, quello tra il già patron biancoceleste e la tifoseria salernitana che non è mai sbocciato. Dieci anni di controversie, di contestazioni, ma anche di qualche successo dopotutto, innegabile dirlo. Dieci anni in cui i tifosi, nonostante tutto, non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno alla squadra, perché i colori vengono prima di tutto.
Proprio qui, a pochi passi dal lungomare, a Piazza della Concordia, il 19 giugno del 2019, sono andati in scena i festeggiamenti organizzati dalla società in occasione del centenario della Salernitana. Un giorno di festa che però, ancora una volta, ha finito con il mettere ancor più in evidenza la spaccatura tra la società e i tifosi. Una festa a cui tanti hanno partecipato, ma che tanti altri invece hanno preferito disertare.
Mentre le luci del palco si apprestavano ad accendersi nel piazzale, a nemmeno un chilometro di distanza, alle 19:19, davanti allo Stadio Vetusti andava in scena il corteo organizzato dalla tifoseria. Un corteo che durante il suo cammino ha toccato tanti punti fondamentali della storia granata e non solo, ma che a Piazza della Concordia, salvo qualche eccezione, non è mai arrivato. Organizzato da quelle che sono le frange storiche del tifo granata, e che non hai mai sopportato né mai sopporteranno la presenza di un businessman come Lotito a capo della loro squadra, della loro passione.
I motivi di tanto accanimento verso la dirigenza sono a grandi linee gli stessi che i tifosi della Lazio vivono da anni. Fin dal suo arrivo a Lotito è sempre stato contestato il fatto di non volere il bene della squadra, di usare la Salernitana come una sorta di polo finanziario utile per il proprio portafoglio. E nonostante il ritorno della società in Serie B nel 2015, molte scelte della dirigenza non hanno fatto altro che rafforzare le convinzioni di molti.
Un rapporto conflittuale che non appresta a trovare pace neanche dopo l’ottimo inizio della stagione attuale da parte dei granata. Come d’altronde testimonia il “lancio dei palloni” di poche settimane fa, ultimo atto di protesta della tifoseria in risposta ad una delle tante poco piacevoli affermazioni fatte dall’imprenditore romano.
Un tifo, quello granata, che ancor prima di sognare un ritorno in Serie A aspira ad una proprietà che abbia a cuore il bene della squadra e dei propri tifosi. Che non si diverta a scambiare ogni anno giocatori ed allenatori come se fossero delle semplici figurine. Perché a Salerno viene prima il cuore, l’attaccamento ai colori e alla maglia, poi i risultati e tutto il resto.
Quello di Salerno è un esempio che ancora oggi ci ricorda quanto peso abbia il dio denaro all’interno del sistema calcistico, e quanto spesso questo si renda nocivo a questo meraviglioso sport. Salerno e una tifoseria come quella granata meritano maggiore considerazione. Non bisogna mai dimenticare che il calcio è dei tifosi, e senza i tifosi il calcio non avrebbe modo di esistere.
Un ringraziamento speciale a Rosario Vecchione
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