Mentre in Italia il dibattito sui giovani si è assestato in uno spazio tra il trascendente e il metafisico, posando spesso le fondamenta sull’astrazione, la Francia ottiene di anno in anno uno dei raccolti più opulenti tra le derrate europee.
In termini di quantità e qualità di produzione, solo le academy britanniche offrono risultati paragonabili ai centri di formazione transalpini. Secondo i dati forniti dal CIES, negli ultimi sette anni i club francesi hanno guadagnato complessivamente 1.61 miliardi di euro dai prodotti del loro vivaio, mentre gli inglesi hanno raggiunto i 2.03 miliardi. Dati che, contestualizzati, possiedono un peso specifico pressoché equivalente, viste le cifre gonfiate del mercato interno in Premier League.
La semplice facoltà di posizionarsi al fianco, o giusto alle spalle, della Premier certifica i meriti del sistema di sviluppo francese, attestandone l’efficienza e l’avanguardia. L’attuale configurazione dei settori giovanili trova origine nell’ammutinamento della nazionale al mondiale sudafricano, a seguito del quale la federazione ha imposto un radicale rinnovamento nei metodi di formazione. Oggi i centri gestiti dai club non sono più unicamente mirati alla crescita dei ragazzi sul piano tecnico e atletico, ma sono diventati anche e soprattutto palestre educative, nelle quali le competenze comportamentali e scolastiche rivestono una dimensione di rilevanza primaria.
Adottando una prospettiva ristretta alla costruzione di talenti, l’avvento di Al-Khelaïfi al comando del PSG ha rappresentato un vantaggio per il movimento francese. La direzione saudita ha incrementato negli anni la cura dedicata alle giovanili, fino a farla diventare una delle migliori scuole dell’esagono. Maignan, Kimpembe e Coman sono alcuni esempi di semi piantati dal vivaio parigino che ora emergono rigogliosi nel giro della nazionale. Solo a titolo di paragone, nell’era pre-sceicco, Parigi si limitava a veder crescere N’Zonzi, Sakho e Belfodil.
Particolarmente interessante sembra essere il ciclo attualmente in corso nell’under-19, sotto la guida di Zoumana Camara (che qualcuno ricorderà come flop dell’Inter morattiana). Oltre al già mediatizzato Xavi Simmons, appena prestato al PSV, la rosa della stagione scorsa comprendeva diverso materiale greggio da cui poter estrarre una rendita di qualità. Edouard Michut, ad esempio, selezionato a più riprese da Pochettino per aggregarsi alla prima squadra. Così come Ismaël Gharbi, trequartista franco-spagnolo con l’indole da dribblomane. Ma soprattutto, Warren Zaire-Emery, la vera rivelazione dell’anno in casa PSG.
Zaire-Emery pare la risorsa con potenziale più redditizio per una ragione estremamente semplice, la sua età. Classe 2006, era alla prima stagione con l’U19 – giocata da mediano nel 4-2-3-1 di Camara – eppure né in territorio nazionale né in Youth League ha reso percettibile i 2-3 anni che lo separavano dagli avversari. Al contrario, la categoria sembrava stargli stretta. A fine stagione è tornato a giocare con i suoi coetanei, in occasione dell’Europeo U17, dove ha giganteggiato risultando il migliore nella Francia che ha conquistato il titolo. Vale la pena iniziare a conoscerlo, analizzando quanto, seppur poco, ha mostrato fino ad ora.
Pillole di Zaire-Emery
Zaire-Emery è un parigino purosangue. Nato nell’Île-de-France, gioca nel PSG da quando aveva sei anni. Dai nove in poi, ha iniziato a muoversi fuori categoria. Nonostante giocasse contro i più grandi, però, era comunque dominante. Bafodé Diakhaby, che lo ha allenato nell’Under-15, dice che era talmente forte da diventare un problema per lo sviluppo dei compagni. La presenza di Zaïre-Emery valeva infatti da garanzia di vittoria, indipendentemente dal grado di sforzo esercitato da chi gli stava accanto. “Ho dovuto spiegare loro che Warren non era un pompiere che veniva a salvarci”, ha detto Diakhaby, riferendosi ai ragazzi che allenava qualche anno fa.
In una puntata del podcast Scouting di RMC, il padre di Zaire-Emery e alcuni degli ex allenatori – tra cui per l’appunto Diakhaby – hanno tracciato il perimetro della sua personalità. Dalla voce di ognuno degli intervistati emerge la descrizione di un ragazzo silenzioso e riservato, che non cerca sfrenatamente il centro dell’attenzione. Testimonia una maturità che, come vedremo a breve, lo contraddistingue anche in campo. Abdou Fall, allenatore dell’Under-11, ha riassunto in questo modo:
Non è un leader di parola, ma un leader d’azione”.
Stando a quanto dice il padre, ama più giocare a calcio rispetto a guardarlo. Tuttavia il legame con il PSG è molto profondo; un attaccamento che non si vede spesso sotto la Tour Eiffel.
Perché sembra così forte
All’interno di un sistema che esalta il gioco palla a terra e la costruzione ragionata delle azioni, Zaire-Emery svolge il ruolo di mediano con mansioni principalmente difensive. Il trequartista, i due esterni e la punta sono infatti generalmente votati all’attacco; il suo compagno in mediana è quello che cerca più spesso gli inserimenti, e dunque è Zaire-Emery a dover garantire l’equilibrio.
Specialmente in fase di non possesso, seguire i suoi movimenti, sapendo che quasi in ogni gara, almeno quest’anno, era il più giovane in campo, genera stimoli controintuitivi. Perché a contraddistinguerlo è soprattutto la finezza nel leggere il gioco ed analizzare le situazioni; delle qualità che solitamente sono acuite nei giocatori più esperti. Raramente lo si trova fuori posizione, e riesce a distinguere i momenti in cui temporeggiare e quelli in cui aggredire l’uomo (ed eventualmente andare sull’anticipo). Grazie anche alle risorse fisiche e atletiche, quando opta per il contrasto riesce frequentemente a sradicare il pallone dall’avversario, o quantomeno lo costringe a dei passaggi scomodi. Diversi interventi che testimoniano questo atteggiamento in fase di recupero si possono osservare in questa prestazione contro l’Olanda, nella fase a gironi dell’Europeo giocato lo scorso mese.
La maturità nelle letture emerge anche quando è in possesso del pallone. La gestione del primo controllo è estremamente sofisticata; anche negli spazi stretti, orienta il corpo e tocca la palla al momento giusto impedendo a chi lo pressa di contrastarlo. Somiglia a quei padroni che si divertono a puntare il laser contro al muro per vedere il loro gatto cercare di acchiapparlo. Il gatto ci prova a lanciarsi a destra e sinistra per prendere quel puntino rosso, ma non ci arriva mai. E così anche i marcatori di Zaire-Emery, che tentano di rubargli il possesso, ma lui sposta il pallone una frazione di secondo prima che possano toccarlo.
Il meccanismo generatore è un’elevata rapidità di pensiero; ancor prima di eseguire una mossa, sa già quale sarà quella successiva. Nella manovra del PSG, le sue giocate sono un’arma per accelerare i tempi, il che lo rende centrale in fase offensiva pur lontano dalla porta. Eludere la marcatura, talvolta multipla, in una finestra temporale ridotta significa infatti creare superiorità e aprire gli spazi, che possono essere sfruttati dai compagni più avanzati in rifinitura. Lo stesso risultato lo ottiene grazie alla prestanza nella conduzione in spazi aperti, contribuendo in progressione alla conquista di metri.
Averlo in campo aiuta inoltre la squadra sul piano mentale, perché vederlo in affanno o in apprensione è un evento raro, sia nelle partite abbordabili sia in quelle più calde. Qui una gara particolarmente positiva negli ottavi di finale di Youth League contro il Siviglia.
Sviluppi
Sarà senza dubbio interessante vedere quale sarà la sua evoluzione a livello tattico. In un centrocampo a tre potrebbe giocare da vertice basso, cercando di implementare i movimenti verso i centrali o i terzini per andare a prendere il pallone. Potrebbe agire anche da mezz’ala, o in maniera conservativa (in modo simile a ciò che fa al PSG), o in maniera più propositiva. Con il club era sembrato meno efficace nell’ultima porzione di campo, poco lucido nelle scelte, in particolare sull’ultimo passaggio. Tuttavia all’Europeo citato, pur giocando con lo stesso modulo, ha alzato la sua zona di competenza, facendosi vedere con maggiore frequenza sulla trequarti e dimostrando di avere la tecnica per incidere anche a ridosso dell’area di rigore avversaria. Ne è la prova la rete segnata in semifinale al Portogallo. Zaire-Emery pare possedere un ventaglio di capacità molto ampio, ma è ancora troppo presto per decifrare in maniera precisa e certa la collocazione che avrà.
Intanto le prestazioni sopra le righe non sono passate inosservate. Dopo essere entrato nella scuderia di Jorge Mendes, Zaire-Emery firmerà il suo primo contratto da professionista a partire dal primo luglio. Con ogni probabilità, l’anno prossimo sarà aggregato con maggiore frequenza alla prima squadra. In Francia il PSG è oggetto di critica, tra gli altri aspetti, anche per la gestione dei giovani: fino ad oggi i prodotti del centro parigino si sono dovuti sistemare altrove per potersi esprimere, con i media ad incolpare la direzione tecnica, sostenendo che diversi ragazzi fossero più adatti rispetto ai vari Icardi, Draxler e compagnia, etichettati come “fannulloni”. Chissà che con l’arrivo dell’accoppiata Campos-Galtier non si possa cambiare rotta.