Per riassumere l’essenza del Villarreal Club de Fútbol, basterebbe un’immagine: Pau Torres emozionato e in lacrime nell’intervista post-partita dopo la semifinale di ritorno di Europa League contro l’Arsenal. Il Submarino Amarillo si è appena qualificato alla sua prima finale europea, dove affronterà il Manchester United. La giornalista spagnola di Movistar si complimenta con il ragazzo e con tutto il gruppo allenato da Unai Emery. Lui non si trattiene e inizia a piangere dalla felicità, ringrazia tutti i tifosi, il suo presidente e i giocatori della scorsa stagione che sono andati via.
Pau ha 24 anni, è il difensore centrale della squadra ed è nato e cresciuto a Vila-real, una cittadina di 50mila abitanti in provincia di Castellón, nella comunità Valenciana. È passato da tutte le giovanili del club fino all’esordio nel 2016, consacrandosi poi come uno dei migliori difensori della Liga e tra i più interessanti in Europa. In quel momento le emozioni hanno preso il sopravvento, perché Pau sa bene quanto sia costato al Villarreal raggiungere questa prima finale.
Negli ultimi venti anni il Submarino ha giocato cinque semifinali:
- 2004, Coppa UEFA vs Valencia;
- 2006, Champions League vs Arsenal;
- 2011, Europa League vs Porto;
- 2015, Copa del Rey vs Barcellona;
- 2016, Europa League vs Liverpool.
Eliminato in ogni occasione. Pau Torres da tifoso le ha viste e vissute tutte, in quella del 2006 era addirittura sugli spalti del Madrigal, quando Riquelme tradì l’intero popolo groguet dagli undici metri.
Questi picchi sono stati toccati di recente, perché prima il Villarreal navigava in acque torbide, tra Segunda e Segunda B, ovvero tra seconda e terza serie del calcio spagnolo. La storia è cambiata nel 1997, quando l’imprenditore Fernando Roig – proprietario dell’azienda di ceramica Palmesa e del 9% della catena di supermercati Mercadona – ha rilevato la maggioranza delle quote del club.
Dal primo giorno, Roig ha avuto le idee chiare su quello che voleva costruire: un progetto sostenibile, dove investire all’inizio per avere poi una situazione stabile e di guadagno, per rendere anche il club più appetibile all’esterno, dato che non lo era. Un altro aspetto su cui ha puntato molto è quello della cantera. Ha voluto potenziare il sistema delle giovanili, consapevole che sarebbe stato fondamentale per la prima squadra, tra incorporazioni dirette o cessioni proficue. Inoltre, ha sempre voluto che la squadra giocasse bene, con dei tratti identitari riconoscibili e un fútbol allegro e verticale.
Nei primi anni della sua gestione, il club non aveva disponibilità per fare acquisti importanti in Europa, e così iniziò a guardare con attenzione al Sud America, in particolare l’Argentina. Anche prima, ovviamente, quel mercato aveva una forte appetibilità, ma il Submarino è stato uno dei club d’avanguardia a puntarci con insistenza. Un’altra gran giocata della gestione iniziale è stata quella di acquistare i giocatori al 50% del loro cartellino. Sembrava una follia, poi è diventata normalità per tanti. Anche questo il Villarreal lo ha fatto in anticipo rispetto agli altri.
Insomma, a parte qualche errore di percorso – come la fragorosa retrocessione a sorpresa nel 2012 – il club ha seguito una linea di crescita costante, mantenendo la stessa filosofia e affermandosi negli anni Duemila come una delle migliori squadre della media aristocrazia di Spagna. In fondo, il Villarreal non è altro che un adolescente del calcio moderno, e come spesso succede i giovani devono avere la possibilità di sbagliare per imparare e crescere.
Emery è stato preso per fare quel passo in più
Lo scorso 20 luglio, il Villarreal ha comunicato l’esonero di Javi Calleja, allenatore cresciuto in casa che aveva fatto un buon lavoro e lasciato la squadra al quinto posto in Liga. Sembrava una scelta rischiosa fino all’annuncio del sostituto, arrivato tre giorni più tardi: Unai Emery, ingaggiato con un contratto triennale. Un tecnico del suo calibro libero, per loro, rappresentava un’occasione irripetibile. Anche per Emery tornare in Spagna per rilanciarsi era una soluzione intelligente, dopo le complicate esperienze con PSG e Arsenal.
Per il Submarino è stata la prima grande scommessa per un allenatore così vincente ed esperto. Manuel Pellegrini, per esempio, arrivò in Spagna dopo aver fatto bene in Argentina con San Lorenzo e River Plate, ma non lo conosceva quasi nessuno; Ernesto Valverde era reduce dalla finale di Europa League persa con l’Espanyol; Marcelino, arrivato nel 2013, aveva sì fatto molto bene in Spagna, ma senza avere conquiste oltreconfine alle spalle.
Il tecnico originario della provincia di Guipúzcoa, invece, arrivava con un curriculum ricchissimo, soprattutto in ambito Europa League: oltre alle tre vittorie consecutive con il Siviglia, ha perso una finale sulla panchina dell’Arsenal e giocato una semifinale con il Valencia nel 2012, eliminato dall’Atlético Madrid di Falcao.
Nella sua prima conferenza stampa, gli è stato chiesto l’obiettivo della stagione. Emery non si è nascosto e ha risposto con sicurezza:
Al Villarreal manca alzare un trofeo.
Per vincere qualcosa, però, serviva anche rompere il soffitto di cristallo, andare oltre i propri limiti e conquistare una finale. Il basco ci è riuscito alla prima stagione, e lo ha fatto nella competizione in cui è ormai abituale vederlo trionfare.
Che squadra è il Villarreal di Emery
La stagione del Villareal è stata abbastanza irregolare, soprattutto con diverse difficoltà nei mesi iniziali. Andando con ordine, il bilancio è: settimo posto in Liga, eliminazione ai quarti di finale della Copa del Rey contro il Levante e la finale di Europa League conquistata.
Dalle prime partite, Emery ha puntato sul 4-4-2, cercando di mettere nelle migliori condizioni Parejo e Coquelin in mezzo al campo, due grossi regali arrivati dal vicino Valencia. Alla squadra, però, mancava equilibrio. La soluzione è stata passare al 4-3-3, inserendo Iborra davanti alla difesa, un mediano di posizione, giocatore esperto e rodato. In questo modo, Parejo aveva più libertà, e al posto di Coquelin poteva entrare anche Manu Trigueros, mezz’ala di possesso capace di muoversi bene anche tra le linee. In porta ha giocato in Liga l’esperto Asenjo, portiere più che affidabile, mentre Rulli ha difeso i pali in Europa League. La difesa a 4 si basa sulla leadership del vecchio lupo di mare Albiol in coppia con il rampante Pau Torres, presente e futuro della Roja.
A sinistra ha trovato molto protagonismo Pedraza, laterale cresciuto nel settore giovanile che si era perso in qualche prestito, ma che quest’anno si è rilanciato in maniera definitiva. Gli piace spingere e partecipare in avanti, lo si vede spesso anche tagliare in diagonale verso l’interno del campo con la palla tra i piedi. A destra, invece, un terzino più conservativo: il veterano Mario Gaspar, Jaume Costa o il giovane Foyth, centrale riconvertito a laterale. I tre si sono alternati tutto l’anno tra infortuni, rotazioni e cali di rendimento. Per quanto riguarda la finale, la scelta dovrebbe ricadere su Mario Gaspar.
Davanti la squadra è letteralmente sulle spalle di Gerard Moreno, uno dei migliori giocatori di questa Liga – diventato anche massimo goleador nella storia del club – che merita un capitolo a parte. Gerard non è un nueve puro, preferisce partire dal corridoio intermedio sulla destra per poi rientrare sul suo mancino. Ha dei movimenti tra le linee da trequartista, è in tutto e per tutto un nove e mezzo.
Anche la scorsa stagione ha fatto bene (18 gol in campionato), ma quest’anno si è consacrato come uno dei migliori attaccanti d’Europa: 23 reti e 7 assist in Liga, a cui vanno aggiunti 6 centri e altri 4 passaggi decisivi in Europa League. Un fatturato da élite, ma il suo calcio va oltre questi numeri, che sono solo la punta dell’iceberg. L’ex Espanyol è un attaccante che sembra giocare sul velluto, reclama la palla sui piedi, sempre pronto a eseguire il miglior ricamo tecnico possibile: un controllo orientato, un dribbling avvitandosi su sé stesso, un’imbucata verticale per un compagno o la conclusione di precisione da fuori.
Accanto a lui ha trovato spazio Paco Alcácer, che però ha segnato meno del previsto. Nelle ultime partite Emery ha dato fiducia anche a Bacca, che potrebbe rubargli il posto e giocare dall’inizio. Altri protagonisti là davanti sono Moi Gómez e Chukwueze, due profili molto diversi tra di loro. Il primo è un esterno di centrocampo molto ordinato tatticamente, contribuisce bene ad entrambe le fasi e rappresenta una variabile interessante sulla sinistra; il secondo, invece, è un’ala destra esplosiva, un talento classe ’99 nigeriano a cui piace rientrare sul suo mancino e seminare caos tra dribbling e grandi giocate. Inoltre, c’è anche la carta Yéremi Pino: un canterano del 2002 che ha segnato nell’ultima giornata contro il Real e che piace molto a Emery. Ragazzo di origini canarie con grande qualità palla al piede e una dose smisurata di personalità.
Il Villarreal durante la stagione è cambiato molto anche a causa di alcuni infortuni. Un momento cruciale, in questo senso, è stato lo stop di Iborra a dicembre. Dal mercato è arrivato Capoue, via Watford, che lo ha sostituito in maniera egregia. Emery, sempre molto intervenzionista, non si è focalizzato su un sistema di gioco e ha cambiato spesso in base agli uomini a disposizione: è partito con un 4-4-2 molto offensivo, ha virato poi sul 4-3-3 e successivamente è ritornato anche al modulo iniziale, con qualche accortezza in più.
Fondamentalmente, un attaccante in più o in meno non cambia lo stile di gioco della squadra. Il Submarino Amarillo si trova a suo agio a tenere il pallone e attaccare difese schierate, grazie alla grande qualità della sua manovra – Pau Torres, Parejo e Trigueros sono chiave in questo – e alla capacità di Gerard Moreno, di Chukwueze e di Moi Gómez di scardinare e disordinare lo schieramento avversario.
Allo stesso tempo, però, è una squadra che riesce a sfruttare molto bene gli spazi in ripartenza, un marchio distintivo sia di Emery che dello stesso Villarreal. Il punto debole è rappresentato dai calci piazzati e dai cross, situazioni in cui la difesa soffre. Inoltre, una caratteristica che ha sempre contraddistinto il club è la difficoltà nel proteggere il vantaggio acquisito. In questo senso, solo Marcelino era riuscito a cambiare questo atteggiamento.
L’ultimo passo, il coronamento del progetto
L’avversario che aspetta il Villarreal nella finale di Danzica è il Manchester United, favorito per la vittoria dopo la sua retrocessione dalla Champions League. C’è molta differenza tra le due rose, con i Red Devils che possono contare su un livello generale e su giocatori di un’altra categoria rispetto agli spagnoli. Il Submarino, però, è riuscito a raggiungere un traguardo che sembrava maledetto.
Solitamente, quando succede così, la prima volta non è quella buona: forse servirà anche in questo caso sbagliare, maturare e riprovarci. Un pensiero che non sfiorerà minimamente i tifosi groguet, almeno fino al triplice fischio. Vila-real è diventata la città più piccola a giocarsi un’Europa League, la seconda dopo Bastia se consideriamo anche la Coppa UEFA. Un’impresa è già stata fatta. Al di là del risultato finale dopo il novantesimo minuto, il Submarino Amarillo continuerà il suo percorso in cui sta vivendo i migliori anni della sua storia.
1 Commento
Bravo Tommaso Cherubini, con il suo articolo ha portato fortuna al Villareal!!!!