Tra le potenze calcistiche europee, un ruolo fondamentale è sicuramente rivestito dalla Francia. Quello transalpino è un movimento peculiare all’interno del mondo del pallone, è forse l’unico grande stato europeo che ha una Nazionale il cui valore trascende quello delle squadre di club. Una dimensione simile più all’Argentina e al Brasile che al resto delle selezioni del Vecchio Continente. Se Italia, Inghilterra, Germania e Spagna hanno almeno una squadra – in molti casi di più – la cui storia supera, o quantomeno eguaglia, quella della Nazionale di riferimento, in Francia non c’è alcun club di questo livello globale. Alcune squadre sono uscite fuori in determinati periodi, dal Marsiglia al PSG degli arabi, ma nessuna ha una tradizione tale da essere comparata a quella della Nazionale francese.
Questa peculiarità è uno dei tratti maggiormente distintivi del dna francese e si riconduce proprio alla storia del paese. Non c’è infatti con tutta probabilità alcuno stato al mondo le cui vicende nazionali siano state tanto passionali e travagliate come quelle della Francia e la cui identità politica sia così accentuata. I concetti di patria e nazionalismo assumono qui una dimensione molto più ampia, non a caso la Francia è sempre stata il cuore delle grandi rivoluzioni, dei mutamenti politici e degli stravolgimenti epocali.
Tutto in Francia assume una connotazione fortemente politica e identitaria. Per rappresentare la selezione francese allora, altrettanto orgogliosa e passionale, non c’è un esempio migliore di Zidedine Zidane. Incarnazione delle caratteristiche e dei paradossi di uno stato intero, di quell’orgoglio nazionale che si mischia con una spiccata multietnicità, alternando conflitto e armonia. Tutto in nome di una passione sempre esagerata, che ha i suoi eccessi e le sue degenerazioni. Un tumulto che ha contrassegnato sempre la storia della Francia e la carriera di Zidane, incorniciando i momenti indimenticabili, ma causando anche crolli fragorosi.
La questione algerina
Zinedine Zidane nasce il 23 giugno 1972 a Marsiglia, da genitori di origini algerine. E qui si apre già il primo grande tema che fa di Zizou un vero e proprio simbolo della Francia. Zidane è figlio della multietnicità che contraddistingue la Francia e che ha avuto proprio nel rapporto con l’Algeria il suo punto più critico. Come tutti gli imperi coloniali, lo stato francese ha espanso le proprie radici in tutto il mondo nei secoli del colonialismo, privilegiando alcune aree come l’Africa del nord. Lo stato che ha il legame più stretto con quella che un tempo era la patria coloniale è sicuramente l’Algeria, la cui indipendenza è una macchia ancora oggi viva nella storia francese.
La storia della colonizzazione francese dell’Algeria ha inizio nella prima metà del 1800. L’invasione si consuma tra il 1830 e il 1847 e al termine di questo lasso di tempo la Francia toglie l’Algeria dalle mani dell’impero ottomano, segnando per sempre la storia dello stato africano. L’impronta francese sull’Algeria è stata molto forte, sia a livello politico che culturale. Tra i due stati si è creato un rapporto così stretto che ha pochissimi eguali della storia del colonialismo in Africa. Un legame tanto forte che, nel dopoguerra, l’Algeria è stata addirittura parificata al territorio metropolitano francese.
La storia della decolonizzazione dello stato africano ha inizio invece nel periodo tra le due guerre. Sfruttando le chiare difficoltà dei conquistatori dopo il primo conflitto mondiale, in Algeria nascono i primi movimenti nazionalisti, che prendono piede anche in Francia e tornano a esprimersi con forza dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questi moti vengono inizialmente repressi con molta durezza, ma nonostante ciò continuano a fortificarsi. L’anno clou in questa vicenda è il 1954, quando nasce il Comitato Rivoluzionario d’Unione e Azione, un movimento indipendentista che a differenza degli altri esistenti punta con forza sull’azione armata. Il partito si dota quindi di un esercito, l’Armata di Liberazione Nazionale, e dà così il via a una vera e propria guerra civile.
La lotta armata parte dalla Cabilia, l’area algerina con l’identità culturale più spiccata. La Cabilia è stata l’ultima regione a cadere al tempo dell’invasione francese ed è la prima a ribellarsi nella guerra d’indipendenza. L’Algeria porta avanti la propria battaglia, forte anche dei venti indipendentisti che soffiano forte nel resto del Nordafrica, con Tunisia e Marocco che nel 1956 ottengono l’indipendenza. Nel 1958 arriva la svolta, con la crisi di governo in Francia che riporta al comando l’eroe della Seconda Guerra Mondiale Charles De Gaulle, il quale compie i passi significativi che portano, finalmente, all’indipendenza dell’Algeria nel 1962.
Il 19 marzo 1962 i trattati di Evian sanciscono finalmente la fine della guerra civile in Algeria. Il successivo 1 luglio viene indetto un referendum per l’autodeterminazione dell’Algeria, che due giorni dopo viene proclamato stato indipendente. Da questo momento la storia politica di Algeria e Francia si divide, ma quella culturale rimane pressoché la stessa. I rapporti tra i due paesi rimangono sempre molto tesi, a testimonianza dell’esistenza di una ferita difficile da rimarginare.
Zidane e la multietnicità della Francia
Torniamo ora dunque a Zidane. Come detto, Zizou nasce a Marsiglia da genitori algerini, provenienti entrambi dalla Cabilia. Esattamente, proprio quella regione baluardo dell’identità algerina. La storia dei genitori di Zidane sembra la trama di un film romantico hollywoodiano. Papà Smail salpa alla volta della Francia nel 1953 per andare a lavorare come muratore. Nel 1962 però, col suo paese d’origine che ha ottenuto l’indipendenza, decide di fare ritorno a casa, ma poco prima di ripartire conosce Malika, la donna che gli cambia la vita. Lei è originaria di Marsiglia, ma ha radici algerine. Ovviamente della Cabilia. Tra i due scoppia l’amore, Smail decide di rimanere in Francia, sposa Malika e nel 1972 nasce il piccolo Zizou. Titoli di coda e lieto fine.
Possiamo dire che Zidane ha nel sangue tante di quelle caratteristiche che poi finiranno per contrassegnare la sua carriera. La forte identità algerina, della Cabilia, l’altrettanto evidente identità francese, una città come Marsiglia dalla tempra molto forte. Zidane ha iscritti nel dna quei caratteri di lotta, di orgoglio e di passione che rappresentano le due metà delle sue radici.
Zizou è l’esempio perfetto di quella multietnicità che caratterizza la Francia. Col tempo è diventato un ponte tra i due stati, una figura capace di tranquillizzare i rapporti spesso tumultuosi tra le due parti. Zidane è un eroe nazionale tanto in Francia quanto in Algeria: un’impresa riuscita veramente a pochissime persone.
Marsiglia, tra tradizione e paradossi
Nato a Marsiglia, Zidane muove i suoi primi passi nel mondo del calcio in alcune squadre locali, prima di entrare nelle giovanili dell’OM. Non sarà però col club biancoceleste che Zizou farà il suo esordio tra i grandi, bensì con un altro club che aggiungerà un tocco cinematografico alla sua carriera. Marsiglia è però l’ambiente in cui Zidane cresce e si plasma ed è anche la città che simboleggia il suo straordinario legame con la Francia, fatto di grandi tradizioni ma anche di evidenti paradossi.
Marsiglia è la culla di quella multietnicità francese più volte palesata. La sua posizione sul Mediterraneo l’ha reso un vero e proprio canale d’accesso prioritario alla Francia e la città ha quindi attirato da sempre un numero altissimo di immigrati. Dai greci e gli italiani sul finire del XIX secoli ai russi e gli armeni all’inizio del XX, fino agli immigrati dalla Spagna e dal Nordafrica a cavallo tra le due guerre. Nemmeno a dirlo, la principale comunità di stranieri in Francia è proprio quella algerina e trova il suo epicentro a Marsiglia. Basti pensare che qui, almeno un abitante su quattro è musulmano.
La Marsiglia moderna si presenta come un miscuglio di etnie e tradizioni diversi, ma mantiene un legame fortissimo anche con la patria, esemplificato da uno degli elementi cardine della tradizione francese: l’inno nazionale. La Marsigliese, come si può evincere molto bene dal nome, ha un legame fondante con la città che ha dato i natali a Zidane, anche se poi la questione delle sue origini è molto più articolata. Da dove venga questo brano è un vero e proprio mistero, probabilmente risale all’ultimo decennio del 1700, quantomeno il testo. La musica era probabilmente già esistente, le sue origini sono però impossibili da rintracciare. Il testo fu realizzato dal compositore Claude Joseph Rouget de Lisle in occasione della commissione di un canto di guerra ricevuta dal sindaco di Strasburgo.
Il brano dunque fu composto a Strasburgo, a 600km da Marsiglia. Com’è arrivato lì? La circolazione dell’inno è altrettanto misteriosa, sappiamo però che il canto è rispuntato fuori durante gli anni della Rivoluzione e fu portato a Parigi proprio dai patrioti giunti da Marsiglia per alimentare il fuoco rivoluzionario. Questi intonavano l’inno come canto di battaglia, un invito a prendere le armi, e piano piano il canto divenne simbolo della causa rivoluzionaria. Il brano viene codificato e diventa quindi inno nazionale il 14 luglio 1975 con un decreto della Convenzione. Da qui vivrà molti anni tormentati.
Il simbolo della lotta francese
La Marsigliese è un inno molto diverso da quelli delle altre nazioni. Ha una connotazione fortemente rivoluzionaria, è uno dei pochi canti nazionali che invita a combattere per la patria, non a morire per essa. Questo inno è un simbolo del retaggio rivoluzionario sempre molto presente in Francia, ha una connotazione politica ben precisa e non a caso è finito spesso al centro di censure. In molti hanno messo al bando la Marsigliese, da Napoleone ai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. L’inno è stato censurato anche dal 1852 al 1876, negli anni del secondo impero.
Non appena si verifica un cambiamento politico che intacca la struttura repubblicana e democratica dello stato, la Marsigliese è tra le prime vittime del nuovo corso. Ciò sottolinea il carattere molto evidente, politico, sociale e identitario dell’inno, e questa natura della Marsigliese finisce per simboleggiare anche la carriera di Zinedine Zidane con la maglia della Francia.
Zizou è stato un grande simbolo per i francesi, come vedremo è il grande artefice del periodo d’oro della Nazionale e anche il grande assente durante i crolli. Come la Marsigliese, Zidane ha incarnato il carattere combattivo della Francia, l’ha guidata verso i più grandi trionfi e poi, nei momenti di buio, è stato risucchiato.
Ciak, si gira!
Abbiamo parlato molto delle radici di Zidane, ma è il momento di andare alla scoperta della sua genesi. Nel 1987, all’età di 15 anni, Zizou lascia le giovanili del Marsiglia ed entra in quelle del Cannes. Il 20 maggio 1989 arriva l’esordio in Ligue 1, in uno scialbo 1-1 contro il Nantes, poi, dopo un anno di buio, entra a far parte con regolarità della prima squadra nella stagione 1990-1991. È una grande annata sia per Zidane, che si affaccia al grande calcio e segna il primo gol in carriera, ancora al Nantes, e per la squadra, che ottiene un sorprendente quarto posto che vale l’accesso alla Coppa UEFA.
L’anno successivo è diametralmente opposto. Il Cannes chiude al diciannovesimo posto e viene retrocesso. La stella di Zidane è troppo luminosa per essere relegata in seconda divisione e allora Zizou lascia la città del cinema e si trasferisce al nord, a Bordeaux, dove continuerà la sua formazione prima del passaggio alla Juventus e poi al Real Madrid.
Cannes è quindi il luogo dove inizia a splendere la stella di Zidane. Solitamente le luci che brillano sono quelle delle grandi stelle del cinema, ma ogni tanto anche qualche calciatore si affaccia alla ribalta, trasformando il red carpet in un prato verde. È significativo però che la carriera di Zidane abbia preso il via proprio da Cannes, perché vedendo poi come si è evoluta sembra davvero la trama di un film in programma al Festival. Con un finale degno dei più grandi colpi di scena cinematografici.
Nella tradizione francese, il cinema rappresenta sicuramente un elemento d’eccezione. Qui, d’altronde, nasce la settima arte, grazie ai fratelli Lumiere. La Francia ha sempre rappresentato uno dei grandi centri della cultura cinematografica, con contributi eccezionali che si condensano soprattutto nella corrente della Nouvelle Vague e nel lavoro di alcune dei più grandi cineasti di sempre come Jean-Luc Godard e François Truffaut.
La città simbolo per eccellenza del cinema francese è ovviamente Cannes. Qui prende vita una delle più importanti rassegne cinematografiche del mondo, anche questa nata e costituitasi con una forte impronta politica, in pieno stile francese. Il Festival di Cannes nasce infatti come reazione all’espandersi delle grandi dittature in Europa tra le due guerre. Verso la fine degli anni ‘30 il ministro francese della pubblica istruzione e delle belle arti, Jean Day, propone l’allestimento di una kermesse cinematografica in Francia per far fronte alle ingerenze dei governi fascisti e nazisti in Italia e Germania nella selezione delle pellicole per la Mostra di Venezia, l’evento più importante del circuito cinematografico al tempo.
La prima edizione del Festival di Cannes sarebbe dovuta tenersi nel settembre 1939. Poi chiaramente è arrivata la guerra e tutto è stato messo in stand-by. La nuova kermesse ha quindi esordito nel 1946 e da quel momento è andata in scena a cadenza annuale, saltando solo le edizioni del 1948 e del 1950. Oggi il Festival di Cannes è un evento di riferimento per il cinema mondiale, la Palma d’oro è uno dei premi più ambiti dai cineasti di tutto il mondo. È esemplificativo però come anche un evento d’arte, in Francia, abbia una valenza politica così forte, quantomeno nelle sue radici.
Zidane, primo imperatore di Francia
Al Bordeaux Zidane ottiene la sua definitiva consacrazione, disputando quattro stagioni e salutando nel 1996, quando decide di vestire la maglia della Juventus. Questo è il momento decisivo della carriera del calciatore. Con la casacca bianconera arriverà la sua definitiva affermazione come uno dei giocatori più forti del mondo, col passaggio poi nel 2001 al Real Madrid e il finale di carriera, anche questo glorioso come membro di spicco dei leggendari Galacticos, in Spagna. In mezzo però c’è tutta la sua avventura con la Nazionale, che costituisce la parte più corposa della sua carriera e che concretizza tutte le premesse fatte prima. Con la maglia dei Bleus si realizza il destino di Zizou, emergono quei caratteri da guerrigliero, da leader, da condottiero inesauribile. Qui si consuma quella parabola cinematografica che lo porterà a essere il grande simbolo della Francia, ma anche uno dei suoi personaggi più controversi.
L’estate del 1996 è il grande momento di passaggio per Zidane. L’addio alla Francia e la prima affermazione in Nazionale. La selezione transalpina veniva da anni delicati. Nel 1994 aveva fallito la qualificazione al Mondiale, aprendo una crisi che ha portato a una rifondazione completa. Il ruolo di CT viene assegnato ad Aimé Jacquet, che decide di puntare con forza sui molti giovani che si stanno mettendo in mostra. Tra cui, ovviamente, Zidane. Prima di vestire la maglia bianconera dunque Zizou gioca gli Europei del 1996, da titolare e con la maglia numero 10 sulle spalle. L’avventura francese termina in semifinale, contro la Repubblica Ceca ai rigori, ma segna un primo passo verso quella clamorosa rinascita che porterà la Francia sul tetto del mondo.
Nei due anni che intercorrono tra gli Europei del 1996 in Svezia e i Mondiali in Francia, Zidane diventa un punto di riferimento della Juventus di Marcello Lippi. I bianconeri vincono due scudetti, ma perdono anche due volte la Coppa dei campioni in finale, prima contro il Borussia Dortmund e poi contro il Real Madrid. La Juventus è comunque una delle squadre più forti del mondo e Zidane è uno dei leader di quell’incredibile compagine. Con questo carico, Zizou si appresta a guidare i suoi connazionali nel Mondiale casalingo.
Francia 1998 è la prima competizione mondiale che si gioca a 32 squadre. L’occhio è rivolto ovviamente sui padroni di casa, una squadra giovane e promettente e con alle spalle un passato da riscattare. L’avventura parte benissimo, la squadra di Jacquet supera prima il Sudafrica 3-0 e poi rifila un poker all’Arabia Saudita. In questa gara però Zidane si fa espellere e salta sia la terza partita del girone, il 2-1 sulla Danimarca, che gli ottavi contro il Paraguay, che la Francia risolve solo grazie al golden gol di Laurent Blanc.
Il match contro i sudamericani fa crescere qualche ombra intorno alla Francia, reduce da una brutta prestazione. All’orizzonte c’è la sfida con l’Italia, finalista quattro anni prima, e la preoccupazione è tanta. Torna in campo però Zidane e proprio lui segna il primo rigore della lotteria che segue uno scialbo 0-0 maturato nei 120 minuti di gioco. Alla fine la Francia si porta a casa quella battaglia grazie al penalty fallito da Di Biagio. Il ritorno di Zidane è stato importante, ma la Francia continua a non convincere.
In semifinale i Bleus superano la sorpresa Croazia, che spaventa il pubblico di casa andando avanti con Suker, ma una doppietta dell’improbabile eroe di giornata Lilian Thuram rimette tutto a posto per i transalpini. Nella finalissima di Saint-Denis la Francia si trova di fronte il mostruoso Brasile, campione del mondo in carica. Sembra un’impresa per i galletti, ma nel momento più difficile sale al comando l’imperatore Zinedine Zidane, che con due zuccate infila per due volte il pallone in rete. Blanc allo scadere suggellerà il definitivo 3-0
Il 12 luglio 1998 la Francia è campione del mondo per la prima volta nella sua storia. Zinedine Zidane è MVP indiscusso di quel match e veste i gradi del grande leader che ha condotto al trionfo la Francia. A fine anno il numero 10 vince anche il pallone d’oro. In quel momento Zidane è il miglior giocatore al mondo, ma ancora deve scrivere capitoli importanti della sua storia con la Nazionale francese.
Zidane sulle orme dell’imperatore
La parabola di Zidane con la maglia della Francia è assimilabile alla vicenda di uno dei grandi protagonisti della storia non solo del paese, ma di tutta l’umanità. Si parla chiaramente di Napoleone Bonaparte. Il suo ruolo chiave nel destino della Francia e del mondo intero è ben noto. L’ascesa nei ranghi dell’esercito durante la Rivoluzione francese, poi i grandi successi militari con le campagne in Italia e in Egitto. Intanto il generale assume importanza e soprattutto inizia a concentrare nelle sue mani il potere.
Napoleone incarna, al momento del suo sbarco sulla scena mondiale, quei valori rivoluzionari che fanno sognare fuori dalla Francia, tanto che in Italia viene accolto come un liberatore. Niente di più sbagliato, come scoprirà presto uno dei suoi più illustri sostenitori traditi come Ugo Foscolo. In realtà Napoleone è tutt’altro che un liberatore, è un conquistatore che estende la sua mano sulla Francia e sui suoi possedimenti, dando vita al primo impero francese.
Nel 1800 Bonaparte viene nominato primo console. Sconvolge la Francia con una serie di riforme interne e il 18 maggio 1804 viene proclamato Imperatore dei francesi da Papa Pio VII. La nuova realtà prende forma e si espande a macchia d’olio. Il genio militare e politico di Napoleone porta l’impero francese ad assumere la sua massima espansione nel 1810, contando al suo interno Olanda, Belgio, parte della Germania e dell’Italia, con un’estensione che va dalla Danimarca alla Spagna.
Poi inizia il declino, con la scellerata campagna in Russia nel 1812 e la sconfitta nella battaglia di Lipsia l’anno successivo contro l’ennesima coalizione europea che cercava di placare la sua ascesa. Da lì l’esilio sull’Isola d’Elba, la fuga e il ritorno in Francia. Nel cosiddetto governo dei cento giorni Napoleone riorganizza il potere ma poi, il 18 giugno 1815, viene sconfitto nella famosissima battaglia di Waterloo. Il sipario sulla vita di Napoleone, che termina poi il 5 maggio 1821 sull’isola di Sant’Elena, luogo scelto per l’esilio dopo la sconfitta.
Una storia fatta quindi di trionfi storici, di cadute, rinascite e sconfitte definitive. Quasi 200 anni dopo Zinedine Zidane ripercorre le tappe della parabola napoleonica, ergendosi a leader e condottiero della Francia e guadagnandosi, come il leggendario un generale, un posto di spicco nella storia. Dopo il Mondiale del 1998, la Francia si ripete due anni dopo agli Europei in Belgio e Olanda. Stavolta il cammino non inizia benissimo, la selezione guidata stavolta da Roger Lemerre, secondo di Jacquet due anni prima, supera il girone al secondo posto, alle spalle dell’Olanda e davanti a Danimarca e Repubblica Ceca.
Questo inconveniente vale ai galletti un march difficile contro la Spagna. Zidane aveva saltato il terzo match del girone, la sconfitta con l’Olanda, ma torna contro le Furie Rosse e sblocca la gara, prima del pari di Mendieta su rigore e della rete decisiva di Djorkaeff. Ancora Zizou è decisivo in semifinale col Portogallo, segnando dal dischetto il golden gol che porta i suoi in finale, dopo che i tempi regolamentari erano finiti 1-1. Nell’atto conclusivo a Rotterdam di fronte alla Francia c’è l’Italia e per gli azzurri si consuma una delle beffe più clamorose della loro storia. Delvecchio sblocca la gara, poi all’ultimo secondo Wiltord pareggia e nei supplementari Trezeguet segna il gol decisivo che regala il titolo ai suoi.
La Francia bissa dunque la vittoria del Mondiale regalandosi anche il titolo europeo. Zidane viene eletto miglior giocatore del torneo. La selezione transalpina è tra le più forti al mondo e al Mondiale del 2002 si presenta ancora nel novero delle favorite, con Zidane reduce dalla rete decisiva con cui ha regalato al Real Madrid la vittoria della Champions League contro il Bayer Leverkusen. La spedizione in Corea però per la Francia di Zizou si rivela l’esatto equivalente della campagna in Russia per Napoleone.
La Francia viene addirittura eliminata nella fase a gironi, raccogliendo appena un punto, guadagnato contro l’Uruguay, e perdendo contro Senegal e Danimarca. Mai una Nazionale campione in carica aveva fatto così male. I transalpini hanno dovuto fare a meno di Zidane nelle prime due gare. Poi nella terza è tornato, ma in condizioni visibilmente precarie. La Francia lascia la Corea dopo appena tre partite e zero gol segnati. Una delusione che diventa un dramma in patria.
Il regno di Zidane è in bilico, la sua Francia dopo essere salita sul tetto del mondo è crollata fragorosamente e allora Zizou prova a riprenderla per mano due anni dopo. Negli Europei del 2004 in Grecia il numero 10 è fondamentale per passare il girone. Prima segna una clamorosa doppietta nel recupero della gara d’esordio contro l’Inghilterra, ribaltando il vantaggio di Lampard. Poi sblocca l’ultima gara del girone contro la Svizzera, vinta 3-1 con una doppietta di Henry. La Francia sembra tornata grande, ma si schianta nei quarti di finale contro il muro della Grecia di Rehhagel, che passa il turno con una rete di Charisteas.
È una caduta fragorosa per la Francia, che si sente a fine ciclo e vede lontani i fasti del passato. L’impero sembra crollato, tanto che Zidane decide di abbandonare la Nazionale dopo l’Europeo. Come Napoleone dall’esilio sull’Isola d’Elba però Zizou tornerà, ma tutto terminerà in dramma, con la sua personalissima Waterloo.
Perdere la testa
Tutte le trame intessute durante la carriera di Zidane arrivano a compimento il 9 luglio 2006. La narrazione cinematografica, la parabola napoleonica, la fusione identitaria col suo paese. Tutto si concretizza e assume un contro definitivo nell’atto conclusivo del Mondiale in Germania. Facciamo però prima un passo indietro. Avevamo lasciato Zizou che abbandonava la Nazionale e si recava nel suo esilio dorato di Madrid. Poco tempo dopo però il nostro eroe ci ripensa, torna sui suoi passi e si schiera in prima linea per la spedizione del 2006 in Germania.
Il Mondiale tedesco, continuando nel nostro confronto napoleonico, è il governo dei 100 giorni del generale. Zizou riprende la guida della squadra, la trascina attraverso un percorso complicatissimo fino in finale. I galletti superano a fatica il girone, pareggiando con Svizzera e Corea del Sud e qualificandosi solo grazie alla vittoria sul Togo all’ultima giornata. Il secondo posto vale però degli ottavi complicati, contro la Spagna, che la Francia supera in rimonta con le reti di Ribery, Vieira e Zidane dopo il vantaggio di Villa. Ai quarti i transalpini superano di misura il Brasile e in semifinale hanno la meglio del Portogallo con un rigore di Zidane.
Il percorso della Francia in Germania sembra un best of dei precedenti successi. Il Brasile come nella finale del 1998, Spagna e Portogallo come nel 2000. E ora in finale l’Italia, superata sia nel 1998 e nel 2000. Sembra un trionfo annunciato, i crismi ci sono tutti. I ricorsi storici, il grande ritorno di Zidane alla guida del suo esercito. Tutto sembra disegnato per il lieto fine hollywoodiano. Ma il cinema francese è lontano dagli stereotipi americani e la vicenda di Zidane si conclude con un finale completamente diverso.
Prima il gol su rigore, con un cucchiaio rischiosissimo e terribilmente efficace. La summa della sua eleganza calcistica. Poi quella famosa testata a Materazzi, l’ultimo atto della sua carriera. La Francia, lo sappiamo bene, alla fine perde quei mondiali ai rigori. L’ultima immagine pubblica di Zidane da calciatore lo vede sfilare di fianco alla coppa del mondo, di spalle. Un’uscita di scena clamorosa, che cozza tantissimo col resto della sua carriera, ma che rappresenta anche il finale perfetto a tutte quelle trame che lo legano alla Francia.
Un finale a dir poco scenico, per lui che ha iniziato la sua carriera nella città del cinema. Un epilogo che conclude la sua associazione con Napoleone, che gli fa rivivere Waterloo e il dramma della sconfitta. Ma soprattutto un finale che sancisce, in maniera definitiva, la simbiosi tra Zidane e la tradizione francese. Già, perché la storia della Francia moderna ha proprio inizio con un famoso taglio di teste, quelle del Re Luigi XVI e della Regina Maria Antonietta, decapitati con la ghigliottina durante la Rivoluzione francese.
La metaforica perdita della testa di Zidane a Berlino segna, come ha fatto la Rivoluzione francese, la fine di una vera e propria epoca per la Francia. L’impero di Zizou crolla quella sera e lo fa in maniera fragorosa, ma si lascia dietro i fasti di un’età dell’oro incredibile, che ha portato la Francia a dominare in tutto il mondo. Dopo quella testata, dopo la sfida con l’Italia, Zinedine Zidane si ritirerà. Non lo vedremo mai più in campo, né con la maglia della Francia né con nessun’altra. La fine della sua carriera è stata fragorosa e ha lasciato tutto il mondo “percosso, attonito”, come la morte di Napoleone. Un finale da film, che apre un’era rivoluzionaria in Francia.