É la lega a cui il resto del mondo guarda come esempio, quella con il maggior impatto economico e dunque, con i calciatori migliori. É probabilmente il campionato con il maggior fascino, lo è sicuramente a livello storico. É quello che mette d’accordo un po’ tutti, perchè del resto resisterne al richiamo è praticamente impossibile. É questo e tanto altro. Signori e signore, è la Premier League, ed è finalmente tornata.
Quanto eri mancata Premier League
Nella giornata di ieri abbiamo avuto modo di dare un’occhiata sia alla Liga che alla Bundesliga, mentre oggi ci focalizzeremo sul campionato inglese, anch’esso avente preso il via nella serata di ieri. Lo ha fatto in classico stile Premier, con la rocambolesca partita tra Brentford e Arsenal, che ha visto le Bees avere la meglio sui Gunnners a distanza di 74 anni dalla loro ultima apparizione nel massimo campionato
Un piccolo assaggio di quella che si prospetta un’altra incredibile stagione di calcio nella terra di sua maestà. A differenza degli altri campionati (e del PSG) la Premier non ha risentito particolarmente l’impatto economico della pandemia, spendendo in lungo e in largo e spesso depauperando le altre leghe di alcuni dei loro migliori giocatori (vedi Lukaku). Un fenomeno che magari non gioverà alla competitività in campo europeo, ma che sicuramente aumenterà la proposta di spettacolo del campionato di cui ci prepariamo ad osservare le protagoniste.
I campioni in carica
di Lorenza Suriano
Riconfermarsi è sempre la cosa più difficile, soprattutto quando dopo una cavalcata trionfale in campionato viene quasi obliterata nella memoria collettiva da una finale di Champions League finalmente raggiunta, ma poi giocata al di sotto delle proprie possibilità. Il City ha però l’obbligo di provarci e la pressione di doverci riuscire con i favori del pronostico, e dovrà ripartire dalla dimostrazione di forza che ha dato lo scorso anno nel gestire i molteplici impegni fino al giorno di quella maledetta partita di Oporto.
L’impressione è che rispetto allo scorso anno la concorrenza sarà più agguerrita. Il Chelsea si è rinforzato con il colpo Lukaku ed è galvanizzato dagli ultimi successi nelle coppe europee, il Liverpool spera di aver messo alle spalle la sfortuna con gli infortuni che ne hanno pesantemente condizionato il rendimento e il Manchester United, unica squadra in grado di tenere il ritmo del City per una parte dello scorso campionato, ha fatto all-in con gli acquisti di Sancho e Varane. L’ultimo Community Shield perso col Leicester inoltre, seppur poco indicativo da un punto di vista tecnico per le tante assenze, ha dimostrato come le altre non abbiano intenzione di affrontare i Cityzen con alcun tipo di timore referenziale.
Dal canto suo Txiki Begiristan, direttore sportivo dei blues di Manchester, non è rimasto certo con le mani in mano, assicurandosi le prestazioni di Jack Grealish per circa 100 milioni di sterline e gettandosi all’inseguimento di Harry Kane. L’acquisto di un centravanti deve essere priorità per la squadra di Guardiola, anche visto il buco sul piano numerico lasciato dall’addio del Kun Aguero. Complice anche il rendimento altalenante di Gabriel Jesus, forse più adatto ad una formazione con due punte, ciò che è mancato lo scorso anno agli uomini di Pep è stata una prima punta che potesse dare un’alternativa tattica senza abbassare la qualità del gioco. L’attuale numero 9 del Tottenham sarebbe il giocatore perfetto, sia per i suoi numeri sotto porta sia per la capacità di liberare spazi e dialogare con i compagni.
Per quanto riguarda Grealish, fiore all’occhiello del calcio britannico, la sua aggiunta darà sicuramente ulteriore qualità e imprevedibilità in fase di palleggio, ma sarà interessante, vista la sua preferenza per la zona sinistra del campo, vedere come affronterà la convivenza con Foden e De Bruyne. Il primo ricopre infatti esattamente la stessa mattonella, seppur con una diversa attitudine in quanto mancino, mentre il secondo pone Grealish di fronte alla sfida di calarsi in una squadra di cui non è il fulcro assoluto. Molto della stagione del City dipenderà dalla coabitazione tra questi tre calciatori e da come Guardiola riuscirà a sistemarli in campo.
In attacco, si candidano a minuti importanti anche Mahrez, lo scorso anno padrone incontrastato della fascia destra e unico per caratteristiche all’interno della squadra, e Ferran Torres, che fino ad ora ha in realtà dimostrato cose interessanti soprattutto in zona gol. Il rinnovo di Fernandinho garantisce continuità e possibilità di cambiare in corsa a centrocampo, oltre che quintali di leadership. Accanto a lui ruoteranno Gundogan e il già citato De Bruyne (eventualmente potremmo vedere anche Grealish o Foden più bassi), con Rodri pronto in caso di schieramento col “doppio pivot”. A partire, visto il sovraffollamento, potrebbero essere Sterling, che gode da sempre della fiducia di Guardiola ma inizia ad avere davanti molti uomini, e Bernardo Silva, protagonista forse sempre un po’ sottovalutato delle ultime stagioni, ma ora pronto ad intraprendere nuove sfide.
Il reparto difensivo punterà sulla continuità, con Zinchenko ormai nel pieno della maturazione a sinistra e l’alternanza tra Walker e Cancelo, il primo terzino di fisico e corsa, il secondo regista aggiunto, a destra. Nel mezzo, Stones e Dias sono una delle coppie meglio assortite d’Europa. Il portoghese è stato in grado di mettere da subito a disposizione le proprie qualità e abilità nel guidare la difesa raccogliendo la pesante eredità di Kompany e diventando il perfetto complemento per l’ex-Everton, da sempre talentuoso, ma poco a proprio agio nel gestire il reparto. A Ederson spetterà il duplice ruolo di estremo difensore e primo uomo in fase di impostazione, in una squadra in cui tutti devono saper fare tutto.
Rispetto al 2020, quando avevano iniziato con una serie di dubbi e prestazioni stentate, quest’anno il City proverà a ripetere la marcia trionfale con una consapevolezza diversa, senza paura di nessuno e sapendo di avere infinite armi a disposizione, forte di un gruppo che continua ad avere fame di vittorie.
Assalto al trono della Premier League
di Nicola Boccia
Come preannunciato in precedenza quest’anno la corsa per il titolo si prospetta più infiammata che mai. Dopo diverse stagioni in cui la lotta è stata appannaggio di soli due attori, questa volta le squadre pronte a poter puntare alla vittoria della Premier League sono, almeno sulla carta, in quattro. Ad impensierire in primis la reggenza del City non potranno che essere i campioni d’Europa in carica. Il Chelsea di Thomas Tuchel nella scorsa stagione ha letteralmente stravolto – piuttosto a sorpresa data la prima deludente parte di campionato sotto la guida di Lampard – le gerarchie a livello continentale, arrivando a questa nuova Premier con ovvi auspici di vittoria.
A maggior ragione dopo aver riempito con 115 milioni di euro quello che sembrava essere l’unico buco all’interno della formazione del tecnico tedesco. Ai Blues mancava infatti solo un attaccante che garantisse una ventina di gol a campionato, ed in tal senso acquistando Lukaku hanno aggiunto molto di più di una manciata di gol. Il gigante belga è stato indiscutibilmente uno dei giocatori più in forma della scorsa annata, e ritorna a Stamford Bridge dopo 8 anni con la voglia di spaccare il mondo. Un centravanti del genere si inserisce alla perfezione nello scacchiere tattico di Tuchel, lasciando aperta l’opzione del gioco in profondità e negli spazi aperti, e aggiungendo la possibilità di aver un porto sicuro in mezzo al campo a cui appoggiarsi, cosa che con Werner non era affatto possibile.
Poco da dire sul resto della squadra, che non necessitava di investimenti sul mercato. Buona parte della rosa è formata da elementi ancora in giovane età, dunque sarà lecito aspettarsi un ulteriore step in avanti, in particolar modo da chi fino ad oggi ha convinto solo a tratti. Certo, chiedere di fare di più ad una formazione reduce dalla vittoria della Champions League sembra quasi ridicolo, ma con il quantitativo di potenziale a disposizione del Chelsea non può che portare in questa direzione.
Chi invece ha estremamente bisogno di riscattare una stagione deludente è il Liverpool di Klopp. I Reds nello scorso campionato sono stati ad un passo da un’esclusione dalla Champions League che avrebbe voluto dire – malgrado tutte le attenuanti del caso – sprofondare nel baratro. Nonostante il pessimo cammino della scorsa Premier League la decisione è stata quella di tenere fede al gruppo che in questi anni tanto ha vinto, che però ormai ha superato la soglia dei trent’anni come età media. Unico innesto importante è stato Ibrahima Konaté. L’ex difensore del Lipsia andrà a infoltire un reparto i cui limiti in quanto a numeri sono stati messi chiaramente in evidenza nel corso dell’anno passato.
Il Liverpool parte sicuramente un passo indietro rispetto alle altre pretendenti al titolo, ma una Premier che si prospetta più combattuta che mai potrebbe aiutare la squadra a rimanere in scia per la vetta. D’altronde con una tale rosa a disposizione – a meno di un nuovo susseguirsi di infortuni – Klopp non può che puntare al massimo obbiettivo, seppur con la consapevolezza di non avere i favori del pronostico dalla propria parte.
A chiudere la carrellata delle pretendenti al trono la metà rossa di Manchester. Lo United è ad oggi il club di gran lunga con il mercato più importante. Gli arrivi di Sancho, ma a mio avviso soprattutto di Varane, vanno a completare una squadra che già presentava un tasso qualitativo utile per puntare al vertice, seppur mai espresso a pieno. Il centrale francese porterà in dote la giusta dose di leadership ed esperienza per compattare un reparto difensivo dimostratosi più volte non del tutto impermeabile, mentre l’ala inglese andrà ad aumentare vertiginosamente il tasso tecnico e l’imprevedibilità del reparto avanzato.
I dubbi sulla formazione di Solskjaer però rimangono, in particolar modo legati proprio alla figura dell’allenatore. La dirigenza ha più volte rinnovato la fiducia al tecnico, che però non è mai stato davvero in grado di convincere appieno. Nelle ultime annate i Red Devils si sono presentati ai blocchi di partenza sempre carichi di aspettative – motivate anche dagli ingenti investimenti – salvo poi dover rimodulare gli obbiettivi prefissati a campionato. Le colpe sono anche e soprattutto di una linea manageriale non proprio eccelsa nella costruzione della squadra, eppure l’impressione era costantemente quella che la squadra potesse fare di più di quanto visto in campo.
Quest’anno il Manchester si presenta però con un gruppo più amalgamato, conscio della propria forza e dei propri limiti, e con due innesti di discreta rilevanza. Chissà che il gap con i rivali cittadini non venga finalmente, o almeno in buona parte, colmato.
Londra a caccia dell’Europa
di Nicola Boccia
Se dalle parti di Stamford Bridge il sole sembra splendere come non mai, c’è un’altra parte di Londra in cui le classiche nubi inglesi sembrano addensarsi sempre più cupe. Le compagini del North London si trovano infatti a vivere entrambe un momento non proprio felice. In casa Tottenham il caos non accentua a placarsi. Dopo l’estenuante ricerca nel trovare un allenatore pronto a farsi carico della non proprio felicissima situazione in casa Spurs conclusasi con l’arrivo di Nuno Espirito Santo, rimane ancora da risolvere la questione legata al nome di Harry Kane.
Il centravanti inglese non ha certo tenuto nascosto il desiderio di voler cambiare finalmente aria, gettando dirigenza e tifosi nello sconforto più totale. Quel che contribuisce in maniera determinante ad ingarbugliare la situazione sono però i tempi. Il cerchio delle pretendenti si è ormai ristretto (ad una?) eppure niente sembra volersi sbloccare. La portata del trasferimento a livello economico è già un ostacolo di per sé, a cui si aggiunge l’ormai risaputa reticenza di Daniel Levy a fare sconti sul mercato, che in questo caso magari spera di riuscire a trattenere per sfinimento il numero 10.
Nonostante qualche operazione di mercato decisamente interessante – Romero dall’Atalanta e Bryan Gil dal Siviglia sono due ottimi acquisti anche in chiave futura – arriva a questa Premier League con poche quotazioni. La Conference League conquistata con il settimo posto dell’anno scorso non può rappresentare la dimensione di un club come il Tottenham, che dovrà cercare indubbiamente un piazzamento di maggior rilievo.
Con lo stesso obbiettivo prefissato si presenta anche l’Arsenal di Arteta. I Gunners sono reduci da una serie di annate a dir poco deludenti, condizionate da altrettante scelte di mercato alquanto discutibili. Ultima tra queste l’acquisto di Ben White, non tanto per il valore del giocatore, quanto per la cifra spropositata (circa 58 milioni) sborsata per portarlo all’Emirates.
L’auspicio è quello di poter riscattare il recente passato, e per farlo sarà necessario conquistare uno spot europeo. Eppure se il buongiorno si vede dal mattino, l’esordio con il Brentford lascerebbe tutt’altro che ben sperare. Le speranze sono riposte in un gruppo di giovani piuttosto interessanti, oltre che in diversi elementi – come ad esempio Pépé, Thomas od Aubameyang per citarne qualcuno – desiderosi di rifarsi dopo la scorsa annata più che deludente. La strada però è tutta in salita.
Chi invece arriva a questa Premier League con il desiderio di confermarsi sui livelli della passata stagione è il West Ham di David Moyes. Dopo anni conditi da pochi alti, e tanti bassi, gli Hammers sono finalmente tornati a battere il ferro, conquistando un posto in Europa League che con qualche punticino in più avrebbe potuto voler dire addirittura Champions League.
Fatta eccezione per l’arrivo di Areola il mercato del club è stato fino ad ora praticamente inesistente. L’idea è naturalmente quella di puntare sul gruppo che tanto bene ha fatto l’anno scorso, eppure la squadra necessiterebbe di un innesto per colmare il vuoto di imprevedibilità lasciato da Lingard. Tuttavia per il momento in ottica mercato si è parlato soprattutto di difensori centrali (forte l’interessamento per Milenkovic della Fiorentina).
Buona parte di Londra andrà dunque a caccia di un posto per l’Europa, che di questi tempi equivarrebbe a trovare l’acqua nel deserto. Qualcuna delle parti in causa rimarrà ovviamente fuori, resterà da vedere chi pagherà lo scotto.
Ones to watch
di Andrea Codega
Le squadre “da tenere d’occhio” diremmo in italiano. Tra queste non può non spiccare il Leicester, che potrebbe benissimo essere inclusa tra le squadre squadre che puntano di diritto alla qualificazione alla prossima Champions League.
Un traguardo che le Foxes mancano sulla linea del traguardo per un nonnulla – oltretutto in maniera alquanto immeritata – da due anni. Doppia beffa che non sta però fermando lo straordinario progetto guidato da Brendan Rodgers, di cui il Community Shield appena conquistato ai danni del City è solo l’ultimo successo.
Il valore del progetto e delle ambizioni europee del Leicester sono testimoniate dai nuovi acquisti. Se a una mediana composta da Ndidi e Tielemans aggiungi un giocatore solido e di prospettiva come Soumarè, se a un attacco già fortemente completo e qualitativo aggiungi Patson Daka, significa che vuoi puntare in grande. Un discorso che ricorda quello che si fa in Italia per l’Atalanta, i cui acquisti passano spesso inosservati salvo poi rivelarsi decisamente azzeccati. Come la Dea spesso non rientra nel novero delle favorite per i primi quattro posti, anche il Leicester parte sulla carta dietro le grandi della Premier League, avendo però il potenziale per poter sorprendere e inserirsi tra i primi posti.
Un discorso simile, seppur con target e valori tecnici più bassi, vale per l’Aston Villa di Dean Smith, che riparte dall’undicesimo posto e dagli ottimi 55 punti conquistati nella scorsa stagione, disputata da neopromossa. L’estate dei Villans è ruotata attorno alla mastodontica cessione di Jack Grealish in direzione Manchester City, che ha portato nelle casse del club circa cento milioni di sterline.
Anche in questo caso, la testimonianza delle ambizioni e della specifica programmazione della dirigenza arriva dagli acquisti fatti ancor prima della cessione del beniamino inglese al club di Guardiola. Tuanzebe e un usato sicuro come Ashley Young in difesa, ma soprattutto i tre grandi rinforzi offensivi che vanno a stravolgere e migliorare un attacco che presentava già Ollie Watkins come la grande stella della squadra dopo l’ottima stagione d’esordio in Premier League. Sono arrivati Leon Bailey dal Leverkusen, Danny Ings dal Southampton ed Emiliano Buendia dal Norwich – tutti e tre presi per una somma complessiva inferiore alla cifra incassata dalla cessione di Grealish – sono colpi che garantiranno ai Villans di lottare per un posto in Europa League con squadre più blasonate del campionato.
Il discorso è un po’ diverso per l’Everton di Rafa Benitez. I Toffees si sono comportati bene nell’ultima stagione con Carlo Ancelotti, arrivando sì decimi ma a soli otto punti dal quarto posto e con una serie di scalpi importanti raccolti nel corso della stagione. L’impressione è che la partenza dell’allenatore italiano in direzione Madrid abbia un po’ fermato quella volontà di crescita repentina che gli arrivi della scorsa stagione – tra gli altri dello stesso Ancelotti e James Rodriguez – avevano testimoniato.
Con Benitez il modulo rimarrà pressoché il 4-2-3-1 già visto lo scorso anno, affidando le chiavi del reparto offensivo proprio al fantasista colombiano, a Richarlison fresco vincitore della medaglia d’oro olimpica e a Calvert-Lewin. Un reparto che sulla carta vale quello di squadre che lotteranno per qualificarsi in Champions League. È il resto della squadra ad apparire invece privo di novità, senza nuovi elementi di valore che possano fornire rinnovata linfa alle speranze dei Toffees. Sulla carta, senza grandi movimenti da qui alla fine del mercato, l’Everton di Benitez parte dietro rispetto alle altre squadre già presentate, ma chissà che non possano sorprendere proprio grazie a questa assenza di pressione. In attesa di capire il futuro di Moise Kean. Se restasse in Inghilterra, si rivelerebbe un’aggiunta mica da ridere.
Infine, il Leeds di Bielsa. Una squadra che rappresenta perfettamente il detto “one to watch” proprio per la qualità di gioco espressa dai giocatori del tecnico argentino durante l’ultima stagione. Da neopromosso, il Leeds è riuscito a raggiungere uno straordinario nono posto in classifica, anche in questo caso ottenendo scalpi importanti e offrendo sprazzi di grande calcio al pubblico inglese, non certo avvezzo – prima dell’avvento di Guardiola – a situazione tecnico-tattiche di questo livello.
Sarà interessante vedere cosa riuscirà a proporre El Loco Bielsa, se opterà per situazioni tattiche innovative da sperimentare con i giocatori a propria disposizione, oppure se insisterà sulle idee espresse nella scorsa stagione perfezionando il proprio gioco e valorizzando ancora di più elementi del calibro di Bamford, centravanti e stella della squadra. Nel corso dello scorso anno abbiamo imparato a conoscere bene lui e tanti altri componenti della rosa, sulla carta non di livello eccelso ma che grazie al lavoro dell’allenatore hanno osservato sensibili miglioramenti, trovando una loro specificità all’interno del sistema di gioco. La grande sfida per il tecnico argentino sarà inserire all’interno dello scacchiere un giocatore come Rodrigo, che sulla carta potrebbe aumentare il tasso tecnico del reparto avanzato, ma che nella scorsa stagione non è riuscito ad avere continuità.
Per valori assoluti il Leeds non sembra poter lottare per un posto tra le prime 7/8 squadre della Premier League, ma siamo tutti in attesa di vedere come Bielsa riuscirà a stupirci anche in questo caso, trovando nuove soluzioni per migliorare la squadra e portarla in posizioni che teoricamente non le competerebbero. La conferma di elementi chiave come Raphinha, Harrison, Klich e soprattutto Kalvin Phillips – reduce da un Europeo fantastico – fornisce una base più che solida su cui poter continuare a lavorare e sperimentare.
Come si presenta la classe operaia della Premier League?
di Nicola Lozupone
Esiste una Premier League lontana dai riflettori delle principali città ma che sia a Nord che a Sud della nazione è ancora legata alle proprie tradizioni ed alla propria identità. Con la crescita del movimento Premier League alcune di queste piazze hanno dovuto rivedere la propria tipologia di calcio, altre sono dovute venire a patti con il calcio-business. indispensabile per restare quanto meno a galla nella principale lega calcistica del mondo.
A Wolverhampton, una delle città più intrise di tradizione del calcio inglese, da diversi anni il club per tornare competitivo ha dovuto cedere la propria anima ad uno dei procuratori più potenti del mondo: Jorge Mendes. L’agente portoghese ha sostanzialmente creato una colonia portoghese nelle Midlands che, dopo quattro anni di risultati importanti con Nuno Espirito Santo in panchina, ha cambiato guida tecnica ma senza tradire la propria trazione lusitana, ingaggiando al suo posto Bruno Lage. Con l’ex tecnico del Benfica difficilmente vedremo cambiamenti a livello tattico. Il 3-4-3 non sembra sarà oggetto di modifiche da parte della nuova guida tecnica che spera di ottenere un bel supporto qualitativo dall’arrivo di Francisco Trinçao dal Barcellona, mentre il recupero di Raul Jimenez dal grave infortunio al cranio subito nella scorsa stagione potrebbe essere il secondo grande acquisto della stagione dei Wolves.
Newcastle e Southampton si trovano agli estremi di questa Premier sia a livello geografico che a livello di proposta calcistica. A St. James Park non sono previste modifiche allo spartito visto nelle ultime stagioni. Steve Bruce ha l’obiettivo di portare la barca in porto e non ci sono concessioni di alcun tipo all’estetica, la tifoseria dei Magpies vorrebbe vedere qualcosa di diverso, ma la proprietà al momento non sembra intenzionata ad assecondare queste ambizioni. Ai tifosi non resta che sperare in una grande stagione dei talenti a disposizione della rosa, tra cui lo scozzese Ryan Fraser e Saint-Maximin sugli esterni e la coppia Joelinton-Callum Wilson in attacco.
Nella città che battezzò il primo ed unico viaggio del Titanic siamo al terzo anno della gestione Hassenhuttl. Il calcio pane e gegenpressing implementato dall’ex allenatore del Lipsia ha illuso più volte la piazza nelle scorse stagioni, salvo poi dover ridimensionare le ambizioni a causa di qualche infortunio di troppo. Il mercato ha portato sulla fascia sinistra un terzino di grandissimo livello come Romain Perraud, giunto dal Brest, mentre in attacco Danny Ings è stato ceduto all’Aston Villa e sostituito dal vice-capocanniere della passata Championship, ossia Adam Armstrong dal Blackburn. Il ritorno del pubblico al St. Mary’s ed un calendario più facile da gestire rispetto allo scorso anno, assieme ad un miglior inserimento di giocatori di prospettiva come Salisu in difesa e Diallo a centrocampo potrebbero rendere i Saints la tipica mina vagante del campionato.
Stesso discorso fatto per il Newcastle vale ad ovest per il Burnley di Sean Dyche, squadra da diversi anni invariata, rimanendo una presenza fissa della Premier League. Il 4-4-2 compatto di Ginger Mou è ormai un marchio di fabbrica, con una squadra sempre corta e con poche concessioni all’estetica. Il gruppo che si presenta per il settimo anno di fila ad affrontare la Premier non è cambiato. La coppia centrale Tarkowski-Mee in difesa della porta, McNeil a scorazzare sulla fascia sinistra, Westwood a cucire gioco a centrocampo. Tutto questo è perfettamente riconoscibile quanto prevedibile, il rischio è che l’antidoto sia stato trovato – i numeri difensivi dell’ultima stagione sono stati sensibilmente sotto gli standard – e che questo gruppo possa aver incanalato la parabola discendente. Al campo il compito di smentire tutto ciò.
Molto diversa la situazione per il Crystal Palace, che dopo diversi anni sotto la gestione Hodgson ha deciso di voltare pagina cercando di costruire una squadra in grado di mettere in campo un calcio propositivo, e pronta a lanciare nel grande calcio giovani dalle prospettive interessanti. Sulla panchina di Selhurst Park si siederà Patrick Vieira, reduce da una parentesi poco felice a Nizza, che cercherà di proporre un calcio basato sul possesso palla e su una strategia di gioco meno attendista. Il mercato si è orientato decisamente in tal senso, con giocatori adatti a questo tipo di strategia e per i quali il club ha investito 50 milioni di Euro. Completamente rifatta la coppia di centrali difensivi con l’arrivo di Joachim Andersen e di Marc Guehi, due centrali validi in impostazione. A centrocampo sono invece arrivati due elementi di grandissima prospettiva come Michael Olise, trequartista di grande fantasia arrivato dal Reading, e Conor Gallagher arrivato dal Chelsea dopo il prestito al WBA della scorsa stagione. Con queste premesse le Eagles rappresentano una delle realtà più interessanti del campionato.
Stesso discorso si applica al Brighton, squadra che da due stagioni, sotto la gestione di Graham Potter, sta regalando tanto bel calcio. I Seagulls lo scorso anno sono stati un grandissimo caso di studio per gli amanti delle statistiche applicate al calcio, soprattutto quelle relative agli expected goals, con numeri da piazzamento Champions ma con scarsissime percentuale di concretizzazione nella realtà. Il roster a disposizione di Potter ha subito una perdita di non poco conto come quella di Ben White, creando un buco nella linea difensiva che vedremo se sarà sanato in sede di mercato. Dal mercato è arrivato, invece, Mwepu ex-Salisburgo pronto a creare un’interessante cerniera di centrocampo con Bissouma.
Le ambizioni di chi sale
di Giovanni Fasano
In questa Premier League che sta sensibilmente aumentando il gap con gli altri campionati, anche le tre neopromosse presentano tre organici competitivi. Nell’analisi delle tre squadre che – chi attraverso la promozione diretta e chi attraverso i playoff – hanno conquistato il massimo campionato non si può non partire dal Norwich di Daniel Farke. L’allenatore tedesco, in carica da maggio 2017, ha conquistato la seconda promozione in appena tre stagioni, confermandosi un tecnico da tenere d’occhio anche in vista di realtà più ambiziose.
Il Norwich che torna in Premier League è una squadra che sta facendo un mercato piuttosto aggressivo, incentrato sul tentativo di colmare il vuoto qualitativo causato dall’addio di Emiliano Buendia, ceduto all’Aston Villa a sua volta orfano di Grealish. Sostituire un giocatore da doppia-doppia tra gol e assist non è semplice, ma il Norwich ha deciso di reinvestire i proventi della cessione su profili giovani e dal potenziale piuttosto elevato. Dal Chelsea è arrivato Billy Gilmour, perfetto per il centrocampo a 2 nelle idee di Farke, a cui probabilmente sarà affiancato Pierre Lees Melou. I grandi investimenti sono però stati fatti in attacco, dove dal Werder Brema per un cifra vicina ai 20 milioni sono arrivati Milot Rashica, a caccia dell’occasione per imporsi con continuità, e Josh Sargent, uno dei talenti più luccicanti della generazione statunitense pronta a conquistare il mondo. Il talento, seppur in certi elementi ancora grezzo, non manca. Difficile dire se questo basterà per evitare che i buoni propositi e il calcio brillante mostrato a più riprese si trasformino in una stagione tragica, come l’ultima vissuta in Premier League da Farke e i suoi.
Nell’ultima Championship alle spalle del Norwich si è posizionato il Watford dei Pozzo, anch’essa una squadra che dopo un solo anno di purgatorio torna nella massima serie. Il Watford la Premier l’ha conquistata principalmente grazie alla difesa, la migliore dell’intero campionato e divenuta impermeabile con l’arrivo del manager Xisco a dicembre. Quella dell’allenatore spagnolo è una squadra muscolare, non per caso è da poco stato ufficializzato l’acquisto di Juraj Kucka, finalmente sbarcato in un campionato adatto alla sua taglia. In avanti le copertine se l’è prese Ismaila Sarr, determinante con il suo atletismo in campo aperto. Al suo fianco ha iniziato a brillare la stella di Joao Pedro, gioiellino brasilino che sarà interessante vedere in un contesto probante come la Premier League. Resta però difficile pensare che il reparto offensivo attuale possa garantire una quota di gol necessaria per restare a galla. Deeney non è più affidabilissimo, mentre dall’Everton è arrivato un Joshua King che sembra il lontano parente di quello che nel 2017 realizzò ben 16 gol in Premier League. A circa 15 giorni dalla fine del mercato l’impressione è che Pozzo debba fare un ulteriore sforzo se vuole consegnare a Xisco una rosa in grado di giocarsi la salvezza.
La quota romantica di questa edizione della Premier League è invece appannaggio del Brentford, che dopo una lunga cavalcata ha conquistato la massima divisione 74 anni dopo l’ultima volta. Thomas Franck è riuscito nell’impresa che gli era sfuggita nell’agosto del 2020, quando perse la finale playoff contro il Fulham. Questa volta la finale l’ha vinta lui, imponendosi per 2 a 0 sul più quotato Swansea. La squadra del piccolo quartiere londinese deve questo rapido exploit all’acquisizione della società da parte dell’imprenditore Matthew Benham, che ha preso la squadra sull’orlo del fallimento e l’ha portata ad inaugurare un nuovo stadio solo un anno fa. Ed è proprio dal Community Stadium ch’è ripartita la Premier League 20-21, nell’anticipo andato in scena ieri sera contro l’Arsenal. Ad affrontare i Gunners è stata sostanzialmente la stessa squadra che l’anno scorso ha conquistato la promozione, a cui il mercato ha regalato Kristoffer Ajer, difensore centrale prelevato dal Celtic per diverse sessioni di mercato in orbita Milan. A guidare l’attacco ci sarà ancora Ivan Toney, che dopo aver esordito in Premier League a 20 anni torna a sei anni di distanza avendo alle spalle un campionato in cui ha camminato sulle acque (31 gol realizzati). Il Brentofrd vivrà questa stagione con l’entusiasmo di chi la sua impresa l’ha fatta, a cui farà però da contraltare l’inesperienza ad alti livelli comune a quasi tutti gli elementi della rosa.